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Quale Ruolo per gli Infermieri in Sardegna?

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La Redazione
Pubblicato il: 27/05/2020 vai ai commenti

EditorialiNurSind dal territorioSardegna

di Mario Fiumene

 

Gavino Maciocco in un suo recente articolo scrive:
“Non è facile trovare nella storia della medicina scelte di politica sanitaria che
abbiano avuto effetti così catastrofici sulla salute della popolazione. Ci voleva un evento eccezionale, una pandemia appunto, per rivelarne in tempi brevissimi
tutta la sua magnitudo....
la medicina di famiglia in particolare e le cure primarie in generale, è da anni che in Lombardia tentano di annientarla, in parte riuscendoci. Infatti tutti i servizi sanitari e socio-sanitari territoriali di comunità, dall’assistenza infermieristica a quella riabilitativa, sono stati esternalizzati e privatizzati...Tuttavia la struttura organizzativa del territorio si è fortemente indebolita e non sono mancati negli anni ripetuti tentativi per renderla più precaria e inefficiente”.

Il sottoscritto, in un recente articolo sul Manifesto Sardo ha scritto: “Per la sanità si prevede una serie di interventi per l'assistenza sul territorio, per gli ospedali, per il personale e per il potenziamento dei contratti di specializzazione. Il dettaglio degli interventi è stato messo a punto in una proposta del ministro della Salute che prevedeva inizialmente un finanziamento complessivo per circa 4 miliardi.

Ecco i punti principali:
1. Assistenza territoriale.* Per migliorare l'assistenza domiciliare verrà inoltre potenziata l’assistenza infermieristica sul territorio. Nel documento viene calcolato un fabbisogno di 8 unità di personale infermieristico ogni 50.000 abitanti, in linea con quanto previsto per l’USCA (unità speciali di continuità assistenziale, che non sono un Servizio Ospedaliero), costituisce la dotazione necessaria per garantire una copertura del servizio dalle ore 8 alle ore 20, per cinque giorni settimanali, con turnazione del personale infermieristico. A questo si dovrà aggiungere la figura dell'Infermiere di Famiglia che curerà l'assistenza degli over 65 ( il numero potrà variare da un minimo di 500 assistiti) e persone di altre fasce d'età, in accordo con il Medico di Famiglia/Mmg...sarebbero da preferire équipe di operatori per i servizi di base dedicati a territori piccoli (trovo più equilibrato il calibro di 30mila abitanti indicato da varie regioni sulle case della salute rispetto al numero di 50mila, ancor meno se operativo solo 5gg/settimana con 8 Infermieri. L'attività dovrebbe essere su 7 gg/settimana.
Ed inoltre le risorse non dovranno essere uguali per tutti i territori ma “aggiustate” per fattori demografici, socio-economici ed epidemiologici, tenendo conto che dove c’è maggior deprivazione c’è maggior malattia.

Il Servizio sanitario nazionale non può fare a meno di una nuova presa in carico della cura e assistenza della famiglia, all'interno di un rinnovato sistema di cure primarie ricco di molteplici professionalità sanitarie e sociali, e adeguatamente dotato anche di infrastrutture fisiche (Case della salute e/o Ospedali di Comunità) utilizzando anche la telemedicina.

Bisogna avere “un’altra visione” della presa in carico per la cura e l'assistenza alla famiglia in Italia. Questo è possibile perché ci sono energie giovani in grado di pensarla, di sostenerla e di realizzarla.

Cito un altro autore attento al rinnovamento del SSN quale è Ivan Cavicchi. Egli ha appena scritto che ci vuole un “Patto con il lavoro, per il lavoro” e rivolgendosi al ministro Speranza dice: “secondo me, avrebbe dovuto suggerire a Conte, rispetto alle complessità e alla delicatezza della “fase 2”, di convocare tutti i rappresentanti delle professioni sanitarie per fare con loro, un vero e proprio “patto con il lavoro, per il lavoro”, con il quale sancire a livello nazionale e, per tutte le regioni, delle linee di riorganizzazione e di ripensamento del lavoro, comuni per tutti, e che ognuno avrebbe poi ovviamente interpretato anche tenendo conto delle proprie specificità locali”.

Quanto appena detto riguarda anche la Sardegna. Ed proprio per la mia Regione che mi spingo a dire quale dovrà essere la preoccupazione degli operatori sanitari e del sociale in una Regione dove è accaduto quello che nessuno degli addetti ai lavori e tanto meno i cittadini pensavano potesse accadere: il virus Sars-nCov2 è riuscito a superare la porta di alcuni Ospedali e di alcune RSA. Bisogna avere il coraggio di riconoscere che troppe cose non hanno funzionato. Allora mi chiedo cosa si pensa di fare per il futuro? Quale insegnamento possiamo trarre da quanto accaduto?

La domanda la rivolgo a tutti gli operatori della Sanità sarda ed in particolare ai rappresentanti della mia Professione: Presidenti e Consiglieri degli Ordini degli Infermieri (in ordine alfabetico) di Cagliari, di Carbonia/Iglesias, di Nuoro, di Sassari e per ultimo quello di Oristano in quanto ad esso iscritto.

La domanda nasce spontanea da una semplice considerazione: in questi 5 mesi di pandemia, ho avuto modo di sentire interviste nella Tv locali, di leggere sui quotidiani a maggior tiratura e su quelli on-line, le preoccupazioni e gli appelli per un necessario “cambio di passo” nella Sanità sarda solo da parte dei Presidenti degli Ordini dei Medici Sardi, di qualche rappresentante dei Medici di medicina generale, da parte degli Psicologie degli Assistenti Sociali. Non ho notizie di interventi unitari (e se sto sbagliando correggetemi) degli Opi e nemmeno dei vari Sindacati compresi quelli di categoria, tutti con tanti Infermieri iscritti. Questo è un momento nel quale si sta a guardare: il riordino della Formazione Universitaria con il DM 82 del 14/05 c.a. , deve essere un monito o meglio dire è un campanello di allarme, altrettanto dicasi per la proposta dello SMI (sindacato medici italiani) che per bocca della sua rappresentante Onofri dice: “Chiediamo che vengano investite risorse per quanto riguarda le attività di medicina generale per permettere l’assunzione d’infermieri e di personale di studio che, di cui la mancanza, secondo alcune stime, riguarda il 50% degli studi medici italiani”.(Q.S 22/05). Bastano questi documenti per capire che “gli Infermieri” chiamati eroi devono stare all'angolo del Ring e subire la gragnola di pugni che arrivano, qualcuno anche sotto la cintola!!

In Sardegna l'età media degli Infermieri occupati deve essere abbassata, i numeri degli occupati nel settore pubblico e nel convenzionato devono essere incrementati. Ed in particolare va pensata la presenza nel territorio con le Cure Domiciliari, le RSA, le Comunità alloggio e quelle integrate. Vanno pensati gli Ospedali di Comunità, le Case della Salute e anche le USCA.

Non c'è tempo da perdere. Dai Partiti politici c'è ben poco da aspettarsi. Ci si potrebbe aspettare qualcosa dalla Politica Sarda, caso mai ve ne fosse una veramente SARDA. Da troppi anni la Politica in Sardegna non si sottopone a visita da un buon Otorinolaringoiatra.