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Nursind-IPASVI: prove di dialogo per un progetto comune. Bottega scrive a Mangiacavalli

Il segretario Nazionale Nursind, Andrea Bottega, scrive alla Federazione Nazionale Collegi IPASVI per avviare una fase di condivisione e dialogo in merito ai temi cruciali dell'infermieristica, sulla base del documento Ipasvi sull'evoluzione delle competenze.

 

Commento modello Ipasvi evoluzione competenze avanzate

 

Premessa

Dal 2012 la FNC si è impegnata in un progetto ritenuto strategico per la professione che prevede l’ampliamento e l’evoluzione delle competenze infermieristiche. L’iniziativa ha avuto la sua origine attraverso l’imput del comitato tecnico per la sanità delle regioni a seguito di alcune denunce da parte delle rappresentanze mediche su delibere regionali (see&treat, perimed). Si è istituito un tavolo ministeriale dove si sono raccolti i contributi dei sindacati del comparto e della FNC ipasvi. Il documento prodotto è una bozza di Accordo Stato-regioni sull’evoluzione delle competenze infermieristiche. Tale documento ha visto l’opposizione delle rappresentanze sindacali e ordinistiche dei medici. Al fine di superare le resistenze di tali rappresentanze e del MEF (che evidenziava la necessità di una copertura legislativa più forte e aveva il timore di un incremento dei costi del personale) si è deciso di introdurre un comma nella legge di stabilità 2015 (comma 566, art 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190)1 che riservasse ai medici gli atti complessi e specialistici di prevenzione, diagnosi, cura e terapia, e demandasse ad un successivo accordo di concertazione la definizione dei ruoli, le competenze, le relazioni professionali e le responsabilità individuali e di equipe su compiti, funzioni e obiettivi delle professioni infermieristiche. Tale comma è stato fortemente voluto dall’allora presidente della FNC Ipasvi che ne chiede, assieme a molti sindacati del comparto, l’immediata applicazione senza modifiche. Ha trovato invece la forte opposizione dei sindacati medici e della FNOMCEO che ne chiedono almeno la cancellazione della prima parte e che hanno quindi proposto un DDL sull’atto medico al fine di chiarire ex lege la supremazia del ruolo medico sulle altre professioni sanitarie. Attualmente è vigente il comma citato e la bozza di accordo concordata non è ancora stata trasmessa dal Ministro della salute alla Conferenza Stato-regioni.

 

La proposta Ipasvi sull’evoluzione delle competenze infermieristiche del 25 aprile 2015

In questo quadro caratterizzato dal’emergere di un deciso conflitto interprofessionale e da incertezze interpretative sulle recenti norme, si inserisce la proposta di evoluzione delle competenze infermieristiche dell’Ipasvi. Una proposta che rappresenta un ulteriore e diverso contributo rispetto a quanto finora discusso e chiesto di attuare. Se sia questo un passo indietro o un passo oltre non è chiaro ma certamente rappresenta un cambiamento di rotta se non altro per l’introduzione di nuovi elementi che implicano modifiche legislative importanti, modifica degli ordinamenti didattici dei corsi di laurea e si pongono in contrasto con alcuni aspetti della “Bozza di Accordo” che si chiede fortemente di approvare in conferenza Statoregioni.

Ci permettiamo, con spirito costruttivo, di avanzare alcune critiche di metodo e di merito che rileviamo dalla lettura del documento inviato.

 

