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Vaccinazioni. La parola al Vescovo Monsignor Claudio Giuliodori

Elsa Frogionidi
Elsa Frogioni
Pubblicato il: 07/10/2016 vai ai commenti

MarcheNurSind dal territorio

Il primo ottobre ho partecipato al Convegno Regionale Marche a Cingoli (MC). I contenuti erano di particolare interesse: LE VACCINAZIONI, OPPORTUNITÀ DI SALUTE PER TUTTI I CITTADINI. UNA CHIAMATA ALL’AZIONE. Programma e relatori d’eccezione, quali ad esempio il Presidente dell’Istituto Superiore di Sanità Walter Ricciardi e all’apertura dell’evento un ospite inusuale in questi contesti, il Vescovo Monsignor Claudio Giuliodori. Mi aspettavo il solito panegirico con  l’augurio di buona prosecuzioni dei lavori…invece, il Vescovo ci ha sorpreso e ammaliato. I contenuti del suo intervento e le argomentazioni, sono il frutto di una fine riflessione sul perché l’uomo, l’individuo debba agire consapevolmente per il bene comune.

 Ieri la segreteria organizzativa dell’evento, ci ha fornito lo scritto del suo prezioso contributo, desidero condividerlo con tutti voi, perché la visione etica e spirituale delle nostre scelte in tema di salute è anch’essa una sfida alla ricerca della nostra umanità.

Prendersi Cura del Bene Comune

Intervento di S. E. Mons. Claudio Giuliodori

Questo Convegno ha un sapore particolare perché nasce dalla collaborazione tra diversi soggetti che hanno a cuore il bene della comunità e guardano alla salute non come un ambito chiuso in sé e delegato a specialisti del settore ma come ad una dimensione fondamentale e costitutiva dell’esperienza umana e della convivenza civile.  

L’appuntamento odierno è il frutto prezioso di importanti iniziative poste in essere in questo territorio per costruire una consapevolezza diffusa circa il valore della prevenzione in ambito sanitario come forma eminente e primaria di tutela personale e sociale. Si è sperimentato come sia possibile, concretamente e con il concorso di tutti, sviluppare un’alleanza sanitaria che coinvolga i diversi soggetti sociali, ciascuno per la sua parte e secondo le sue responsabilità, ma nessuno escluso.

Così la prevenzione diventa una questione eminentemente sociale e coinvolge le famiglie, la scuola, le associazioni, gli enti pubblici assieme ovviamente al sistema sanitario. L’aspetto che emerge come decisivo, e su cui occorre lavorare di comune accordo, è la considerazione della prevenzione non solo come un fattore rilevante per l’ambito sanitario, ma come una componente costitutiva del sistema sociale.

Il passaggio dalla prevenzione sanitaria alla prevenzione sociale, o meglio l’inquadramento della prima nella seconda, come sua condizione di reale possibilità, è però tutt’altro che scontato e semplice. Se per alcune malattie si può spingere l’acceleratore su screening sempre più diffusi e mirati - penso a certi tumori e a patologie di cui si può presumere l’insorgere in alcune fasce di popolazione e in determinate condizioni di età, lavoro, ambiente…, quando si tratta di prevenire malattie infettive e contagiose, attraverso la vaccinazione sistematica, la questione si complica.

La cronaca ci documenta (Senato docet - cfr. polemica sul film anti-vaccinazioni) come sia tutt’altro che scontata l’accettazione e l’adesione alle vaccinazioni che in epoca moderna hanno consentito di far scomparire malattie che in passato erano molto diffuse. Esistono malattie per cui la vaccinazione è obbligatoria o raccomandata, altre per cui è consigliata o suggerita. Oggi in Italia l’obbligo vaccinale riguarda 4 delle 13 vaccinazioni offerte dal Servizio sanitario nazionale, mentre 9 sono quelle raccomandate dal ministero della Salute e quindi da Regioni e Asl: obbligatorie Poliomielite, difterite, tetano ed epatite B; raccomandate pertosse, Hemophilus influenzae, morbillo, rosolia, parotite, meningococco C, pneumococco, influenza e - recentissimo - papillomavirus.

Di fronte a quelle obbligatorie le resistenze sono sostanzialmente di tre tipi: lo scetticismo o la confutazione del dato scientifico; la rivendicazione di una libertà personale e del diritto all’autodeterminazione; la marginalità sociale che non consente a volte un pieno inserimento nel sistema preventivo. Oggi noi sappiamo che sotto una certa soglia di riduzione delle vaccinazioni si rischia che determinate malattie ormai scomparse possano riemergere e diffondersi.

Si pone qui il delicato problema della salute pubblica e si discute molto su che cosa significhi e come debba essere applicata l’ “obbligatorietà”. Si possono usare forma coercitive? Non si rischia di invadere la sfera personale e di privare le persone della loro libertà? Ma dall’altra parte se non si garantisce una vaccinazione sistematica di tutta la popolazione viene messa a rischio la tutela pubblica della salute.

