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Un nuovo temibile avversario: l'antibiotico- resistenza

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 12/02/2016 vai ai commenti

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Sono passati quasi novant'anni da quando nel 1928, Alexander Fleming, medico, biologo, isolò la sostanza antibiotica penicillina, per la quale ricevette il Premio Nobel per la Medicina nel 1945;

sono passati settant'anni dall'introduzione in commercio del primo antibiotico, e le malattie che per decenni sono state tenute sotto controllo improvvisamente tornano a far paura, è quanto è emerso ieri a Roma durante il Convegno Achieving Health Trough Antimicrobial Stewardship, patrocinato dal Ministero della Salute e dall'Istituto Superiore di Sanità, dove rappresentanti delle istituzioni, Società scientifiche ed aziende, hanno fatto il punto sulle strategie da mettere in campo al fine di scongiurare questa nuova temibile minaccia.

Il mondo sta facendo un passo indietro, quelle che sembravano essere debellate, tornano prepotentemente, sia nei Paesi evoluti che in quelli in via di sviluppo, perché se prima la loro diffusione era sintomo di povertà, di scarse cure igieniche, oggi sono figlie del benessere e complice il cattivo uso degli antibiotici(abuso), anche sugli animali, i superbatteri avanzano, si stima che nel 2050, le infezioni resistenti agli antibiotici potrebbero essere la prima causa di morte al mondo, con un tributo di oltre dieci milioni di vite in un anno.

Ma cosa sta accadendo?Perché questo ritorno al passato più oscuro?

Negli ultimi anni il panorama sanitario ha cambiato volto, i cambiamenti sono stati profondi, gli ambienti di cura si sono spostati sul territorio, residenze per anziani, ambulatori, domicilio; gli ospedali sono diventati maggiormente luogo di acuzie. I pazienti immunodepressi, “fragili”, si trovano non solo in ambito ospedaliero, ma anche in ambito extra ospedaliero, da qui la necessità di ampliare il concetto di infezioni ospedaliere a quello di infezioni correlate all'assistenza sanitaria e socio sanitaria(ICA).

Circa l'80% di tutte le infezioni ospedaliere ed extra ospedaliere riguardano quattro sedi principali: il tratto urinario, le ferite chirurgiche, l'apparato respiratorio e le infezioni sistemiche(sepsi, batteriemie).Le più frequenti sono le infezioni del tratto urinario, da sole rappresentano il 35-40% di tutte le infezioni ospedaliere; tuttavia in questi anni si sta assistendo ad un calo di queste ultime, con un aumento delle batteriemie e delle polmoniti.

In Italia le infezioni intraospedaliere colpiscono ogni anno 284.000 pazienti(7-10% di pazienti ricoverati) causando 4.500-7000 decessi.

L'aumento dell'aspettativa di vita, la condizione fragile di chi resta in vita, sono una delle condizioni che hanno determinato il ritorno delle infezioni intra ed extra ospedaliere.

Se da una parte il progresso medico ha fatto sì che oggi i trapianti non siano più fantascienza, ma proceduta terapeutica riconosciuta per i più svariati organi, se oggi i tumori per una buona parte, non sono più associati alla parola morte, se ancora diabete, malattie coronariche, cirrosi epatiche, bronchiti ostruttive croniche, hanno prospettive di vita più lunga, così come per l'HIV, dall'altra parte i pazienti anziani in primis e tutti coloro che appartengono alle categorie sopra citate, sono accomunati da un rischio infettivo elevato, perché vivono a lungo in uno status immunologico non ottimale, così microrganismi di solito innocui, diventano temibili killer in organismo non in grado di difendersi.

Altra condizione preoccupante è il calo della pratica vaccinale, come risulta dai dati del portale dell'epidemiologia per la sanità pubblica.

A spaventare maggiormente è però la “questione antibiotici” in termini di resistenza antibiotica, che sta diventando un problema drammatico, così come afferma Walter Ricciardi, Presidente dell'Istituto Superiore di Sanità: “Si moltiplicano le situazioni in cui i pazienti sono resistenti a quasi tutti gli antibiotici, questo vuol dire non avere più strumenti per curarli”.

Sono ben 4 milioni le infezioni antibiotico- resistenza registrate ogni anno in Europa, circa 37.000 decessi stimati, con un assorbimento delle risorse sanitarie e non, pari a 1,5 miliardi/anno.

Tra i batteri gram-positivi, quelli con maggiore resistenza agli antibiotici sono Staphylococcus aureus resistente alla meticillina (-oxacillina), gli pneumococchi resistenti ai beta-lattamici e multiresistenti, gli enterococchi vancomicina-resistenti. Tra i gram-negativi, le resistenze principali sono le beta-lattamasi a spettro allargato in Klebsiella pneumoniae, Escherichia coli, Proteus mirabilis, la resistenza ad alto livello alle cefalosporine di terza generazione tra le specie di Enterobacter e Citrobacter freundii, le multiresistenze osservate in Pseudomonas aeruginosa, Acinetobacter e Stenotrophomonas maltophilia.

Una volta acquisita la resistenza, i batteri si trasformano in temibili killer che agiscono proprio dove vivono le persone malate, ricoverate nei reparti di oncologia, rianimazione, ematologia e sottoposte a trattamenti invasivi – afferma Giovanni Rezza, Direttore del Dipartimento di Malattie Infettive Parassitarie e Immunomediate dell’Istituto Superiore di Sanità – in queste condizioni anche un germe banale diventa pericoloso perché l’ambiente ospedaliero amplifica queste epidemie: alcuni microrganismi, come le klebsiellae, hanno ormai invaso tutti gli ospedali”.