Le questioni di metodo

Da un ente di rappresentanza di tutta la professione infermieristica ci si aspetta una proposta avanzata a nome della categoria e non di una sua ristretta parte. Così nel documento si parla di “una proposta che definisca la prospettiva della FNC” frutto del lavoro di un gruppo ristretto costituito da “infermieri esperti nell’ambito della formazione infermieristica e della gestione e organizzazione dei processi assistenziali nelle strutture sanitarie”. Quindi un documento sulle competenze specialistiche cliniche elaborato da un gruppo di persone che cliniche non sono e che da anni non hanno contatto diretto con la clinica e con i malati. La riscrittura dei confini professionali e il loro declinarsi nell’organizzazione implica un impegno diretto e ampio di tutta la categoria non una “pseudo riforma” calata dall’alto come ormai è consuetudine. Gli infermieri stanno ancora pagando il gap tra le già esistenti norme sull’esercizio professionale e la realtà lavorativa e già si vuole intervenire ulteriormente in un ambito (quello normativo) che è sempre più distante dal mondo del lavoro. Questo metodo dirigistico sembra essere più funzionale ad altri interessi (università, FNC) che non a quelli degli infermieri e punta a evitare il dibattito e il confronto con la pluralità di posizioni che necessariamente ci sono nel mondo professionale. Alcuni commenti che iniziano a essere condivisi nella rete fanno pensare che la rappresentanza professionale sia scollegata con la realtà del contesto infermieristico italiano. Tale realtà per essere interpretata, a nostro avviso, abbisogna del contributo di chi è fattivamente impegnato nella clinica e vive i problemi organizzativi sulla propria pelle. Nel gruppo di lavoro manca questa voce come manca la voce di chi ha diverse forme di rapporto di lavoro (infermiere libero professionista, delle case di riposo, delle cooperative) da quello del comparto della sanità pubblica. Sarebbe importante dunque partire dai bisogni e dalle aspirazioni della base, dal loro sentire come esercenti la professione nelle corsie degli ospedali, nei reparti delle case di riposo, nel territorio dove si assistono i pazienti fragili e cronici. La creazione di un progetto o un percorso che non tenga conto di queste voci pone diversi problemi anche per chi rappresenta questi professionisti (associazioni scientifiche e sindacati). In particolare dal punto di vista sindacale il confronto doveva essere preventivo all’emanazione del documento in quanto una sua condivisione avrebbe potuto chiarire le difficoltà legate alla sua realizzazione concreta nella quotidiana organizzazione del lavoro. Una proposta evolutiva della professione senza una contrattualizzazione rimarrà sempre e solo una proposta. La gestione delle aspirazioni della categoria, dopo aver indicato un percorso di studio con investimento economico personale, in merito alle competenze non sarà a carico dell’Ipasvi che ha prodotto la proposta e il modello, bensì della rappresentanza dei lavoratori. Inoltre, il documento richiama il comma 566 della legge 190/2014 per avanzare questa proposta comunicata alle OO.SS. ma proprio il comma 566 dichiara che il metodo da seguire per definire le competenze è quello concertativo e non quello della definizione unilaterale. Nel documento non abbiamo mai trovato l’indicazione che tale proposta è una bozza aperta per dare vita ad una discussione che porti ad un documento comune, bensì una proposta preconfezionata e non suscettibile di mediazioni in quanto rappresenta la posizione ufficiale della FNC Ipasvi. Nursind, come più volte ribadito, è contrario al costo zero e a un’economia politica della promessa: intanto si aumentano le competenze e le responsabilità e forse un domani, se ci saranno disponibilità economiche, si riconosceranno delle indennità… il lavoro gratis non è dignitoso e un sindacato che rappresenta i lavoratori ha il dovere morale di opporvisi perche lavorare gratis è contro natura.

Non capiamo pertanto a che titolo l’Ipasvi - ente di rappresenta degli esercenti la professione infermieristica - si senta in dovere da sola di diffondere una proposta a nome degli infermieri senza prima consultarli e senza sentire anche le altre rappresentanze che afferiscono alla stessa professione. È questo che chiedono gli infermieri? È questo il metodo che gli infermieri hanno di avanzare proposte?

 