Chi deve decidere e come si deve procedere? La risposta è ovviamente complessa e tutt’altro che scontata. Escluse le ipotesi estreme della vaccinazione forzata (che in alcuni casi viene mascherata da un certo vetero paternalismo sanitario) o della libertà assoluta (tipica dei free-rider, i viaggiatori liberi che fruiscono dei benefici pubblici senza assumersi responsabilità o collaborare), resta la necessità di individuare la strada più efficace per garantire un’azione organica di prevenzione sia attraverso la vaccinazione sia tramite tutte le buone prassi di monitoraggio della popolazione.

È evidente che al di là di tutto il legittimo e doveroso dibattito pubblico da parte di scienziati, sanitari, politici, amministratori, operatori sanitari e sociali, uomini di cultura, la via maestra sia quella della persuasione e del convincimento per condure tutti alla percezione di una reale convenienza personale e sociale.

È questo un tipico caso dove il bene personale viene a coincidere con il bene comune. Occorre pertanto sviluppare e rafforzare sia l’attenzione verso la propria salute e quella dei propri cari sia il senso di operosa partecipazione al miglioramento delle condizioni di salute della società. Per questo ho voluto nel titolo del mio intervento unire i due aspetti del prendersi cura e del bene comune.

La via del persuadere e del convincere usando sapientemente tutte le ragioni scientifiche, sanitarie e sociali richiede però una grande coscienza solidale e una forte collaborazione da parte di tutti, e ovviamente in primo luogo degli operatori sanitari. Curare il paziente può essere relativamente facile, prendersi cura del bene comune è molto più difficile e impegnativo, richiede oltre alla competenza medica anche una grande sensibilità sociale, una convinta responsabilità etica e un profondo senso civico.

Mi sembra che lo sfondo su cui si colloca questa visione sia quello delineato in modo magistrale da Papa Francesco nella Laudato sì quando dice che tutto è connesso e  che ormai non c’è nulla che possa essere ritenuto estraneo ai processi di degrado o di salvaguardia della Casa Comune, inclusa la salute. Basterebbe leggere quanto afferma circa gli effetti devastanti delle diverse forme di inquinamento:

«L’esposizione agli inquinanti atmosferici produce un ampio spettro di effetti sulla salute, in particolare dei più poveri, e provocano milioni di morti premature. Ci si ammala, per esempio, a causa di inalazioni di elevate quantità di fumo prodotto dai combustibili utilizzati per cucinare o per riscaldarsi. A questo si aggiunge l’inquinamento che colpisce tutti, causato dal trasporto, dai fumi dell’industria, dalle discariche di sostanze che contribuiscono all’acidificazione del suolo e dell’acqua, da fertilizzanti, insetticidi, fungicidi, diserbanti e pesticidi tossici in generale. La tecnologia che, legata alla finanza, pretende di essere l’unica soluzione dei problemi, di fatto non è in grado di vedere il mistero delle molteplici relazioni che esistono tra le cose, e per questo a volte risolve un problema creandone altri» (n. 20).

 Abbiamo quindi di che riflettere e confrontarci, ma desidero concludere sottolineando che grazie alla passione degli organizzatori, e in primis della Dott.ssa Daniela Cimini, questo Convegno è già per tutti noi una salutare vaccinazione perché:

  • ci aiuterà ad essere un po’ meno individualisti, e l’individualismo è un pericolosissimo e devastante virus del nostro tempo di fronte al quale abbiamo anche meno difese a causa della frantumazione del tessuto solidaristico della famiglia e della società;
  • ci aiuterà ad essere un po’ meno presuntuosi nel pensare che la scienza da sola possa risolvere i problemi perché non basta avere conoscenze e produrre farmaci, occorre creare una coscienza sociale diffusa e condivisa;
  • ci aiuterà ad essere più realisti e a non pensare che basta fare una buona programmazione sanitaria a tavolino, ma occorre considerare tutti i fattori umani, sociali, culturali, economici che interagiscono nel vissuto personale e sociale;
  • ci aiuterà soprattutto a non vedere le persone solo come pazienti malati o a rischio, ma come soggetti attivi e protagonisti della loro salute e della salute del corpo sociale;
  • ci aiuterà, infine, a riprendere la più grande e potente azione preventiva di cui l’essere umano è capace e di cui oggi l’umanità ha particolarmente bisogno: l’educazione. Educare alla cura della propria persona e del bene comune, a stili di vita corretti e rispettosi di sé e degli altri, a comportamenti salutari e virtuosi, è certamente la più potente forma di prevenzione che si possa mettere in campo.

Nella certezza che già il nostro ritrovarci a riflettere assieme su questi temi sia un significativo passo avanti nel prendersi cura del bene comune, auguro a tutti buon lavoro.