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Infermieri. Art. 49: la spinta del Collegio IPASVI di Pisa e l’arroccamento della FNC

Con una lettera inviata a Quotidiano Sanità (Clicca) il Collegio IPASVI di Pisa ha dato il “la” a un movimento di discussione sull’articolo 49 del Codice Deontologico degli Infermieri.

 

Questo specifico articolo, che tutti gli infermieri conoscono e soprattutto color i quali in virtù di esso sono chiamati a svolgere le più svariate e fantasiose mansioni (dal rifacimento dei letti, al trasporto delle salme, ecc.), è da tempo oggetto di discussione; molti cominciano a chiedersi se sia davvero una disposizione di autotutela e autoregolamentazione o, piuttosto, di autocondanna al demansionamento legittimato.

Ebbene il Consiglio provinciale del Collegio IPASVI di Pisa ha pensato di intraprendere un percorso formale che porti alla revisione del Codice Deontologico, sulla base dell’elaborazione di una proposta da diffondere e condividere con gli altri Collegi e infine da sottoporre alla Federazione Nazionale affinchè venga valutata e, auspicabilmente, recepita.

L’intento, inconfutabilmente dichiarato nella lettera, è quello di sintetizzare le istanze degli Infermieri e di seguire l’iter suddetto, senza alcuna “contrapposizione con quanto già avviato dalla Federazione Nazionale, ma come contributo che possa essere accolto, in parte o in tutto, dalla professione”.

In aggiunta il Collegio di PISA fa un passo in più: porterà all’attenzione dell’Assemblea provinciale la discussione di una mozione di disapplicazione dell’art. 49 per i propri iscritti, in via transitoria in attesa dell’adozione di un nuovo Codice Deontologico.

 

Questa provocazione deve aver avuto un effetto deflagrante agli alti piani della FNC, giacchè la Presidente Nazionale Barbara Mangiacavalli ha prontamente preso carta e penna per lanciare una secca reprimenda nei confronti dei pisani (leggi qui la lettera).

Senza se e senza ma la Federazione intima all’ardito Collegio di non intraprendere strade pericolose che, data la illiceità della mozione, porterebbero dritte dritte ad una sanzione disciplinare. Questi i fatti, cui i fatti susseguenti daranno completamento. 

Al di là della cronaca però, un paio di osservazioni sarà permesso fare senza incorrere negli strali della FNC. Qui il problema cruciale per la FNC è  la mozione di disobbedienza all’art. 49. 

Nulla si dice riguardo al legittimo percorso di proposta di modifica lanciato dal Collegio di Pisa, in perfetta sintonia con la deontologia e il protocollo professionali (nella più ortodossa delle applicazioni delle quali evidentemente rientra invece il Codice Italiano di Etica e Deontologia emanato dal CID).

Nulla si dice riguardo all’inappropriatezza reale dell’art. 49 nel contesto attuale della professione, della società e dell’organizzazione del lavoro in sanità, sulla quale in moltissimi ormai si stanno esprimendo a tutti i livelli (leggi qui, per puro esempio, la lettera di oggi a Quotidiano Sanità).

Ma questo, seppur incomprensibile, è prevedibile, poiché la Federazione ha sempre difeso quel figlio scavezzacollo che si è rivelato essere l’art. 49; si sa, la mamma è sempre la mamma e “Ogni scarrafone è bello a mamma soja". In questo caso la FNC si è espressa, per voce della Presidente Mangiacavalli (intervista a Nurse Times del 20 gennaio), nel senso di voler far capire che le forzature secondo le quali in virtù dell’art. 49 l’infermiere viene adibito ad ogni genere di attività sono, appunto, forzature o “letture parziali” del testo. Dopodichè, se demansionamento c’è, allora si tratta di un problema sindacale e non professionale. E quindi dov’è il problema?? Forse il problema è che queste “letture parziali” le sta facendo la Magistratura in ogni grado di giudizio, e le sentenze fanno giurisprudenza. Il resto è esercizio retorico.

Entra impetuosamente sul tema il professor Ivan Cavicchi, sociologo esperto di politiche e organizzazioni sanitarie, con un articolo su il manifesto di oggi, dal titolo forte ed eloquente: “Infermieri, la schiavitù è un obbligo deontologico” (Clicca)

E ci va giù pesante Cavicchi, etichettando come schiavitù l’asservimento degli infermieri a logiche di compensazione della dis-organizzazione e della mal-organizzazione dei servizi, del definanziamento del sistema sanitario (confermato dal recente DEF) operata per mano formalmente propria (essendo il Codice Deontologico di autoregolamentazione) ma di fatto di una élite che piramidalmente converge sulla dirigenza centrale dell’IPASVI. Ma non solo.

La gravità della situazione, sottolinea Cavicchi, di cui pagano il prezzo tanto gli infermieri quanto i malati, risiede nel meccanismo perverso della perpetuazione di se stessa operata dalla rappresentanza nazionale della professione con finalità che poco hanno a che spartire con la tutela degli oltre 400000 professionisti iscritti ai Collegi ma molto hanno a che fare con giochi di interesse e convenienza di poche persone, sempre le stesse, difesi strenuamente attraverso la sistematica attuazione della repressione punitiva del dissenso, anche quando questo è ed è stato espresso nella più civile e consona delle maniere.

Secondo Cavicchi si tratta di un attacco senza precedenti ed eguali nel mondo delle professioni, che rischia di ripetersi ora nei confronti del Collegio di Pisa e del suo Presidente, Emiliano Carlotti, su cui il rischio di sanzioni e di commissariamento è più che una semplice ipotesi.

La speranza, auspicata anche da Cavicchi, è di un anelito di ragionevolezza e responsabilità, che porti a ponderare le azioni e a riflettere sui contenuti e sui problemi veri degli infermieri.

Sarebbe bello, e sorprendentemente nuovo, avvertire la forza di chi sa affrontare con serenità gli errori (e l’art. 49 a nostro avviso lo è indubbiamente). Un indiscusso mentore di saggezza, Confucio, 2500 anni fa disse di “non vergognarti degli errori, rendendoli così dei crimini” ed inoltre che “il saggio ha vergogna di vedere le proprie parole eccedere le proprie azioni”.