Le questione di merito

Diversi sono gli aspetti critici che il documento presenta. Alcuni sono proprio in contrasto con norme che definiscono l’esercizio professionale altri con la “Bozza” di Accordo Stato-regioni che la stessa Ipasvi ha richiesto più volte fosse emanata. Modificare il DM 739/94, la legge 43/2006, norme concorsuali, gli ordinamenti didattici e la stessa Bozza di Accordo sull’evoluzione delle competenze (pronta da più di due anni) richiede tempi lunghi. Inoltre, la proposta non sembra in sintonia con le richieste delle regioni (quelle che poi emanano gli atti di indirizzo per la piattaforma contrattuale) che puntano sulle competenze “avanzate” piuttosto che su quelle “perfezionate”, “esperte” o “specialistiche”. Ciò che è utile alla professione e al professionista è ciò che è spendibile nell’organizzazione del lavoro ed è remunerato adeguatamente. È invece inutile possedere delle competenze e non poterle esprimere perché l’organizzazione del lavoro e chi ne detiene il governo non lo consente o non lo prevede (per es. è inutile che mi perfezioni nell’introduzione dei PICC se poi non vengono acquistati e vengono posizionati da medici; è inutile che mi perfezioni nel bed management se poi l’azienda assume come bed manager un economista o un medico; è inutile che frequenti un master in endoscopia o in ecografia se poi non posso usare l’endoscopio e l’ecografo).

Ecco i principali punti critici che abbiamo individuato:

• Non convince l’eccessivo frazionamento delle competenze infermieristiche che non si comprende come possa essere declinato nella realtà quotidiana. Solo nella clinica esisterebbero:

a) l’infermiere con perfezionamento clinico;

b) l’infermiere esperto clinico con master;

c) l’infermiere specialista con laurea magistrale.

Ultimo, ma veramente ultimo, sarebbe l’infermiere di base o generalista, il quale è del tutto verosimile che si contenderà il posto con gli operatori di supporto viste le riorganizzazioni in atto nelle varie aziende italiane. Come si pensa di operare una distinzione del genere, implementarla e premiarla quando la maggioranza dei turni negli ospedali sono composti da due persone: un infermiere e un operatore socio sanitario? Che fine farà l’infermiere generalista visto che da profilo professionale è colui che “pianifica, gestisce e valuta” l’intervento assistenziale? Si pensa a un’abrogazione dell’attuale profilo? La pianificazione sarà in mano allo “specialista” mentre l’infermiere generalista sarà sostanzialmente demansionato?

• Inoltre, si utilizzano due termini diversi per indicare l’evoluzione delle competenze nei due assi delle clinica e della gestione. Per l’asse gestionale si prevede un’espansione delle competenze mentre per l’asse clinico un approfondimento delle competenze. Nel primo caso si punta ad allargare il governo delle risorse e dei processi organizzativi mentre nell’ambito clinico si va verso un’involuzione, un approfondimento parcellizzando la professione piuttosto che ridefinire i confini dell’intervento clinico-assistenziale. Ma non era quest’ultimo asse a dover trovare maggior sviluppo e adempimento?

• Anche l’infermiere specialista clinico dovrà essere alla pari dell’infermiere specialista gestionale, un dirigente. Un dirigente non ha solo rapporti funzionali con gli operatori ha anche gestione diretta di risorse umane e materiali. Come si cala questa figura nell’organizzazione? È prevista la pari soppressione di posti di dirigenti medici o ci saranno nuove risorse per dare vita a questo modello la cui novità più rilevante dovrebbe essere proprio l’introduzione della figura dell’infermiere specialista clinico? Quale normativa concorsuale è prevista?

• Gli infermieri “perfezionati”, “esperi” e “specialisti” svolgeranno le loro competenze specifiche all’interno della normale turnazione oppure saranno debitamente dedicati a svolgere quanto per cui hanno studiato? Se rientrano nella normale attività lavorativa come potranno in una situazione di cronica carenza di personale, di taglio delle dotazioni organiche, di blocco del turn over svolgere ciò in cui si sono perfezionati senza tralasciare la normale assistenza?

• Il DM 739/94 è ancora vigente e al comma 5 dell’art. 2 si prevede che le conoscenze cliniche avanzate - acquisite con la formazione post-base - permettano di fornire specifiche prestazioni infermieristiche che danno luogo alla figura dell’infermiere di sanità pubblica, infermiere pediatrico, infermiere psichiatrico, infermiere geriatrico, infermiere di area critica. Sarà abrogata questa norma? Perché la proposta formulata non tiene minimamente conto del dettato normativo e va proprio in senso contrario.

• Come si concilia la figura dell’infermiere pediatrico con l’infermiere specialista nell’area neonatologica pediatrica?

