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Covid-19 e la strategia del rattoppo

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La Redazione
Pubblicato il: 04/04/2020 vai ai commenti

AttualitàCoronavirus

di Emilio Benincasa

In questi giorni di "confino" dentro le mura di casa, cerco faticosamente di mantenere la lucidità di pensiero rispetto a ciò che stiamo subendo, che attanaglia e scuote le coscienze di tanti uomini, donne, famiglie e comunità del nostro Paese e dell'intero Mondo. Per questo attendo con ansia le risposte della scienza, perchè è solo da essa che arriveranno le risposte per vincere questa guerra. 

 

Ma come ben sappiamo, questa guerra sarà il risultato di battaglie di politica sanitaria le quali, se condotte e capitanate con improvvisazione, incompetenza, assenza di strategie, hanno come risultato sanguinose disfatte che lasciano sul campo migliaia di morti. Questo è quello che sta accedendo sotto i nostri occhi; un sacrificio umano inaccettabile di uomini e donne della sanità mandati a combattere questa difficile e sconosciuta battaglia a mani nude: Migliaia di operatori condotti sul campo da generali che ordinano barbare immolazioni senza una precisa strategia.

 

Condottieri da strapazzo; magari avessero cambiato il nobile motto da "ARMIAMOCI  E PARTIAMO" ad "ARMIAMOCI E PARTITE". Loro hanno fatto peggio, lasciandoci solo il "...PARTITE".

 

Quello che viene fatto passare come modello di cura adottato dall'italia è in realtà il goffo  tentativo di rimediare allo samantellamento strutturale della sanità pubblica. E' evidente che la strategia che si è messa in campo, quasi totalmente imperniata sull'attenuarsi dell'incremento del contagio, stia facendo emergere gravi problemi sia in ambito ospedaliero che in quello della medicina territoriale. Dicasi strategia del rattoppo.

 

Primo su tutti è certamente la mancanza di DPI a tutti i livelli, che ha portato a morte decine di infermieri e medici. Continua ad esporre il personale sanitario al contagio determinando un duplice effetto: primo, la diminuizione di unità di assistenza per malattia o peggio se costretti al ricovero, secondo, che lo stesso diventi veicolo di contagio per altri.

 

In ambito ospedaliero, intervenire solo sui casi gravi e investire tutto nel potenziamento degli strumenti e dei posti letto nelle terapie intensive dopo averli decimati, è stato un errore grave. Ponendo al centro delle dinamiche operative la gestione dei pazienti gravi affetti da CoVid-19, si è dovuto interrompere bruscamente la normale attività elettiva lasciando spazio soltanto per le urgenze indifferibili o traumatiche.

 

Per fare funzionare le terapie intensive non bastano le foto di passerella, ci vogliono attrezzature e personale formato. Conosciamo le triste vicende dei respiratori e la ricerca spasmodica di personale anche neolaureato a cui è stato proposto un misero contratto precario già contagiato, con clausole di morte accluse.

 

Questa profonda revisione ha paralizzato i medici di base e i pediatri di libera scelta che scontano già profonde carenze strutturali e organizzative della sanità territoriale. L'assenza di procedure definite preventivamente non consentono alla medicina del territorio di poter far fronte adeguatamente alle esigenze di salute della popolazione. Questa poi, gravata anch'essa dalla mancanza di DPI, non ha consentito l'assistenza dei cittadini né soprattutto, ad assistere a domicilio i malati CoVid-19. Anche molti malati cronici, oncologici, cardiopatici ecc. che ora vedono rallentato tutto il loro piano di cura, aspettano nelle loro case di essere assistiti alla meno peggio.

 

Questa vicenda insegna che la frammentazione della sanità pubblica ha consentito di regionalizzare anche le aspettative di vita. Non possiamo permettere che chi ha soldi per procurarsi il tampone si salvi e chi no sia lasciato a se stesso.

 

Per questo, e' immorale che la sanità pubblica rimanga con questo assetto!

 

Per questo, e' immorale non cambiare strategia!

 

Bisogna affrontare i contagi con una massiccia azione preventiva a monte per fermare l’aumento dei contagi e il conseguente precipitare dei contagiati nella fase più grave della malattia. Migliaia di persone vivono dolorose giornate nelle proprie abitazioni e poi muoiono o arrivano in ospedale quando le funzioni respiratorie sono irrimediabilmente compromesse.

 

E' fallimentare in questa guerra esasperare la già sciagurata formula ospedalo-centrica, serve invece investire i maledetti soldi fuori dall'ospedale, nei tamponi ad ampio raggio supportati da una rete di laboratori attrezzati per questo. Tutto il personale sanitario in ospedale e sul territorio deve essere sottoposto periodicamente a tampone per non diventare inconsapevolmente strumento di contagio per se e per la propria famiglia. Vanno sottoposti a tampone, chi a casa abbia tosse e temperatura di 37,5 °C e in caso di positività, ricostruire la rete di contatti da sottoporre a loro volta a tampone.

 

Vedete, io sono un infermiere e l'opera che stiamo compiendo assieme a tanti altri operatori sanitari, restituisce fedelmente la vera dimensione del nostro mandato. Nei momenti di massimo sconforto noi siamo presenti, siamo un punto fermo e un solido sostegno di speranza. Restiamo e resistiamo a qualsiasi condizione, concretamente presenti sacrificandoci sotto i colpi del virus accanto a chi soffre, a chi ha paura, a chi si ammala.

 

Siamo il contrasto più profondo all'idea di una sanità astratta.

 

Mi viene in mente spessoDelitto e Castigo” di Dostojevsky. Nella parabola del sentimento umano descritta nel romanzo, rientrano appieno coloro che in questi anni in sanità e non solo, si sono macchiati di molteplici delitti , costoro sanno di avere la coscienza sporca e perciò si aspettano il castigo. Appena finita l'emergenza sanitaria, è la volta buona, l'occasione giusta che la storia ci offre per pensare e agire consapevoli e non rimanere come adesso una comunità di solitudini. Nessuno si senta assolto.

 

E' il tempo di castigare e spazzare via questa classe politica, questa classe dirigente fatta di tracotante incompetenza e francamente clientelare, che in questa dolorosa e drammatica vicenda ha dato il peggio, recando con sè colpe anche non proprie, rivelandone il vero volto fatto di disinteresse e dimenticanza.

 

Sarà un fronte comune di lavoratori a fare tutto ciò e come un colpo di spugna su di una lavagna, vi renderanno pulviscolo di gesso. Saranno quegli stessi lavoratori che solo oggi vengono definiti strumentalmente eroi; saranno tutti coloro che da questa vicenda trarranno le giuste conclusioni, rivendicando a oltranza il riconoscimento dei propri diritti calpestati e mortificati da anni.

 

In questo momento la sfida è essere uniti e non dimenticare. Non possiamo ancora accordare fiducia a questi signori e ai loro modelli fallimentari. Dobbiamo pretendere che la competenza e il merito siano il cardine di una nuova e rinnovata società. Si deve rompere ogni legame che si collega alla democrazia e chiede solo obbedienza. Questi soggetti sono in fallimento. Se non riconduciamo in mano il nostro futuro, nessuno lo farà.