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Storie di violenza sulle donne. I fiori mai arrivati

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 24/10/2016 vai ai commenti

Narrative Nursin(d)g

Da Gennaio ad oggi sono 91 le vittime di femminicidio.

Uccise. Da mariti, compagni, fidanzati, rapinatori, passanti e sconosciuti.

Uomini.

Vittime di un amore malato, del possesso, della gelosia o più semplicemente di uomini violenti per motivi futili.

Sono vite perdute.

Sono donne che potrebbero essere ancora vive se, avessero alla prima violenza, avuto il coraggio di chiedere aiuto e se, dall’altra parte avessero trovato un aiuto valido e competente.

Lucia Mielli. Infermiera, ci racconta in questo breve saggio, una storia di ordinaria violenza.

 

Aveva preso tante botte nella sua lunga vita. Forti, continue, violente. Non ce l'ha detto nessuno, è il suo corpo che ce lo ha raccontato. Piccolina e magra, aveva i capelli cortissimi che rivelavano la lunga cicatrice della recente operazione subita per emorragia cerebrale. Questa, l'aveva  lasciata senza parola, e senza memoria, e senza coscienza.  Se ne stava lì, come la si metteva, in una sorta di limbo, gli occhi chiusi, la bocca semiaperta dai denti scheggiati e grigi, emetteva di tanto in tanto dei suoni dalla gola, dal profondo dell'animo, col fiato spezzato.
Ma appena la si sfiorava si irrigidiva tutta e il suo corpo iniziava a vibrare, tremando di terrore. Gli occhi spalancati, lottava con tutte le sue forze, i pugni chiusi a ripararsi, il viso contratto in una smorfia dolorosa, emetteva dal cuore suoni di animale ferito. È venuto il personale con grande pena a raccontarmelo. Non la si poteva toccare, neppure per imboccarla. Viveva intimamente un immenso terrore immanente, un profondo stato di sofferenza, di ansia, di agitazione, un turbamento così grande che era uno strazio guardarla. A nulla servivano le nostre carezze, tocco lieve e delicato sulle mani, sul viso, parole pacate e rassicuranti. Con cautela parlai con il figlio, ci girai intorno un po', non riusciamo a capire, mi scusi, come mai questa piccola donna si comporta così, e poi gliela buttai il, sembra quasi che abbia paura, paura di essere picchiata. Col fiato corto, immobile, scrutai la sua reazione. Abbassò lo sguardo a terra, e si, confermò tutto, picchiata tanto, tanto, selvaggiamente, per anni, dal marito. Da mio padre.
Donna, sola tra le mura domestiche, che dovevano essere il tuo rifugio, nessuno ha avuto il coraggio di difenderti, l'inferno lo hai già vissuto, quaggiù, nel luogo più sicuro al mondo, nella tua casa, tra le braccia del tuo uomo.
Se ne è andata così, dopo qualche mese, in silenzio come era venuta, una polmonite forse, ma non ricordo bene.
La violenza sulle donne è qualcosa che schianta il cuore, cicatrici perpetue anche quando la pelle si è rimarginata. Indelebile in ogni cellula, che portano memoria della vigliaccheria più profonda e schifosa che esista. Sta notte ti voglio ricordare così, sorridente come non ti ho visto mai, riposa creatura fragile, che sia un pezzettino di paradiso, che ci deve essere un posto da qualche parte, lontano dagli uomini, lontano dal dolore, dove qualcuno restituisca il sorriso e la giovinezza e le carezze rubate e i baci non dati e i fiori mai arrivati.
Ognuno sta solo sul cuor della terra...