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Lavorare troppo fa male, anche entro l'orario “standard”

Chiara D'Angelodi
Chiara D'Angelo
Pubblicato il: 07/02/2017 vai ai commenti

Centro studiEstero

Uno studio della Australian National University Research School of Population Health pubblicato su Social Science & Medicine mette in guardia sugli effetti dannosi dell'eccesso di lavoro.

 

Sembrerebbe una scoperta non esattamente innovativa, se non fosse per il fatto che i ricercatori guidati da Huong Dinh, analizzando un campione di 8000 lavoratori australiani della Household, Income and Labour Dynamics in Australia Survey hanno evidenziato come l'eccesso di lavoro non debba considerarsi soltanto come lo stato secondo cui il lavoratore presta la propria attività ben oltre gli orari convenzionali (“workaholism”), ma debba considerarsi tale anche se si superano le 39 ore medie settimanali.

Ben al di sotto, quindi, delle 48 ore previste dalle norme internazionali, anche se le 39 ore indicate come death line dalla ricerca assumono connotazioni diverse in base al genere.

L'assommarsi delle attività lavorative con tutto il surplus derivante dalla cura della famiglia e della casa, infatti, graverebbe maggiormente sugli effetti negativi per le donne, in riferimento alle quali lo studio individua in 34 ore settimanali il limite “salutare” delle prestazioni lavorative extra familiari.

Diverso il discorso per gli uomini, invece, che potrebbero lavorare fino a 47 ore senza ripercussioni negative, sempre che si dia per certa la loro estraneità alla partecipazione ai lavori domestici.

 

Fonte: Social Science & Medicine Volume 176, March 2017, Pages 42–51