• Sulla parte gestionale si prevedono tre livelli: a) l’infermiere con perfezionamento; b) l’infermiere coordinatore con master; c) l’infermiere dirigente con laurea magistrale. In questo caso le novità sono inferiori e con impatto minore rispetto alla situazione attuale ma ugualmente inapplicabili. Gli esperti di formazione universitaria si sono fatti spiegare dagli esperti di organizzazione del gruppo quanti infermieri oggi vengono sfruttati nelle aziende di cui loro sono dirigenti proprio per le funzioni gestionali? Quanti infermieri coordinatori lo sono solo di fatto e non di diritto? Quanti sono i “facenti funzioni” da anni e a cui oggi si chiede anche di competere con chi ha la laurea magistrale visto che si auspica il superamento della legge 43/06 proprio sull’esclusività del master per la funzione di coordinamento?

• Perché insistere esclusivamente sulla formazione universitaria, sulla riconversione dei titoli (a spese, ovviamente degli infermieri) precedentemente conseguiti, quando l’Università in questi anni ha dimostrato la sua inadeguatezza proprio sulla formazione post base? Che fine faranno coloro che hanno conseguito la laurea magistrale e non ancora dirigenti (quasi tutti!) nella convinzione di avere fatto un percorso proprio da dirigenti? Dovranno reiscriversi all’Università – con i relativi costi – per conseguire la “specializzazione” in medicina o in psichiatria? E’ questa la proposta?

Dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro chi rimane nel comparto (quindi per eguaglianza di livello di studio il laureato magistrale, sia clinico che gestionale, dovrà avere posto nella dirigenza) dovrà vedersi riconosciuto un livello di inquadramento certo e non revocabile (per es. inquadramento in categoria Ds o modificando il CCNL un diretto accesso a un livello retributivo pari a due fasce economiche) ma questo sarebbe in contrasto con quanto afferma il comma 7 dell’art. 2 del DM 739/94. Ciò rende maggiormente precario il percorso di evoluzione clinica. Nello stesso tempo se si vuole dare stabilità e certezza a chi investe nei percorsi clinici prevedendo un apposito inquadramento si deve dare la possibilità all’infermiere di svolgere realmente e pienamente le competenze acquisite. Forse una revisione del profilo professionale sarebbe la migliore soluzione per evitare conflitti o sovrapposizioni di norme. La proposta sull’evoluzione clinica pare, dal punto di vista contenutistico, una retromarcia non comprensibile rispetto al braccio di ferro con i medici per la ridefinizione delle competenze (si veda tutto il dibattito intorno la prima parte del comma 566 della legge 190/2014). Non si vedono, infatti, nella proposta novità di carattere clinico e si parla si semplice approfondimento. Vi è tutto il tema sensibile della prescrizione e dell’utilizzo delle nuove tecnologie che non è minimamente trattato ma è ben presente nella pratica quotidiana (si veda ad esempio la liceità dell’utilizzo dei POCT oppure dell’apparecchio radiologico sempre più sicuro, automatico e semplice da usare). Le opposizioni più forti sono proprio nell’utilizzo di presidi che sostituisco procedure obsolete, complesse e specialistiche (ad esempio si vedano gli studi internazionali sull’utilizzo dell’intubazione ora faringea da parte degli infermieri). È giunto il momento di superare il paradosso che qualsiasi persona autonomamente possa acquistare e assumere degli analgesici (tachipirina, fans) definiti giustamente OTC (farmaci da banco senza obbligo di prescrizione medica) e un infermiere che lavora in una struttura sanitaria con esperienza e formazione non possa nemmeno somministrare un antalgico. Con questo modello quali competenze si andrebbero a erodere ai medici? Perché temere il “mansionarismo” e non definire un minimo di attività di competenza – pur non esclusiva – degli infermieri? Un approfondimento dunque che è tutto interno allo svolgimento attuale della professione. L’articolazione nell’asse della clinica in diversi livelli (generico, perfezionato, esperto, specialista) rappresenta una parcellizzazione della professione e un’erosione di competenze dell’attuale infermiere che si vedrà declassato a infermiere generalista. È quanto chiedono gli infermieri? È la risposta a quanto si aspettano gli infermieri? La pianificazione e la completa presa in carico nel nuovo modello sarà riservata allo specialista? E l’infermiere generalista che finora ne era responsabile per mandato professionale cederà questa competenze e responsabilità? E se non ha fatto finora la pianificazione perché non si è agito a rimuovere quella causa? L’introduzione del dirigente infermiere specialista è la risposta a questo problema?

