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Coronavirus ed effetto paradosso: pensionati in corsia, 25 mila Infermieri giovani a casa

Giuseppe Romeodi
Giuseppe Romeo
Pubblicato il: 04/03/2020 vai ai commenti

AttualitàCoronavirusEditoriali

In questi giorni il Governo ha varato alcune misure utili a fronteggiare l’emergenza sanitaria dovuta all’inaspettato avvento del CoVid-19.

Tra queste, vi è anche la possibilità per medici e infermieri in pensione di poter rientrare in corsia a dare il loro contributo nella gestione dell’emergenza.

Si tratta ovviamente di una misura estrema che ha destato stupore e molto clamore mediatico, nonchè spinto anche ad alcune riflessioni.

 

La prima cosa che salta in mente è: ma come, con tutti i giovani disoccupati che ci sono perchè richiamare i pensionati invece di assumere loro?

Effettivamente questo è il primo effetto paradosso della vicenda. La ristrettezza dei tempi di intervento che richiedono misure urgentissime ha fatto si che intanto si andasse su questa scelta. E di scelte in questo senso, ne sono state fatte anche altre: anticipare sedute di Laurea, sospendere tutti i concorsi tranne quelli per le Professioni Sanitarie per foraggiare gli organici.

Ma, proprio a proposito di organici, è da qui nasce un altro spunto di riflessione: relativamente alle risorse umane, organizzative e materiali, siamo in emergenza sanitaria o lo eravamo già da prima?

Ecco, questa è davvero una bella domanda: l’emergenza coronavirus non ha fatto altro che far emergere la punta dell’iceberg sotto la quale si celano tutte le difficoltà del nostro SSN, che stenta veramente a galleggiare.

Anni di definanziamento, reparti chiusi a causa delle varie spending review, LEA non garantiti in molte Regioni, accorpamenti di Aziende e UOC, posti di Terapia Intensiva ridotti all’osso per abbattere i costi, mancanza di turn over e blocco delle assunzioni.

La situazione è chiara ed è sotto gli occhi di tutti: ERAVAMO GIA’ IN EMERGENZA, il coronavirus o qualunque altra “maxiemergenza” che fosse arrivata al suo posto, non ha fatto altro che palesare i vulnus e l’estrema fragilità del nostro SSN.

Si parla di emergenza sanitaria, ma piuttosto bisognerebbe chiedersi se negli anni abbiamo costruito un SSN resiliente pronto a rispondere alle varie emergenze su larga scala, oppure abbiamo solo pensato a definanziare ed abbattere costi.

Ci sono altre riflessioni da fare: la Lombardia ed il Veneto sono tra le Regioni che vantano un SSR estremamente efficace e performante. Cosa sarebbe accaduto se l’emergenza coronovirus avesse interessato altri territori nei quali la sanità al di sotto degli standard nazionali ed europei? 

Regioni virtuose come Lombardia e Veneto stanno rispondendo discretamente all’emergenza, ma parliamo di SSR top, con un  livello sanitario al di sopra della media nazionale; se la stessa emergenza si fosse verificata in Regioni dove da anni non si riesce a colmare i LEA, cosa sarebbe accaduto? O peggio, cosa accadrà se nel futuro prossimo l’emergenza si estenderà su larga scala anche in quelle zone?

Da qui un’altra risposta: il SSN nella sua globalità, pur essendo tra i più performanti al mondo, è fragile e presenta difformità sul territorio.

 

La crisi Coronavirus ci ha fatto prendere delle consapevolezze: viviamo in un paese in cui la sanità è fatta di professionisti eccellenti, che col loro lavoro quotidiano contribuiscono a garantire il diritto alla salute dei cittadini.

Ma la sanità per funzionare ha più bisogno di RISORSE che di eroi.

In questi giorni la nostra redazione ha raccolto e dato ascolto a testimonianze raccapriccianti da parte di molti colleghi: episodi di caos e disorganizzazione, mascherine che mancano, disposizioni contraddittorie, pazienti trasferiti da destra a manca alla ricerca di posti di terapia intensiva, tamponi mai eseguiti o raccolti con estremo ritardo a personale direttamente esposto, cambi che non arrivano, colleghi costretti a trascorrere la quarantena in ospedale.

Insomma, situazioni che negli anni abbiamo sempre segnalato e denunciato.

Il SSN per funzionare, soprattutto nei momenti di emergenza, ha bisogno di risorse prontamente disponibili, ed ha bisogno di GIOVANI.

Lasciamo che i colleghi pensionati, che hanno contribuito con i loro 40 e più anni di lavoro a garantire il funzionamento degli ospedali, si godano il meritato riposo, senza rischi. A tal proposito si ricorda che la quasi totalità dei decessi per CoVid-19 in Italia ha interessato gli over 65, pertanto spedire in corsia Infermieri e Medici pensionati di questa età significa esporli ad un rischio enorme.

Auspichiamo invece, che questo momento di crisi sanitaria faccia prendere la consapevolezza al legislatore che è ormai imprescindibile ed improcrastinabile adottare politiche e MISURE URGENTI PER CONSENTIRE AI GIOVANI INFERMIERI DI POTER ENTRARE SUBITO NEL MONDO DEL LAVORO.

 

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