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"Matti" da (s)legare: i pazzi della porta accanto

L’ ambito sanitario psichiatrico con le peculiarità intrinseche derivanti dal particolare scenario in cui opera sembra candidarsi ad una svolta importante: l’ abolizione della contenzione. Il concetto di questa “pratica sanitaria” è ancora troppo permeato da quello stereotipo pre-basagliano che accompagna la visione sociale dell’ individuo affetto da patologia psichiatrica; sopravvive, complice la disinformazione mass-mediatica, l' ottica scomoda radicata nell’ immaginario collettivo secondo cui il paziente psichiatrico si trasforma in folle prigioniero e i sanitari in guardie impietose. La tematica è delicatissima: si corre sul filo del rasoio col rischio di cadere in errori semantici ad ogni passo. E forse proprio la mancanza di un campo semantico concettuale e clinico sia Infermieristico che Medico può aver contribuito a cagionare, negli anni passati, le gravi accelerazioni dei sistemi di contenzione verso epiloghi tragici: l'episodio  Mastrogiovanni ne è emblema ma anche gli altrettanto noti “caso Cucchi” e “Giuseppe Casu” costituiscono una spia rossa sull’ urgenza di revisionare completamente i sistemi usati fino ad ora.

Nonostante le fonti normative e i codici deontologici costituiscano validi precetti per tracciare i criteri con cui gestire particolari situazioni garantendo contemporaneamente la tutela di chi ne è direttamente coinvolto, sono molti gli aspetti che troppo ancora sfociano in drammatici the-end denunciabili come malasanità: non curanza, abbandono e depauperamento della vittima costituiscono solo la punta dell’iceberg che mediaticamente ci viene proposto. Ma la traiettoria delle incongruenze, soprattutto per chi professionalmente è impegnato in tali settori, va analizzata fin dal punto zero del circuito.

Ripercorrere qui la storia della contenzione psichiatrica, spesso erroneamente mai scissa dal concetto di TSO (trattamento sanitario obbligatorio) è impossibile. Si può ricordare che è un atto a cui si ricorre quando non esistono più possibilità alternative nella gestione di un evento acuto, a carattere temporaneo e che perentoriamente deve essere accompagnata da un' assistenza sanitaria continua nonché da accurata registrazione infermieristica e medica inerente l’intero processo.

 

Il codice deontologico degli Infermieri e dei Medici chiarisce palesemente l’ obbligatorietà di una valida ragione clinica come giustificazione alla scelta. Dovrebbe anche essere auspicabile quella continua formazione infermieristica in merito alla tematica teorizzata nel lontano 1994: allora il D.M. 739 promuoveva l’ ambito psichiatrico come una branca specialistica di formazione post-universitaria. La nascita di tali corsi però non ha mai visto luce e questo, forse, può aver legittimato il perdurare del sistema “contenzionistico” come una valida opzione terapeutica dal retrogusto comunque drammatico perché (cit. una collega consultata) “vedere un paziente legato è davvero scioccante”. La mole di studi internazionali (pochi quelli nostrani) è dirimente: la contenzione può causare la morte come può aumentare l’ aggressività del paziente peggiorandone lo stato, causare gravi danni psichici permanenti e indurre serie problematiche cliniche; quindi ribadiscono il limite dell’ emergenza serissima come accettazione della liceità di azione. Ogni errata generalizzazione produce il reale rischio di abbassare questa soglia e finisce per abbracciare all’ interno della “pratica assistenziale” anche soggetti che potenzialmente potrebbero godere di una soluzione alternativa.

La regione Friuli si fa promotrice assoluta di quella che potrebbe essere una rivoluzione culturale e sanitaria non indifferente e che obbliga ad auto-instillarsi molte domande: l' abolizione della tecnica di costrizione fisica. Proprio la patria che ha dato i natali a Basaglia genera nuovamente un tentativo di superamento: sorpassare l’ interpretazione del dominio psichiatrico come imprescindibile dal codominio della contenzione fisica; andare oltre il retaggio ideologico che associa il paziente al "matto da legare" e in accordo con il concetto di dignità acclarato da molti articoli della costituzione, creare percorsi preferenziali che azzerino i rischi.

Un lavoro che dunque include un’ oculatissima valutazione della persona, delle condizioni sociali in cui vessa, dell’ ambiente sanitario che la dovrà ospitare, della rete familiare che la sostiene. Questo per evitare la generalizzazione di cui sopra che sembra, dati alla mano, aver traslato il concetto di contenzione psichiatrica anche alla realtà della lunga-degenza geriatrica: RSA o Case di Riposo. Mentre infatti tenderebbe sempre più livellata verso lo zero la curva della contenzione in alcune strutture ospedaliere, per altre realtà a carattere privato non sembra esserci lo stesso andamento asintotico: la contenzione riveste i panni dell’ assistenza quotidiana liberandosi dell’ indispensabile connotato di “eccezionalità terapeutica”.

Pure a Roma la campagna nazionale per l’abolizione della contenzione ha visto partecipare non solo Psichiatri e professionisti direttamente coinvolti (insieme ai parenti di persone tragicamente ricordate come “le vittime” di un sistema sanitario desensibilizzato) ma anche artisti e personalità dello spettacolo: segno di un vivo interesso sociale per la tematica unito al desiderio di superare l’ arretratezza del pensiero manicomiale che spesso induce in errore.

 

 Formazione, aggiornamento professionale e carico assistenziale commisurato al numero di operatori sembrano essere le parole d’ordine per la nuova frontiera gestionale di situazioni particolari. Questo non può non richiamare in causa la triste emorragia di figure professionali a cui assistiamo: riparametrare l’ assistenza secondo la visione proposta è possibile se la complessità assistenziale diventa proporzionale al numero di operatori coinvolti; professionisti a sua volta sottoposti a quella revisione continua che minimizza i rischi ed ottimizza i fattori ambientali-sociali per evitare che le errate deduzioni comportino inadeguati approcci ai pazienti.

 

Di fatto, non esiste pazzia senza giustificazione e ogni gesto che dalla gente comune e sobria viene considerato pazzo coinvolge il mistero di una inaudita sofferenza  che non è stata colta dagli uomini.

( La pazza della porta accanto - Alda Merini )

 

Per approfondimento:

 

Il caso di Francesco Mastrogiovanni  (Clicca per leggere)