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Maria Rosa Genio - l'Infermiera di Famiglia

Andrea Tirottodi
Andrea Tirotto
Pubblicato il: 14/04/2016 vai ai commenti

Le interviste

InfermieristicaMente con Maria Rosa Genio

 

In una scorribanda su internet alla ricerca di informazioni sull'assistenza infermieristica territoriale e sugli ambulatori infermieristici, mio vecchio cruccio, nel 2014 mi sono imbattuto in una pagina che parlava di una figura infermieristica denominata Infermiere di Famiglia. Eureka esclamai e subito mi misi a leggere gli articoli di giornale che parlavano dell'apertura dell'ambulatorio infermieristico di Briandonno da parte di tale Maria Rosa Genio, sedicente Infermiere di Famiglia. Non ho esitato a contattala e a chiederle informazioni e lei è stata gentilissima nel rispondermi e nello spiegarmi di cosa si trattava. Il caso ha poi voluto che a fine giugno mi sia recato dalle parti di Briandonno per un impegno e così ho colto la palla al balzo per andare a conoscere Maria Rosa in uno dei suoi due ambulatori già attivi.

Da quel giorno è nata prima di tutto una bella amicizia fondata sulla stima reciproca ed una collaborazione che va avanti tutt'ora e che a novembre del 2014 si è concretizzata nel primo convegno sull'Infermiere di Famiglia mai fatto in Sardegna. Con Maria Rosa continuiamo a sentirci e a confrontarci con una certa regolarità e così le ho proposto di rispondere a qualche domanda da pubblicare su InfermieristicaMente così che possiate conoscere meglio anche voi questa straordinaria collega e l'opera pioneristica e rivoluzionaria che sta portando avanti con tanta determinazione e coraggio.

 

 

 Chi è Maria Rosa Genio e come comincia e si sviluppa la tua carriera?

Esercito la professione da 20aa con un’esperienza multidisciplinare soprattutto in area critica. Nel 2008 mi licenzio dal pubblico impiego, apro partita iva e per 3 anni mi sono occupata di ADI, attraverso la quale ho avuto l’opportunità di comprendere quanto il territorio fosse precario e limitante in materia di continuità assistenziale (solo per un ristretto N° di utenti anziani e allettati)

 

Come nasce l'intuizione dell'infermiere di famiglia?

Vengo a conoscenza del servizio dell’Infermiere di Famiglia (di seguito denominato IdF), già presente in altri Stati membri della CEE e ne sposo l’ideologia fondando un marchio nazionale sinonimo di qualità e modus operandi che si traduce nel passaggio dalla Cura al Prendersi Cura sulle impronte dell’operato dell’MMG.

A tal punto, mi rendo conto che tale concetto era già stato espresso dall’OMS nel documento Health 21 nel lontano 1998 che addirittura trova riscontro nella Dichiarazione di ALMA – ATA del 1978.

Per me è diventato un obbiettivo da raggiungere .

 

Ci racconti come hai realizzato il progetto?

Nel 2011 ho fondato JMF SAS ed ho dato vita al progetto, attraverso una lunghissima serie di relazioni con ASL, distretti e comuni percorrendo un autentico percorso ad ostacoli costituito dalla mancanza di informazioni relative all’implementazione di tale figura ma facendo applicare alla lettera , le leggi in materia di infermieristica: DM 739/1994, 42/’99, 251/2000.

Non posso dimenticare gli affronti da parte di conservatori stereotipati riguardanti: richieste di visualizzazione atti finalizzate a creare futili motivi (inesistenti) che potessero essere usati per smontare un percorso, oppure segnalazioni infondate al collegio atte a screditare l’innovazione oppure le affermazioni di taluni organismi affini alla medicina primaria, che hanno eseguito terrorismo psicologico sugli MMG riguardo la possibilità di collaborazione con la scusa dell’invasione in campo medico!

NON abbiamo né le competenze, né la voglia di prenderci la responsabilità di un atto medico! Ad ognuno il suo! Perché NOI, il nostro, vogliamo e sappiamo farlo bene!

La strategia adottata dunque è stata quella di svilupparsi in ambito privato-convenzionato: solo tale percorso ha permesso con fluidità e tempestività di erogare le cure a fronte della presa in carico.

 

A che punto siete ora? quali le prossime tappe?

Attualmente abbiamo 4 ambulatori, 5 dipendenti, diversi collaboratori, diverse convenzioni, copriamo una superficie di circa 300 Km2 e l’obbiettivo è quello di divulgare la figura sull’intero territorio nazionale, attraverso una adeguata formazione che valorizzi 4 punti fondamentali:

Capacità di visione multidimensionale (l'Utente è visto a 360° non solo in relazione alla patologia ma anche nel contesto sociale in cui vive)

Capacità di Problem Solving nell’apposito ambito (in questo contesto, l'IdF riveste un ruolo di maggior autonomia e responsabilità)

Capacità di governamento di un Setting (l'IdF ha un ruolo strategico nel raccogliere la domanda e nell'organizzare una risposta che potrebbe anche essere di tipo multidisciplinare, attivando i professionisti idonei al gestione del caso)

Capacità di analisi critica relativa al far emergere delle carenze socio-sanitarie condizionanti la salute: campagne di prevenzione, consulenza, monitoraggio.

