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Sette miliardi per i contratti pubblici. Class action collettiva della Codacons al Tar Lazio. “Stato restituisca 10.400 euro a lavoratore”

Giuseppe Provinzanodi
Giuseppe Provinzano
Pubblicato il: 18/08/2016 vai ai commenti

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Palazzo Chigi pronto a mediare. Nella nuova legge di stabilità, possibile uno stanziamento di circa 1,5 miliardi di EURO

Intanto nel giorni scorsi la ministra Marianna Madia ha incontrato i sindacati e per il 10 settembre aspetta delle proposte dal tavolo sindacati-Aran. Ricordiamo che lo scorso anno la Corte Costituzionale aveva dichiarato illegittimo da agosto del 2015 il blocco della contrattazione, escludendone la retroattività che avrebbe portato disastri e aperto una voragine nel bilancio dello Stato. L’Avvocatura generale, poi, ha quantificato il costo dei mancati rinnovi 2010-2015 in 35 miliardi.

La distanza, almeno in apparenza, sembra incolmabile. Il primo rinnovo del contratto della Pubblica Amministrazione da sei anni entra già nella fase calda a due settimane dalla ripresa del dialogo. Da una parte ci sono i 300 milioni di euro messi a disposizione dal governo. Dall’altra c’è un Everest tirato su a sorpresa ieri in una giornata di mezzo agosto, dai sindacati.

Una montagna ripidissima, alta 7 miliardi di euro. Nel mezzo ci sono quasi 3 milioni di dipendenti pubblici che fin dal 2010, anno dell’inizio del blocco della contrattazione, aspettano un ritocco verso l’alto delle buste paga. Tra di loro ci sono impiegati, forze di polizia e infermieri, vigili del fuoco e vigili urbani. Un po’ di tutto, con un pugno di denaro da spartire che appare insufficiente: possono quasi sembrare offensivi degli aumenti a cascata che porterebbero soltanto a poche decine di euro al mese lordi. In ogni caso sullo sfondo ci sono 900 milioni disponibili nel triennio, non briciole da cui partire e Renzi, d’intesa probabilmente con il titolare dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha già detto che «se ne può parlare», il che significa che quel tetto non è un dogma.

Risulta però altrettanto offensivo, se la prospettiva è quella di Palazzo Chigi, parlare di incrementi delle retribuzioni da 215 euro proprio mentre si cerca con il lanternino qualche milione in più da distribuire all’industria che arranca o ai pensionamenti. A mettere un primo puntello del governo ci pensa il viceministro all’Economia Enrico Zanetti che spiega le tre priorità in questa fase. E le elenca non senza qualche sorpresa: «Le risorse per la flessibilità delle pensioni? Credo sia più giusto partire dalle misure che evitino l’aumento delle imposte e che sostengano l’industria italiana riducendo la pressione fiscale delle imprese.

Al secondo posto vedo come una priorità il rinnovo del contratto del pubblico impiego — aggiunge Zanetti — le iniziative sulle pensioni non possono precedere quelle a favore della crescita e del rinnovo del contratto degli statali. È sacrosanto». Insomma «tutte questioni che vanno affrontate guardandosi in faccia» dicono le parti in attesa del primo vero confronto previsto per il prossimo mese. E quindi proprio nel bel mezzo di questo territorio non ancora esplorato, si intravede un punto di arrivo: che prenda come spunto quello dei rinnovi per i contratti delle aziende private.

Dove sicuramente non si marcia ai ritmi che il sindacato vorrebbe imporre oggi nella Pa (i 215 euro al mese in più), ma comunque si va avanti a livelli dignitosi visto che in media si ragiona in termini di 100-130 euro al mese per un rinnovo con una progressione nell’arco dei tre anni. Il che significa circa 1,2-1,5 miliardi da individuare per mettere in sicurezza la trattativa. Il governo è quindi disposto a fare delle concessioni. Ma a patto di riformare la Pubblica amministrazione e cambiarne la visione.

Se dal tavolo dell’Aran (l’Agenzia per la contrattazione pubblica) che si aprirà al termine delle vacanze e che dovrà portare risultati da girare al Tesoro a metà settembre, arriveranno segnali positivi in questo senso, allora il livello della contrattazione privata potrà diventare un punto di riferimento. Altrimenti lo scontro, avvertono i sindacati, sarà inevitabile e cadrà nel bel mezzo di un autunno bollente per il governo.

Fonte: la Repubblica Mercoledì 17 Agosto 2016