A noi sembra che il problema della categoria è prioritariamente definire quanti infermieri servono nella clinica, superare il blocco del turn over, il demansionamento, lo sfruttamento. Questo documento aiuta la soluzione di questi problemi o li complica? Prevedere nuove competenze senza aggiunta di personale significa sacrificare le competenze e il percorso di studio effettuato; prevedere del personale in aggiunta all’attuale dotazione organica rappresenta un’utopia anche per le regioni non soggette a piani di rientro. Il definanziamento del SSN non consente investimenti ma solo riduzioni di spesa. Sotto il profilo formativo notiamo che si continua ad alzare l’asticella della formazione nella speranza che aumentando il titolo di studio aumenti la considerazione degli infermieri. Il problema, a nostro avviso, non sta nel titolo di studio ma sta nell’organizzazione del lavoro, in ciò che è possibile fare nella pratica clinica. Per tale motivo ogni proposta che punti a un minimo di serietà deve fare i conti con la possibilità di incidere nell’organizzazione. Pensare che questo intervento possa avvenire attraverso i dirigenti infermieristici esperti di organizzazione significa rifare l’errore che l’Ipasvi ha compiuto in passato: schierare la base (i futuri infermieri generalisti) e usare la sua forza numerica per arrivare alla conquista della dirigenza e della docenza universitaria per modificare l’organizzazione per compiti e la dipendenza dal medico e attuare quindi il mandato professionale previsto dal profilo professionale del 1994. A oggi il risultato è che abbiamo conquistato la dirigenza e la docenza universitaria (una piccola parte della professione ci è arrivata) ma siamo rimasti a una organizzazione pre profilo e gli infermieri vengono sfruttati e demansionati quotidianamente proprio da quei colleghi che sono assurti alla carica dirigenziale.

Forse più che competenze avanzate si dovrebbe parlare di aggiornamento delle competenze che deve essere di tutti i professionisti. Le competenze avanzate sono certo una possibilità che si apre ma vanno calate nella realtà quotidiana per essere utili alla pratica clinica e spendibili nel mondo del lavoro.

Queste sono solo alcune analisi critiche che possiamo operare. Questa proposta a nostro avviso non tiene conto della realtà, è a lunghissimo termine, non valorizza il percorso esistente e aggrava, in termini di demansionamento, il ruolo dell’infermiere generalista e di sfruttamento dell’infermiere coordinatore.

Il Nursind, pur essendo il sindacato infermieristico rappresentativo nel comparto della sanità pubblica, non presenterà una “sua” proposta ma porteremo le nostre idee agli Stati Generali. Non è il tempo, infatti, di proposte che riguardano un intero corpo professionale che possono uscire dal chiuso di una segreteria di un sindacato o da un ristrettissimo gruppo di lavoro di un ordine professionale.

E’ necessario aprirsi, dare voce alle intelligenze individuali e collettive della professione, aprirsi al contributo di cittadini ed esperti, fare sentire la voce di chi realmente prende in carico i processi assistenziali e gestionali per arrivare a una proposta della professione e non di una ristretta parte della professione, portatrice di interessi particolari.

Rilanciamo quindi la proposta di organizzare gli “Stati Generali della professione infermieristica” in cui, in modo ampio e partecipato, organismi collettivi e persone singole discutano del loro futuro arrivando a una proposta ampia, condivisa e democratica.

Chiediamo alla Federazione Ipasvi di ritirare il progetto presentato denominato “Evoluzione delle competenze infermieristiche” e di dichiararsi a disposizione del progetto degli “Stati Generali”.

 

Il Segretario Nazionale NurSind

Dr. Andrea Bottega