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Cavicchi sul caos nei PS: pazienti e operatori “vittime diverse della stessa brutta politica”.

Chiara D'Angelodi
Chiara D'Angelo
Pubblicato il: 29/01/2017 vai ai commenti

Standard Assistenziali

Su Il Fatto Quotidiano.it abbiamo letto un articolo di Ivan Cavicchi intitolato “Sanità, di chi è la colpa se i malati restano bloccati nei pronto soccorso” con cui il professore tratteggia le criticità che sono sotto gli occhi di tutti quando costretti a ricorrere al Pronto Soccorso: sovraffollamento, barelle che diventano posti letto provvisori in ogni dove, pochissimo personale che fa i salti mortali tra un paziente e un altro, attese lunghissime, ecc.

 

E dalla penna di Cavicchi non può che uscire un'analisi compiuta, per andare a comprendere quali siano i meccanismi che generano questa situazione, i cui tratti fondamentali sono un aumento (per quanto riguarda l'area romana) della mortalità in Pronto Soccorso, attesa media di 4-5 ore per la visita, in un contesto in cui gli accessi al Pronto Soccorso aumentano (circa 30 milioni all'anno, con un incremento tendenziale del 5-6%) e, per converso, i casi di reale emergenza, fra questi, sono quasi “residuali” (sull'ordine del 15%). Un bel caos, quindi.

Ma perchè il nostro sistema di accoglienza dell'emergenza è in questo stato? Cavicchi risponde a questa domanda.

Il primo punto, dolente, è che il Pronto Soccorso rimane spesso, purtroppo, l'unico riferimento certo per avere risposta al proprio bisogno sanitario: "la gente preferisce aspettare ore al Pronto Soccorso piuttosto che rivolgersi al medico di base, perché il Pronto Soccorso una risposta la dà sempre e comunque, mentre quella del territorio è incerta e insicura".

C'è poi l'aspetto legato alle liste d'attesa per le prestazioni sanitarie: chi deve svolgere un'esame o una visita, piuttosto che attendere settimane o mesi secondo la lista d'attesa della programmazione, “accorcia” la strada attraverso il Pronto Soccorso, e non rappresentano un valido deterrente i venti euro di ticket da pagare per i codici bianchi.

Il secondo nodo critico che costringe i PS nella situazione in cui quotidianamente versano riguarda, secondo Cavicchi, la politica di razionalizzazione indiscriminata delle risorse delle politiche sanitarie. A partire dalla drastica riduzione di posti letto (-71mila in dal 2000 ad oggi), che ha portato l'Italia al di sotto della media europea, senza che per converso le strutture territoriali siano state adeguate e organizzate per dare ai cittadini la risposta assistenziale, para ed extra ospedaliera, che pur è necessaria.

Terzo punto, assai dolente anch'esso, la riduzione del personale sanitario. Cavicchi fa in questo caso riferimento ai dati del Conto annuale 2015 della Ragioneria dello Stato, che sancisce una riduzione, in un solo anno, di 10mila dipendenti del servizio sanitario; oltre 40mila dipendenti in meno se confrontiamo il dato 2015 con quello 2009 (Clicca).

Quali dunque le responsabilità e quali le soluzioni? Per Cavicchi tutto si può sintetizzare in una sola locuzione, che dà conto delle cause di questo dissesto e che al tempo stesso rappresenta la via d'uscita: politiche sanitarie.

Politiche sanitarie incaute e sbagliate che hanno puntato ai tagli lineari senza riorganizzare i servizi e il sistema, che hanno “congelato” il personale con il blocco delle assunzioni e del turn-over.

Politiche sanitarie che hanno il dovere di ripensare, riorganizzare e reimpostare il sistema sanitario, per salvarlo e per dare ai cittadini ciò che è loro diritto sacrosanto ricevere: la salute.

Fa una considerazione amara, Cavicchi, ma purtroppo drammaticamente realistica: “sono le politiche sanitarie ad ammazzarci, colpendo i più deboli, quelli che non hanno voce e non protestano mai”; e spesso ce la prendiamo con le persone sbagliate: pazienti e operatori sanitari sono, invece, “vittime diverse della stessa brutta politica”.

In questo sistema, privo degli strumenti per poter funzionare come dovrebbe, il risultato, in ultima analisi, è lasciato alla coscienza degli operatori: è da questa che dipende la qualità delle cure che il paziente riceve, è a questa che va il ringraziamento di Cavicchi per tutto quanto è stato fatto per sua madre, che ora purtroppo non c'è più, ma che ha attraversato con lui il Pronto Soccorso del “Gemelli”, ne ha vissuto insieme il caotico delirio, ha ricevuto le cure del reparto, la professionalità degli operatori, tutto quanto necessario per la sua assistenza. Il nostro sistema ha grandi risorse da esprimere, può e deve dare grandi performance ai cittadini, cui spettano. E' tempo che abbia anche politiche sanitarie e organizzative adeguate a questi grandi scopi.

 

Fonte: Il Fatto Quotidiano

- Per approfondimento leggi anche: QS "Tutti quegli operatori sanitari che hanno votato No al referendum" QUI