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La realtà in espansione della defibrillazione sottocutanea: ma non dimentichiamo l' emergenza territoriale

La cardiologia senese festeggia un traguardo importante con l’ impianto sottocutaneo del primo defibrillatore automatico. La tecnica della defibrillazione con dispositivo impiantabile vede gettare le sue basi teoriche intorno gli anni settanta ma per i primi in riscontri pratici bisogna attendere il decennio successivo. Il principio del metodo è quello di sfruttare gli impulsi generati dal presidio per bloccare nei pazienti l’ insorgenza di moti cardiaci come la fibrillazione ventricolare, status pericoloso e che può cagionare la morte in pochissimo tempo. L’ intervento eseguito sotto la guida dei cardiologi Claudia Baiocchi e Valerio Zacà è stato coadiuvato dagli infermieri Sabrina Tozzi e Michele Lenzini, confermando l’ importanza del ruolo infermieristico negli ambiti clinici specialistici. L’ impianto di un defibrillatore sottocutaneo è una tecnica che permette di evitare l’ inserimento degli elettrodi  direttamente nei vasi venosi e quindi by-passando il tratto vascolare; il dispositivo è inserito sottopelle e questo consente di diminuire il rischio di complicanze legate alla sollecitazione endocavitaria, essenzialmente rappresentate da possibilità di infezioni e lesioni ai vasi o alla parete cardiaca.

Nel post-intervento la figura infermieristica, quasi sempre a domicilio, rimane a disposizione del paziente per i relativi monitoraggi e la pianificazione assistenziale: ci piace ricordare che l' emergente infermiere di famiglia/comunità potrebbe trovare una contestualizzazione ottimale in questo senso. Gli impulsi elettrici generati permettono di  realizzare sia una prevenzione primaria (su pazienti in genere sofferenti di cardiopatia ischemica con rischio di sviluppo di aritmie) e secondaria (verso quei pazienti che hanno avuto un precedente attacco cardiaco) o di costituire un salva-vita nei confronti di quelle persone che soffrono di patologie a elevato rischio di produrre una fibrillazione improvvisa.

Questo importante aspetto non ci deve però far perdere di vista il lavoro che ancora c’ è da fare a livello territoriale. La defibrillazione precoce, tecnica salva-vita nelle condizioni di emergenza improvvisa, non trova ancora totale investimento su scala nazionale poiché molti contesti pubblici rimangono sprovvisti sia di operatori formati per soccorrere un improvviso attacco e sia dello stesso presidio atto a erogare la scarica necessaria per ripristinare la funzionalità cardiaca. Nelle scuole, musei, alberghi e situazioni dove la collettività è odierna dovrebbe muoversi sempre qualcuno che sa, all’ occorrenza, cosa fare e come farlo. Questo concetto richiama gli Infermieri come formatori nei confronti di un ampio numero di persone, soprattutto se queste ricoprono ruoli che per natura professionale richiedono una continuità nell’ ambiente lavorativo ed una presenza costante (es: asili, centri commerciali). Ogni Regione dovrebbe adibire un gruppo di Infermieri specializzati in emergenza a progetti rivolti verso quegli enti o situazioni dove un evento necessitante di soccorso sanitario potrebbe verificarsi.