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Rinunciare alle cure non è una libera scelta: la triste storia di un'anziana che ha deciso di scegliere il sorriso del nipotino

Andrea Tirottodi
Andrea Tirotto
Pubblicato il: 06/11/2016 vai ai commenti

Le intervisteNurSind dal territorioVeneto

Ci sono scelte libere e ci sono non scelte...

 

Le prime dipendono certamente dalla tua sensibilità, dalla tua cultura e dai tuoi mezzi. Le seconde dipendono esclusivamente dai tuoi mezzi che possono essere consistenti o decisamente inappropriati e non corrispondenti a quanto scritto nella carta costituzionale all'articolo 36: il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sè e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. L'articolo 36 è applicato evidentemente anche ai pensionati e c'è da chiedersi se la pensione minima di oggi o poco più, rappresenti la corrispondenza a quel principio di libera e dignitosa esistenza richiamato dalla carta suprema.

 

Abbiamo trovato quindi impressionante il racconto della storia che ci ha voluto proporre Maria Rosa Genio (Leggi qui), l'Infermiera di Famiglia per antonomasia precorritrice e prima attuatrice in Italia della figura assistenziale di cui tanto si parla e che ancora stenta ad essere compresa ed attuata come svolta del servizio Sanitario Nazionale. Un racconto tremendamente reale che apre uno spaccato sulle difficoltà quotidiane che tanti stanno vivendo sulla propria pelle in uno stato impegnato nella lotta di potere e a cambiare la costituzione piuttosto che ad applicarla. Un racconto che comunque non ci sorprende posto che "in Italia sono 11 milioni gli italiani che nel 2016 hanno rinunciato alle cure sanitarie per difficoltà economiche e di questi una parte significativa (2.4 milioni) sono anziani e altrettanti (2.2 milioni) giovani in condizione di precarietà lavorativa (Leggi qui). Un dato che dovrebbe atterrire chiunque abbia responsabilità di governo ancora più scioccante se letto insieme ai dati del Rapporto Osservasalute (Leggi qui) che certificano inesorabilmente che per la prima volta in questi vent'anni, la vita media si sta accorciando.

 

Leggiamo allora il Racconto di Maria Rosa testimone diretta della scelta di una sua assistita:

Siamo a Novembre e, chi più chi meno, iniziamo a pensare a cosa far trovare sotto l’albero ai nostri cari per Natale. Nulla di strano se non fosse per il fatto che oggi siamo costretti a fare i conti con una realtà sempre più triste: assegnare delle priorità non in base al gusto personale ma a quello che dice il portafogli. In tanti diranno che è ormai una costante nella vita di molti Italiani ma oggi vogliamo raccontarvi della scelta che alcuni anziani con pensione minima, hanno deciso di fare: NON assumere un farmaco per poter comprare un pensierino per il proprio nipotino.

Il farmaco in questione è l’Acido Clodronico, non mutuabile, utilizzato principalmente nel trattamento dell'ipercalcemia neoplastica, dell'iperparatirodismo primitivo e delle lesioni ossee secondarie ad osteoporosi e patologie neoplastiche. Spesso prescritto in soluzione iniettabile, ha un costo che oscilla intorno ai 26.00 Euro in base al dosaggio, numero di fiale, azienda produttrice. A tale costo va poi aggiunta la prestazione da parte dell’infermiere che si reca a domicilio dell’assistito una volta alla settimana o due volte al mese in base alle indicazioni.

Considerando il fatto che ad oggi i risultati ISTAT ci dicono che il 23% delle donne oltre i 40 anni è affetto da osteoporosi, quanti saranno gli Italiani costretti a fare questo tipo di rinunce?

E’ chiaro che stiamo parlando di una fetta della popolazione e stiamo considerando casi specifici ma potremmo parlare anche di tutti gli altri che rinunciano a visite mediche ed accertamenti diagnostici perché non possono sostenere le spese di una visita privata.

Un Paese civile, non ti costringe ad effettuare tali scelte.

 

Come si può reagire di fronte ad una scelta del genere? Maria Rosa, da noi raggiunta telefonicamente, ci ha raccontato che:

questo è un caso eclatante ma che non è il solo. Da libera professionista mi trovo spesso a dover fare i conti situazioni di questo genere. Ricorro quindi a tutti gli strumenti in mio possesso per tentare di fare il massimo con il poco che i miei assistiti possono permettersi, ricorro alla tecnologia per evitare alcuni accessi a domicilio mantenendo la super visione del problema attraverso l'invio della foto di una lesione per esempio. Ricorro allo strumento dell'addestramento dei familiari in tutti i casi in cui questo è possibile. Certamente c'è in limite oltre il quale non posso andare perchè non posso correre il rischio che il problema del mio assistito possa sfuggirmi di mano ma questo è il lavoro di equilibrio tra possibilità e salvaguardia della salute che sono costretta a fare. Non nego che in qualche caso il rischio sia anche quello di rimetterci ma di fronte ad un'anziana che fa una scelta come quella che vi ho raccontato, come si può rimanere inermi e indifferenti?

 

Comprendiamo lo sfogo di Maria Rosa e le siamo gradi per l'attenzione con cui opera compiendo scelte difficili tra tutela della salute, onorabilità della professione e rispetto della dignità dei pazienti. Ci indigniamo come lei nella considerazione che uno stato come l'Italia possa permettere che i propri cittadini rinuncino alle cure enon siano tutelati dall'applicazione dei diritti costituzionali. I rapporti che abbiamo citato negli articoli cui rimandiamo sono inconfutabili e drammatici, la lettura che se ne ricava è quello di un appello perentorio ed improcrastinabile all'azione immediata: l'Italia investa sulla prevenzione, sulla medicina di prossimità e sull'assistenza diretta domiciliare, solo così si potrà comprendere il taglio ai servizi ospedalieri, solo così sarà possibile liberare risorse utili perchè nessuno debba più scegliere tra le cure e il sorriso di un nipotino.

 

Andrea Tirotto