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Intervista a Ivano Migliorini infermiere specialista nella indicazione, impianto e gestione degli accessi vascolari

Elsa Frogionidi
Elsa Frogioni
Pubblicato il: 05/02/2017 vai ai commenti

Le intervisteNursing

Ivano Migliorini infermiere dipendente  dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Policlinico Agostino Gemelli a  Roma e per la stessa Università, dal 2003 è coordinatore scientifico e docente  ai Master annuali di I e II livello per la gestione e impianto ecoguidato di accessi venosi periferici e centrali e  dal 2008 docente dei corsi di Perfezionamento Universitario “Impianto eco guidato di sistemi venosi centrali totalmente impiantabili” e “Sistemi venosi a medio termine tipo PICC e Midline: indicazioni, impianto, gestione”.

La sua attività professionale e formativa lo porta a contatto con differenti realtà nazionali e internazionali con le quali ha la possibilità di confrontarsi; ci è sembrato quindi opportuno, intervistarlo su alcune problematiche che gli infermieri italiani incontrano nell’ambito specifico dell’indicazione, gestione, impianto dell’accesso venoso più appropriato alle necessità terapeutiche e sicurezza dei pazienti. Uno stimolo alla riflessione sulla funzione infermieristica nell’assistenza dove è richiesta una competenza specialistiche o esperta.

Sei uno tra i primi infermieri ad essere docente e tutor in Master di specializzazione corsi di perfezionamento sugli accessi venosi relativi sia alla gestione che al loro impianto. Quanti professionisti hai formato tra medici e infermieri?...e quanti di questi credi abbiano messo in pratica gli insegnamenti?

 Per quanto riguarda il Master in Accessi Venosi possiamo calcolare circa 650 discenti, a cui vanno sommati i partecipanti dei corsi universitari specifici per l’impianto di PICC e Midline. Per quanto mi riguarda credo che il numero globale si avvicini ai 1000 discenti formati (ovviamente in collaborazione con i colleghi del PICC Team). Tutti loro hanno sicuramente cambiato in meglio l’approccio all’accesso venoso in tutte le sue fasi, e una buona parte (sempre crescente) di questi oggi impianta cateteri venosi per via ecoguidata. Molti dei partecipanti ai nostri progetti formativi oggi svolgono a loro volte attività didattica su questa materia e sono spesso brillanti relatori negli eventi GAVeCeLT.

Secondo il documento sull’EVOLUZIONI DELLE COMPETENZE approvato dalla FNC Ipasvi nel 2015 (MODELLO IPASVI SU EVOLUZIONE COMPETENZE INFERMIERISTICHE.pdf) la suddivisione delle competenze cliniche sono definite su 3 livelli:

“perfezionate”

“esperte”

“specialistiche”

L’attuale offerta formativa specialistica nel nursing e impianto dei cateteri PICC/Midline si inserisce in questo schema?

Direi di si. Nello specifico ritengo che gli infermieri che abbiamo frequentato con buon esito il Master in Accessi Venosi possono essere indicati come professionisti con competenze cliniche “esperte”, mentre chi avesse frequentato con buon esito uno dei nostri corsi per impianto di PICC e Midline potrebbe essere indicato come professionista con competenze cliniche “perfezionate”.

Sicuramente conosci l’esperienza estera dei professionisti infermieri impegnati in questo settore specialistico. Quali sono le differenze che riscontri rispetto alla realtà in cui operano i professionisti infermieri italiani con uguali competenze?

 Il panorama europeo e mondiale offre scenari infermieristici molto diversi tra loro. Se prendiamo in considerazione i professionisti infermieri con competenze simili alle nostre per quanto riguarda gli accessi vascolari, direi che la principale differenza sia nel maggiore riconoscimento professionale,  sociale ed economico. In altre realtà si parte con una maggiore considerazione di base del professionista infermiere, che poi si arricchisce di stima per coloro che proseguono nel percorso formativo. Mi piacerebbe poter affermare in modo convinto che l’aver “concesso” al professionista infermiere italiano la possibilità di gestire gli impianti venosi dei pazienti in ogni loro momento clinico (indicazione, scelta del presidio, impianto, gestione) sia stata una scelta maturata solo dal riconoscimento di una accresciuta professionalità -e in molte realtà è andata effettivamente così-, resta però l’amaro dubbio che in altri casi si sia scelto di seguire questa strada solamente perché gli infermieri sono ottimi professionisti, abituati al lavoro, con grande spirito di sacrificio e…più contenuti dei colleghi medici per quanto riguarda i riconoscimenti economici.

Quali azioni potrebbero migliorare lo sviluppo e riconoscimento delle competenze infermieristiche in questo settore? (In Italia)

L’unica strada che intravedo è quella della convinta ed entusiastica ostinazione che pervade la parte buona della nostra professione (non credo esistano realtà esenti da zone d’ombra). Nel lungo termine le accresciute capacità e competenze infermieristiche non potranno non essere riconosciute e a quel punto inevitabilmente aumenterà il “peso contrattuale” del professionista infermiere.

I tuoi progetti futuri?

Continuare ad alimentare quella parte di me che crede fermamente in tutto quello che ti ho raccontato fino ad ora cercando di mettere a tacere la controparte che si guarda intorno e fatica a scorgere luce nel futuro sociale, economico e (conseguentemente) sanitario del nostro paese.