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Paolo Traversa, infermiere e cantautore (Vademecum), risponde alle "Dieci Domande"

Chiara D'Angelodi
Chiara D'Angelo
Pubblicato il: 20/01/2015 vai ai commenti

Dieci Domande

Risponde alle Dieci Domande Paolo Traversa, infermiere genovese 42enne (classe 1972) e cantautore per passione che si presenta come segue:

 

Inizio il corso in giovane età, 17 anni nel 1989, mi diplomo a Genova nel triennio conclusosi nel 1992, all'Ospedale Galliera. Non so cosa voglia dire vocazione, mi sono ritrovato a fare il corso perchè a scuola ero una schiappa.

Ho da subito capito che la vita mi sarebbe cambiata; il contatto con il mondo ospedaliero fa crescere a velocità vertiginosa. Sono contento di quanto mi è accaduto, in virtù di molte situazioni di vita parallele; ho conosciuto amici, vicini e lontani, conoscenti, che ancora oggi tribolano per trovare un posto di lavoro.

Ho scoperto un po’ per volta (visto anche la giovane età) che essere infermiere è bello, come dire: non tutti i mali vengono per nuocere e raggiunta l'indipendenza economica è iniziato il vero lavoro, e con esso mi sono fatto le ossa in tutti i sensi.

Ho girato negli anni successivi un po’ tutti gli ambiti disponibili all'interno dell'Azienda Ospedali Galliera; situazione dovuta principalmente ad una continua contrazione ospedaliera, che a forza di accorpamenti e chiusure di reparti, costringeva tutti a “girare” in lungo ed in largo.

Tra le tante situazioni, le divergenze tra il mondo degli infermieri professionali ed il mondo degli infermieri Generici, ed in altre strutture tra infermieri professionali e infermieri psichiatrici: una guerra su troppi fronti, con tutti contro tutti.

Esperienze in campo sindacale a vario livello in due sigle, prima autonoma fino al decreto Bassanini (1998/99) che uccise tutte le sigle con una presenza inferiore al 4% su suolo nazionale, confluito in seguito in Cisl, per poi uscirne definitivamente nel 2006; da allora ho preferito dedicarmi alle mie passioni soprattutto alla musica.

Oggi rivivo con un sentimento diverso una situazione simile a quanto accadeva negli anni ’90: il discorso dell'equipollenza, dottori infermieri etc.., ma non mi sento dentro a questa “polemica” in quanto per me non ha senso polemizzare su una legge che ha definito ruoli, profili, etc.

In questa occasione, però, mi piace affrontare un nodo cruciale che mi riguarda come professionista e che sento dal primo giorno che ho indossato la divisa: il mancato riconoscimento nella dignità del nostro lavoro, sotto ogni aspetto soprattutto quello monetario (ebbene si, sono una persona che ha bisogno di soldi per vivere, lavoro per vivere, non viceversa. Le mie passioni? Beh sono abbastanza evidenti: la mia famiglia e la musica).

Tornando al discorso lavorativo, ho sempre incontrato qualcuno sulla mia strada pronto a darti un bastone da pulire per terra. Le prime volte, disorientato, l'ho fatto poi una vocina ha cominciato a diventare sempre più insistente fino al primo poetico “Vaffanculo”, che mi è proprio uscito dal cuore.

Caposala, primari, direttore del personale sanitario, coordinatori… nel giro di pochi mesi ho conosciuto tutti e tutti mi hanno conosciuto come il rivoluzionario casinista del momento; all’epoca erano passati poco più di due anni dall'assunzione, 1994, dicembre...

Nel 1998 siamo stati intervistati dalla Zdf tv tedesca per la barzelletta delle divise: avevamo fatto una banale richiesta di revisone divise, soprattutto femminili le imponevano ancora con gonna e velo, risposta oscena di un dirigente: le infermiere sono "grasse" perchè mangiano il cibo dell'ospedale...

Non c'era modo di spiegarsi: rapporti disciplinari, etc... Sono stato richiamato dal Collegio: le cose che mi contestavano erano a dir poco ridicole ed ho potuto dimostrare che non ero io nel torto, tanto meno loro erano in ragione, così hanno preferito lasciar perdere per non finire nel ridicolo e nel frattempo sono cresciuto sindacalmente, e non solo.

Ma al di là delle piccole soddisfazioni personali ero solo, con una sigla sindacale poco significativa ed i mezzi non esistevano come oggi, se non in qualche cartaceo recuperato qua e là...

La rivendicazione di quello che siamo me la sento sulla pelle, ogni giorno, alla luce di questa esperienza durata un decennio; ho maturato la consapevolezza che ogni tavolo di trattativa vede discutere su qualcosa che altri hanno già deciso in altra sede.

