Iscriviti alla newsletter

Vogliamo lavorare senza lasciarci la pelle, non vogliamo essere Eroi. Il racconto di un’Infermiera

La Redazionedi
La Redazione
Pubblicato il: 26/03/2020 vai ai commenti

CoronavirusNarrative Nursin(d)g

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un’Infermiera “stanca”, che in maniera chiara ed accorata racconta tutte le difficoltà vissute dagli infermieri in questa emergenza, il peso di essere un Eroe per il solo fatto che senza tamponi, senza dpi idonei, ci rimetteremo la pelle, e saremo in molti a cadere.

 

Salve,

dopo mezzora di ragionamenti e pensieri vari, sono qui a stilare una vera e propria lista di quelle che potrebbero essere considerate criticità ed a illustrare la realtà in cui gli operatori sanitari si trovano tutt'oggi a dover operare professionalmente e vivere nel proprio quotidiano privato. Nonostante i circa 14 giorni di ritardo rispetto al Nord Italia nell’arrivo dell’epidemia per prepararsi alla gestione della malattia si è verificato:

DPI E ORGANIZZAZIONE

carenza di DPI adeguati, molto spesso fatti con materiali di fortuna acquistati dal personale quando non disponibili e mancata formazione del personale nell’utilizzo degli stessi.
Alcuni dispositivi tendono facilmente a cadere e inducendo l’operatore a riposizionarli toccandoli, aumentando il rischio infettivo in maniera considerevole.

  • Visiere acquistate singolarmente nelle varie ferramenta dei vari territori, del tipo idoneo alla falciatura prato, che sebbene servano allo scopo di schermare il viso, indossarle molte ore in maniera continuativa, provoca mal di testa, disagio e discomfort che potrebbe, alla lunga, incidere sulla qualità di lavoro.
  • Mascherine: pochissime le FFP3, che dovrebbero essere quelle destinate agli operatori sanitari a contatto con il droplet dei malati COVID positivi (reparti Malattie Infettive, Rianimazione e Reparti COVID rossi), come da Linea d’indirizzo dell’Istituto Superiore di Sanità. Dotazione più frequente le FFP2 spesso molto poco aderenti al viso.
  • Divisa da biocontenimento composta da pezzi da assemblare: copricapo di vario tipo e non sempre intero separato, camice separato spesso di lunghezza non idonea (arrivano a malapena a coprire il ginocchio) e calzari anche questi di varia tipologia, spesso poco resistenti, corti e poco aderenti, permeabili qualora disponibili.
  • Estensione di posti di rianimazione con apertura di nuovi reparti senza materiale adeguato (ventilatori meccanici, monitoraggi multiparamentrici non centralizzati che rendono impossibile la costante sorveglianza)
  • Non rispetto degli standard indicati dalle società scientifiche Aniarti (come ad esempio rapporto personale pazienti adeguato a carico assistenziale) e SIAARTI
  • Ritardo nella costituzione di una rete regionale degli Ospedali COVID (Standard Assistenziale)
  • Apertura di un reparto di terapia intensiva all’Ospedale Media Valle del Tevere con personale infermieristico non formato (personale senza formazione alcuna nella gestione di pazienti di Terapia Intensiva)

 

 

FARMACI E MATERIALI VARI
Carente riserva di farmaci e materiale di consumo sanitario di cui spesso si rimane sprovvisti, dovuti sicuramente ad aumento delle richieste per l’emergenza ma che creano ulteriori difficoltà di operato.

COSA HANNO FATTO GLI INFERMIERI FINORA

Timbrano il cartellino circa mezzora prima ed escono almeno mezzora dopo, proprio per ottemperare al tempo di doppia vestizione, divenendo di fatto TEMPO DI VOLONTARIATO.

Oltre ad aver provveduto personalmente all'acquisto di DPI, si stanno adattando alle varie riorganizzazioni che si sono rese necessarie per affrontare l’emergenza sanitaria: da quelle dello spostamento e o chiusura di reparti interi e riconversione degli stessi in reparti COVID a volte con caratteristiche di strutture intensive o semintensive, riallocazione presso unità operative con più alto carico assistenziale ma senza adeguato e sufficiente inserimento o addestramento per affrontare le necessità base.

Visto che la contingenza rende impossibile questo, ci si può trovare con un collega in turno impreparato, non per carenze sue, ad affrontare quello che viene richiesto in un momento di tale emergenza e questo aumenta il carico di lavoro con conseguente aumento del rischio.
Si smette di bere almeno un'ora prima di indossare la divisa di biocontenimento per non dover sentire la necessità di uscire per andare in bagno, e quindi doversi togliere la divisa per poi doverne rimettere una nuova, con dispendio di presidi.
Non si può bere, in biocontenimento, se si deve starnutire, lo si fa dentro la mascherina, se si suda, perché si suda, lo si fa dentro la mascherina, con il sudore che dalla fronte ti cola negli occhi e poi in bocca, perché non ci si può e non ci si deve toccare.
Si impara a reperire accessi venosi, a preparare farmaci ad eseguire le più complesse e fini attività assistenziali avendo fino anche 4 paia di guanti addosso, dimostrando in questo una grande professionalità e preparazione.
A casa, molti di noi, se possono, hanno deciso, insieme al coniuge, di dormire separati, di mangiare distanti, anche dai propri figli, di non poter essere nemmeno consolati con un abbraccio quando torniamo a casa sfiniti. Di fatto, ci comportiamo come SE fossimo infetti.