L'abuso e l'utilizzo inappropriato degli antibiotici hanno contribuito alla comparsa di batteri resistenti. Il problema è ulteriormente aggravato dalla auto-prescrizione di antibiotici da parte di individui che ne assumono senza la prescrizione di un medico qualificato, e dall'uso non terapeutico degli antibiotici come promotori della crescita in agricoltura. Gli antibiotici vengono spesso prescritti per situazioni in cui il loro uso non è giustificato (per esempio nei casi in cui le infezioni possono risolversi senza trattamento).Forme comuni di uso improprio di antibiotici comprendono: l'uso eccessivo di antibiotici nella profilassi dei viaggiatori; in caso di prescrizione medica, la mancata presa in considerazione del peso del paziente e della storia del precedente uso di antibiotici, dal momento che entrambi i fattori possono influenzare fortemente l'efficacia di una prescrizione di cura per antibiotici; il mancato rispetto dell'intero corso prescritto di antibiotico, l'omissione nel prescrivere o nel seguire il corso del trattamento secondo precisi intervalli giornalieri (ad esempio, "ogni 8 ore" piuttosto che semplicemente "3x al giorno"). Tutte queste pratiche citate possono facilitare lo sviluppo delle popolazioni batteriche resistenti agli antibiotici. Un inappropriato trattamento antibiotico costituisce un'altra comune forma di abuso di antibiotici. Un esempio comune di errore è la prescrizione e l'assunzione di antibiotici per trattare le infezioni virali come il raffreddore comune, su cui non hanno alcun effetto

Quali le strategie per affrontare l'emergenza?

Due su tutte: la messa in campo di tutte le risorse per accelerare lo sviluppo di nuove molecole antibiotiche e renderle immediatamente accessibili al paziente; l'attuazione di una vera e propria stewardship antibiotica, ovvero l'utilizzo appropriato degli antibiotici all'interno degli ospedali (anche adottando rigorosi protocolli di controllo) e sul territorio per impedire lo sviluppo di nuove resistenze.

E' inoltre fondamentale rilanciare la pratica vaccinale.

In merito allo sviluppo di nuove molecole antibiotiche, interviene l' On. Federico Gelli,Membro della XII Commissione Affari Sociali della Camera che afferma, “La ricerca e lo sviluppo di nuove molecole antibiotiche può avvenire sulla base di un’alleanza forte tra Governi, aziende farmaceutiche e centri di ricerca, in una cornice necessariamente europea. Si tratta di una sfida di enormi proporzioni, anche perché il tempo gioca a nostro sfavore e i risultati devono arrivare in tempi brevi. Il primo impegno dovrebbe essere quello di favorire e sostenere la realizzazione di studi clinici di livello europeo; il secondo aspetto riguarda la previsione di incentivi per le aziende impegnate in attività di ricerca e sviluppo di nuovi antibiotici; infine, occorre creare condizioni favorevoli a coniugare il diritto di cura con la competitività del mercato. Dunque, è essenziale che il nuovo farmaco venga reso accessibile a tutti i pazienti che ne hanno effettivamente bisogno, ma anche che il suo prezzo sia in grado di riflettere il reale valore che ha in termini di salute pubblica”.

Nel corso dell’ultimo World Economic Forum di Davos oltre 80 aziende produttrici di farmaci, medicinali generici, biotecnologie e dispositivi diagnostici di 18 Paesi hanno indicato in una dichiarazione rivolta ai governi le misure chiave per facilitare lo sviluppo di terapie antibiotiche innovative: incentivi adeguati, a sostegno degli investimenti in ricerca e sviluppo; meccanismi di rimborso che rendano il prezzo degli antibiotici adeguato ai benefici di salute; modelli innovativi di remunerazione che riducano il legame tra redditività di un antibiotico e il volume venduto, per ridurre la necessità di investimenti promozionali.

Per quanto riguarda un uso più appropriato degli antibiotici, condividiamo le riflessioni di Pierluigi Viale, Direttore della Clinica di Malattie infettive dell’Ospedale S. Orsola di Bologna e dirigente della Società Italiana Malattie Infettive e Tropicali Simit: “ La risposta del mondo medico a questo problema è difficile, ma la soluzione esiste e sta nell’acquisire da parte della classe medica una maggiore responsabilizzazione rispetto alle prescrizioni, uscendo dal tradizionale individualismo terapeutico. E questo ambito gestionale e scientifico è certamente una delle grandi sfide dell’infettivologia di oggi: difficile ma percorribile se si sapranno mantenere due aspetti fondamentali della professione medica, onestà intellettuale e multidisciplinarietà. Di fronte a questo problema però la classe medica non può essere lasciata sola ma ha bisogno di adeguato supporto politico e sociale”.

La partita a scacchi che si giocherà nel futuro immediato non è semplice, il problema è complesso e dalle mille sfaccettature, serve un cambio di rotta, serve una cultura diversa sull'uso degli antibiotici, servono risorse da impiegare nella ricerca, per sconfiggere le infezioni, temibile vecchio avversario, tornato sotto una nuova veste.

 "La prima regola degli antibiotici è cercare di non usarli, la seconda è di cercare di non usarne troppi"

 (Paul L.Marino)

 

Fonte:Infezioni ospedaliere. Simit: “Basta con le accuse di malasanità. Necessarie multidisciplinarietà e supporto sociale”

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