 

In tutta Italia si assiste alle politiche più fantasiose volte al contenimento della spesa sanitaria; la medicina continua a rimanere ospedalocentrica; in questo contesto qual'è il potere economico della tua proposta?

A mio avviso, nessuna delle strategie attualmente poste in essere sta portando a riscontri tangibili in termini di sostenibilità della spesa sanitaria. Necessita pulizia ma non si ha voglia di mettersi in gioco o di destabilizzare i centenari rapporti di lobby.

Risvolti? Scambiando gli addendi, il risultato non cambia! Non mi risulta che qualche infermiere sia mai stato indagato per corruzione. Il potenziamento del territorio è un indicatore di risparmio per l’attuale sistema quasi implosivo e la relazione con l’IdF immerso nelle cure primarie, rappresenta un miglioramento della qualità di vita per gli italiani.

Alcume regioni, Lombardia in primis, stanno abbandonando la cultura ospedalocentrica e la soluzione sta nell’affidare ad ogni IdF, un portafoglio vario di 1000 utenti ciascuno, retribuendo il professionista con quota pro-capite per ogni assistito e secondo il principio di mutualità.

L’IdF, sarebbe in grado di rilevare sintomi e segni di malattia derivanti dalla conduzione di errati stili di vita fin dall’età pediatrica per evitare la cronicità che rappresenta il 70% della spesa pubblica.

 

Qual'è l'impedimento allo sviluppo capillare dell'infermiere di famiglia considerati i suoivantaggi? Ci sono resistenze politiche? Culturali Degli stessi professionisti infermieri?

In campo infermieristico, si assiste ad alcuni atteggiamenti svogliati e rassegnati di professionisti abituati a vivere passivamente la professione.

Certamente l’origine è di tipo culturale. Allo stato attuale, fin dall’università, bisognerebbe creare percorsi finalizzati all’acquisizione di modelli extraospedalieri. La mancanza di ciò, crea inevitabilmente, l’aspettativa del “POSTO FISSO” ormai mera illusione con conseguente frustrazione ed emigrazione. Un monito lo faccio anche a tutti coloro che stanno offrendo un servizio di pseudo IdF al solo scopo commerciale o politico. Un ambulatorio di IdF non ha la funzione di centro di accoglienza o di gestione dell'emarginazione e non può essere utilizzato come specchietto per le allodole da parte di organizzazioni che mirano ad aumentare il proprio fatturato utilizzando gli infermieri in modo scorretto; così facendo la popolazione avrebbe una visione errata della mission.

 

Ci puoi raccontare la tua idea di infermiere del futuro?

Gli anni 90 son passati da un pezzo e l’infermiere può e deve diventare imprenditore di se stesso al pari di tanti altri professionisti che non hanno neppure un albo.

Più che mai, in questo preciso momento storico, ho la celebre frase di Florence Nithingale, impressa nella mia mente: “Secondo me, la missione delle cure infermieristiche in definitiva è quella di curare il malato a casa sua; intravedo la sparizione di tutti gli ospedali e di tutti gli ospizi; ma a cosa serve parlare ora dell’anno 2000?”

Il futuro è adesso, l’Europa ce lo chiede, l’Italia deve adeguarsi e Noi Siamo Pronti.

 

Sono molto contento che Maria Rosa Abbia accettato il nostro invito a rispondere a queste domande e siamo certi che le sue risposte possano trovare apprezzamento tra i nostri lettori e i colleghi tutti. La validità del suo progetto che con grande senso di responsabilità sta mettendo a disposizione di tutti attraverso la sua diffusione, è ormai dimostrata dai fatti e dai risultati che con grande rapidità sta ottenendo nel territorio di riferimento. Quello che dal mio punto di vista non è stato ancora pienamente compreso, o volutamente ignorato perchè riferito ad una categoria che nell'immaginario collettivo pubblico e politico deve ancora rimanere sottomessa alle logiche della sanità medico entrica, è il potenziale economico che può generare. Se gli ospedali sono un costo per cui tutte le politiche regionali tendono alla chiusura di quelli piccoli e agli accorpamenti, è perchè l'ospedale inteso come hardware costa e costa parecchio. Questa politica potrebbe anche trovare una certa ragione e condivisione qualora però fosse affiancata dal potenziamento delle risposte che i cittadini possono trovare sul territorio. L'infermiere di famiglia e di comunità è la risposta territoriale possibile e praticabile per eccellenza perchè l'infermiere è l'unica figura professionale competente nella funzione di risposta ai bisogni di salute del cittadino, avendo le competenze necessarie al soddisfacimento di tutti i bisogni legati alla cronicità e alla post acuzie, che sono proprio gli ambiti in cui la domanda cresce senza misura ma per la quale l'offerta continua ad essere totalmente insufficiente. 

Non può che esserci un futuro roseo per questo progetto e a Maria Rosa, in quanto illuminato precursore non posso che augurare il successo che merita nella speranza che diventi un punto di riferimento nazionale sulla materia.

 

Andrea Tirotto