COSA LAMENTANO GLI INFERMIERI

- Scarsi e non adeguati DPI

- Scarse divise, dovremmo poterci cambiare la divisa primaria, quella su cui poi si mettono i presidi da biocontenimento, almeno alla fine di OGNI giornata e spesso non è possibile per la scarsità delle stesse.

-  Difficoltosa relazione medica perché spesso anche loro provengono da realtà e specialistiche differenti.
- Dirigenza poco o per niente presente fisicamente nei reparti per toccare con mano la situazione.
- Poca trasparenza riguardo le numerose raccolte fondi: non si sa quanti soldi siano stati raccolti, da chi, dove siano depositati, chi vi abbia accesso e in cosa vengano spesi e l’attendibilità della autenticità delle varie iniziative.

I media parlano di EROI, gli eroi sono tali perché muoiono, siamo numeri, carne da macello, quella prima linea che nessuno ha chiesto.

E’ la nostra professione e nessuno si sta tirando indietro, ognuno mette a disposizione quello che ha e sa.

Sappiamo essere, sappiamo fare, sappiamo decidere, vorremmo solo essere messi in condizione di farlo senza lasciarci la pelle, senza dover comportarci come infetti, perché, di fatto, non ci è mai stato fatto un tampone a tempo zero, né a distanza di un mese, né è previsto alcun tampone (cosa che invece e stata concessa a qualche asintomatico “famoso”). Di fatto siamo soli, abbandonati a noi stessi, ci viene chiesta professionalità, non ci vengono dati gli strumenti per poter operare in sicurezza e se ci vengono dati DPI al di sotto di quello previsto da decreto, non veniamo controllati. 
I beni di conforto che ci arrivano dall'esterno, sono solo questo, beni di conforto, che ci scaldano il cuore e ci fanno sentire vicina la comunità, ma che non colmano il divario di quello che dovrebbe essere e che invece non è. Non vogliamo che nessuno, soprattutto delle dirigenze ai vari livelli, ci dia pacche sulle spalle, che nessuno ci regali parole di conforto o parole di sostegno o parole di fierezza. NON ci servono, perché un infermiere è da sempre in grado di fare da solo, perché come categoria siamo sempre stati soli, e soli siamo in grado di capire il nostro valore, al di là di trattamenti spesso ingiusti da parte dei media, di una certa categoria di società civile, della nostra dirigenza, dei nostri governanti. Non ci servono più parole, insomma.

Ci servono fatti e che quanto ORA ci viene professionalmente riconosciuto a parole, venga tradotto in fatti.

"Nessuno verrà lasciato da solo" dice il signor Conte.
Io vorrei ricordare a tutti i signori che hanno il potere di decidere, che lavorano PER noi, noi paghiamo i loro stipendi, loro sono lì per noi, loro sono nostri dipendenti, se ne devono ricordare di questo.
Perché le belle parole hanno fatto il loro tempo. Va bene chiedere un sacrificio, va bene limitare la vita personale in favore di quella professionale, ma ve ne accorgete ora che un infermiere ha sempre fatto tutto questo?
Che è sempre rientrato dai riposi per supplire alle carenze di personale e quindi organizzative? Per quanto possiamo tollerare di essere spremuti come limoni, per poi rischiare di lasciarci pure la pelle? Per poi rischiare di ammalarci senza controllo di alcuno, se non quando potrebbe essere troppo tardi?
Siamo da soli, e lo siamo sperando di non ammalarci, lo siamo nel lavorare senza farmaci per i pazienti, senza o poca collaborazione, senza che nessuno della dirigenza provi l'ebrezza di mettersi davvero nei nostri panni, indossando la divisa da biocontenimento e tenerla, almeno per una volta, per mezzora.
Gli infermieri non vogliono parole, né canti sul balcone, né striscioni alle uscite dell'ospedale, se poi dobbiamo entrare al LAVORO, perché di LAVORO si tratta, SPERANDO che vada tutto bene, che ci siano farmaci e presidi, che ci sia rispetto e collaborazione, che ci sia quello che dovrebbe esserci sempre all'interno di una struttura sanitaria! SEMPRE!
Gli infermieri sono una popolazione sempre più vecchia, sempre più stanca, spremuta. Che da sempre vede cambiare i giocatori ma non i giochi di certi meccanismi gestionali.
E siamo sempre più vecchi, sempre più stanchi ma non molliamo.
Dovessimo risalire la piramide del potere per poter far sentire la nostra voce, lo faremo.
Lavoriamo in condizioni precarie in questa pandemia, non ci farà paura affrontare chi può decidere, ma non lo sa fare, quando sarà il momento.

 

Confidando nella Vostra rappresentanza

Una infermiera stanca

Saluti