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“Solo un’infermiera, orgogliosa di esserlo”. La professione nell’altro emisfero.

Chiara D'Angelodi
Chiara D'Angelo
Pubblicato il: 13/10/2016 vai ai commenti

Narrative Nursin(d)gNursing

Sfinita dal misconoscimento del valore della propria professionalità nel contesto sociale, tacciata di essere “solo” un’infermiera, Caitlin non resiste più e affida ai social network il proprio sfogo.

Se essere “solo” un’infermiera significa rianimare pazienti e bambini, assistere e dare dignità ai morienti, difendere i diritti dei pazienti in un sistema in cui vengono calpestati, rinunciare alle feste con la famiglia per stare vicino ai pazienti… se tutto questo significa essere “solo” un’infermiera, allora Caitlin si dichiara fiera di essere “solo” un’infermiera.

E’ il ritratto di una professione il cui potenziale, il cui valore e le cui attività quotidiane sono mal percepite nella comunità, catalogate come una sottoclasse del sottogruppo delle prestazioni rese in ambito sanitario, e non come la manifestazione concreta della complessità di una professione autonoma, con competenze, responsabilità, abilità e conoscenze che ne identificano la specificità.

“Credo che nella storia sia sempre stato un ruolo sottovalutato. La nostra professione però nel corso degli anni è cambiata enormemente, abbiamo tanti incarichi che in passato erano appannaggio esclusivo dei medici. La percezione del nostro ruolo non è cambiata di pari passo con le nostre mansioni”, così Caitlin stigmatizza il suo disagio e quello di un’intera professione.

Potrebbe essere il grido di protesta di molti nostri colleghi, quello di Caitlin, invece la sua voce viene da lontano, da molto lontano; Caitlin infatti è un’infermiera pediatrica australiana, che lavora a Queensland.

 

“Io sono solo un’infermiera? - scrive Caitlin -

Ho aiutato molti bambini nel mondo, alcuni avevano bisogno di un aiuto per il loro primo respiro. Eppure sono solo un’infermiera.

Ho tenuto le mani di pazienti e garantito loro la dignità mentre esalavano l’ultimo respiro, eppure sono solo un’infermiera.

Ho assistito genitori in lutto dopo la perdita di un figlio, eppure sono solo un’infermiera. Ho rianimato dei pazienti, eppure sono solo un’infermiera.

Ho conoscenze mediche che mi permettono di valutare, curare e gestire i pazienti, eppure sono solo un’infermiera.

Posso capire quando un neonato ha una diminuzione dell’entrata di aria in un polmone, eppure sono solo un’infermiera.

Posso istruire i pazienti, gli assistenti, gli infermieri, eppure sono solo un’infermiera.

Sono l’avvocato dei miei pazienti in un sistema sanitario che non sempre pone gli interessi dei pazienti in prima posizione, eppure sono solo un’infermiera.

Perderò le feste natalizie, i compleanni di miei figli, le recite scolastiche per prendermi cura dei pazienti, eppure sono solo un’infermiera.

Posso fare prelievi del sangue e suturare una ferita, eppure sono solo un’infermiera.

Posso gestire un arresto cardiaco in un neonato, in un bambino o in adulto, eppure sono solo un’infermiera.

Conosco la dose di adrenalina o amiodarone che può rimettere in vita un bambino in base al suo peso, eppure sono solo un’infermiera. Ho esperienza e conoscenze che hanno salvato la vita di alcune persone.

Quindi, se io sono solo un’infermiera, sono incredibilmente fiera di esserlo”.

 

- Leggi l'intervista a Caitlin su Huffpost QUI