Puntualmente la firma dei contratti a livello nazionale vede da una parte persone dell'Aran esperte in materia giuridica ma poco interessate a sapere chi siamo realmente, dall'altra parte abbiamo visto per anni sindacati firmare contratti a dei tavoli dove gli infermieri non erano mai arrivati a sedere direttamente!

In mezzo a questa fase c'è sempre stata la formulazione di leggi che riguardavano anche la nostra professione, in un parlamento dove mancava e manca tutt'oggi la presenza dei diretti interessati: NOI INFERMIERI!

Oggi alla luce di quanto avviene è sempre più evidente che la risoluzione dei problemi di identità professionale passa solo attraverso il nostro impegno, che deve includere ANCHE un passaggio obbligatorio in politica (senza dimenticare l'impegno già esistente, Sindacale e del Collegio IPASVI): se non siamo/saremo al tavolo politico parlamentare, resteremo esclusi dal "gioco " di chi decide le regole… al massimo chiamati, come Sindacati, a firmare quello che altri hanno già deciso per noi e, spesso, contro di noi! (Ricordiamoci gli ultimi episodi Governo Renzi Sindacati, la considerazione pari a ZERO, vedi JOB ACT).

Siamo circa 500mila, una forza politicamente significativa per riuscire a mandare una "truppa" numericamente rappresentativa. Vivo il sogno di conoscere un leader che sbuchi tra le nostre fila in grado di portare avanti un programma politico, che possa nascere su una base elettorale di tutti i colleghi e/o simpatizzanti. Qualcosa di simile al M5S ma che possa essere di settore? Sì ma infermieristico.

Tutto quanto è stato programmato nella figura dell'infermiere in questi ultimi 20 anni, attraverso la trasformazione della professione, è quanto di più bello e moderno, in linea con l'evoluzione mondiale della sanità, ma allo stesso tempo stride con la realtà, proprio per l'assenza ai tavoli decisionali politici, di chi è direttamente interessato; sembra un matrimonio per procura: ti sposi senza conoscere la moglie, può andare anche bene, ma dubito possa essere una regola a vantaggio dei due contraenti. Noi siamo da sempre questo: altri decidono per noi. BASTA! Se sbaglio voglio essere io a sbagliare, viceversa, idem!

Riscrivere il vademecum degli infermieri??

No, essere semplicemente maturi, scegliere insieme alle altre figure, senza sudditanza o prepotenza da parte di nessuno; oggi non è così!

Siamo nel terzo millennio e lavoriamo come sempre: con la tecnica del TAPPABUCHI.

Siamo “obbligati” ad avere mille titoli, non ci riconoscono nemmeno gli spiccioli, ma pretendendo anche i miracoli. Mancano le figure di supporto, manca il barelliere? Non c'è problema, chiamate l'infermiere. Non c'è l’usciere o un'amministrativo? Questo è il pc, ora sei operativo! Chiamano il medico ma questo è assente? C'è l'infermiere che è sempre presente,

L'idea che ha la società di questo lavoro è di un tappabuchi, ma con un decoro?

Passa il primario passa il direttore: “ti stimo sei bravo, ormai sei un dottore”, ma al primo problema o avviso di guai: “ma fammi il piacere, resta al tuo posto, cosa ne vuoi sapere! Sei solo un infermiere”.

Chiedo scusa ma è più forte di me, mi diventa tutto una canzone, o quasi!

Oggi come altri giorni mi sono trasformato in super OSSSSSSSSS, passando dall'assistenza dei pazienti (igiene personale, rifacimento dei letti) a distribuire le colazioni, per poi fare la mia scheda di valutazione e ridere a crepa pelle con la coordinatrice, perchè? Non c'è personale, non per mia volontà, ma perchè qualcuno che occupa uno o più posti da politico a Roma e anche in Liguria, dovrebbe lasciare il posto ad altri, magari proprio infermieri, forse ci penserebbero un po’ di più prima di fare tagli lineari.

Continuiamo a chiedere cosa può fare il mondo per noi e viceversa?

...INFERMIE' TE TOCCA LAVORA'

Pensare la nostra professione per la nostra professione: dieci domande agli Infermieri

Progetto di InfermieristicaMente: DIECI DOMANDE AGLI INFERMIERI

di Chiara D'Angelo

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Pensare la nostra professione per la nostra professione: dieci domande agli Infermieri

Progetto di InfermieristicaMente: DIECI DOMANDE AGLI INFERMIERI

di Chiara D'Angelo

Risponde PAOLO TRAVERSA, Infermiere e cantautore genovese

 

1) Quali sono per te i problemi più rilevanti che oggi hanno gli infermieri?

La progressiva mancanza di tutele: le Aziende pubbliche, e private soprattutto, prevaricano il lavoratore, il più delle volte sconfinando nell'illegalità, obbligando il lavoratore dipendente ad accettare situazioni pericolose, pena la rimozione dell'incarico.

Master che non vengono utilizzati per mancanza di posti reali nel mondo del lavoro: creano professionisti che non avranno mai realmente modo di esercitare quanto hanno studiato! (Truffa ?)

Turn over? Stipendi? Norme contratti? Sicurezza sul lavoro? Burn out? Sono le prime voci che mi arrivano subito pensando a problemi rilevanti; soprusi e prepotenze da parte di altre figure professionali, sciocchezzuole…

              

2) Come risolvere questi problemi, cioè con quali idee, proposte e progetti

La preparazione universitaria oggi, come prima le scuole regionali, preparano a trattare la materia sotto il profilo assistenziale, etc... lo scontro con la realtà di una situazione chiamata "demansionamento" ha origini lontane, ma anche vicine perchè la distanza tra le università e i posti di lavoro spesso è abissale, nonostante i tirocini; quanto ti è insegnato giustamente si traduce spesso, una volta entrati nel mondo lavorativo, in un “ARRANGIATI”, oppure qui si è sempre fatto così!

Non voglio dilungarmi su quanto altri hanno espresso in maniera ottimale, ma ritengo di riassumere in una parola: MERITOCRAZIA, ognuno di noi conosce persone che occupano posti non per capacità! (sistema I-taglia)

Possiamo fare tutti i progetti e proposte che vogliamo, con queste persone perderemo sempre!

L'informazione è l'arma in primis da utilizzare, ritengo che tu Chiara ne sia un ottimo esempio; poi ci sono armi non convenzionali come libri che raccontano, forse qualche canzone... ma può darsi!

 

3) Quali soluzioni organizzative si dovrebbero adottare per mettere in campo una qualche azione collettiva.

Gli infermieri devono rappresentarsi POLITICAMENTE, essere ai tavoli tecnici e politici quando si parla della nostra professione, come fanno tutte le professioni che contano, MEDICI, AVVOCATI, MAGISTRATI...

 

4) Quali iniziative collettive si renderebbero necessarie

Organizzare dalla base dei circa 500mila colleghi un movimento che porti un congruo numero di infermieri, possibilmente preparati, ad una battaglia epica in parlamento, per tutto quello che riguarda anche e soprattutto la nostra professione!! Integrare in questa lotta tutti i cittadini infermieri EMIGRATI per il lavoro!

 

5) “Unità, Progetto, Politica” per te cosa significano

Scegliere chi mi rappresenta

 

6) Cosa pensi della proposta di organizzare gli Stati Generali degli Infermieri

Forse potrebbe essere il riassunto dei punti 3-4-5

 

7) Cosa si dovrebbe fare per prepararli adeguatamente

Ritengo che prima le scuole regionali oggi le università svolgano un regolare percorso di insegnamento, tutto è migliorabile; gli scienziati si formano anche senza scuole, gli ignoranti possono frequentare le migliori università, sono le persone a fare la differenza...

Preferisco immaginare cosa potrebbe servire ad un gruppo di colleghi che abbiano le carte in regola per rappresentarci: qui entrano in gioco situazioni di formazione più di tipo personale che altro, perchè non esiste nessuna università o master che possa creare soggetti con questi requisiti!  

 

8) Sintetizza in tre parole quello che chiederesti ai Collegi

Di essere a contatto realmente con il mondo del lavoro, sono troppo staccati dalla realtà. Per il resto, in alcuni casi, hanno fatto fare passi da gigante alla crescita culturale della nostra professione, ma non sempre è corrisposta una eguale crescita nel mondo del lavoro; la solita manfrina...

Non sarebbe male se ponessero maggior attenzione verso chi è emigrato per il lavoro!

 

9) Sintetizza in tre parole quello che chiederesti ai Sindacati

Ai sindacati in generale chiederei più attenzione alle reali problematiche dei lavoratori e dei cittadini: la relazione è strettissima. Spesso si perde cognizione di causa in una rivendicazione, ma non è il caso della sanità, noi siamo dalla parte opposta non rivendichiamo nulla, siamo stati messi in uno stato di perenne silenzio dopo il 1980, grazie a tre sindacati che ci hanno penalizzato con le loro scelte.

Non sarebbe male se ponessero maggior attenzione verso chi è emigrato per il lavoro!

 

10) Mi descrivi succintamente la tua idea di infermiere del terzo millennio

Un professionista che sia nel pubblico che nel settore privato non abbia vincoli di esclusività, che sia in grado di portare avanti un piano assistenziale in tutti gli ambiti previsti, con le tutele opportune, che possa aggiornarsi nel miglior modo consentito. Un professionista al pari di tutte le altre professioni, compresi i giusti mezzi e riconoscimenti economici.

 

Grazie Chiara D'Angelo

 

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