L'Italia è il Paese più vecchio d'Europa ma i servizi e l' assistenza agli anziani sono inadeguati.
E’ stata presentata a Roma, nella sala Aldo Moro, la ricerca di Claudio Falasca, condotta per Auser : “La Domiciliarità e la Residenzialità per l’invecchiamento attivo”.
Il lavoro prodotto prova a fare un quadro delle condizioni in cui versa la popolazione anziana nel nostro Paese, ed il quadro che ne viene fuori assume contorni drammatici; un sistema di assistenza domiciliare e residenziale inesistente o se presente, disorganizzato, distribuito a macchia di leopardo in tutto il territorio, con gravi disparità tra Nord e Sud.
Una popolazione anziana e sola, famiglie costrette ad indebitarsi per pagare l’assistenza ad un familiare non autosufficiente.
L’Italia è il Paese più vecchio d’Europa: il 21,4 % della popolazione ha più di 65 anni ed il 6.4% ne ha più di 80.
L’Istat prevede che entro il 2050, la percentuale della popolazione anziana salirà al 34,3% (21.775.809).
Ma ad aumentare è solo la percentuale di anziani, perché tutto il resto del mondo che vi gravita intorno diminuisce drasticamente.
La domanda di assistenza che è sempre più crescente,non trova risposte in un Sistema sanitario che non risulta essere adeguata, a fronte di una spesa che cresce, se oggi il costo dell’assistenza è l’1,9% del Pil, entro il 2060 sarà il 3,2 % del Pil.
Cosa è in netta diminuzione nel nostro Paese?
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Diminuiscono gli anziani presi in carico dai servizi, - 9,1%;
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diminuiscono gli anziani che percepiscono l’indennità di accompagnamento, passando dal 12,6% al 12,0%;
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diminuisce la spesa per i servizi sociali dei Comuni e delle Regioni, - 7,9%;
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diminuisce il Fondo per le politiche nazionali, che raggiunge i livelli del meno 30-40%, vittima dei tagli indiscriminati delle varie leggi finanziarie che si sono susseguite.
La rete domiciliare e residenziale è inadeguata, queste le percentuali i diffusione sul territorio nazionale:
a livello nazionale i comuni che offrono il servizio di assistenza domiciliare integrata nel periodo 2009-13 sono passati dal 41,9% al 41%. Nel Nord ovest l’offerta del servizio aumenta passando da 38,5 a 43,4% dei comuni, nel Nord est c’è una contrazione netta nel numero dei comuni passando dal 73,8% al 54,8%, anche nel centro diminuiscono i comuni dal 51,7% al 43,3%. Nel Meridione i comuni aumentano dal 32,4 al 37,4%, lo stesso nelle isole dal 7,8 al 10,3%.
Nel quinquennio 2009-13 i comuni che offrono il servizio di assistenza domiciliare (SAD) agli anziani diminuiscono passando a livello nazionale dall’86,3 all’85,7%.
Nelle diverse aree geografiche l’offerta del servizio diminuisce in tutte con l’eccezione del centro e delle Isole. Nel Nord ovest l’offerta diminuisce passando dal 91,3 all’89,9%, nel Nord est dal 94 al 90,8%, nel Meridione 74,9 al 72,2, nel Centro invece aumenta dall’83,2 all’83,7 e nelle Isole dall’82,9 all’84,7%.
Nelle residenze per anziani diminuiscono i posti letto: al 31 dicembre 2013 risultano attivi nel nostro Paese 12.261 presidi residenziali pubblici o privati.
Per il 75,3% sono distribuiti nel centro nord, nel Sud e nelle Isole i presidi sono rispettivamente il 13,4% e l’11,5%. Le Regioni con il maggior numero di presidi sono: la Lombardia con il 14,3%, l’Emilia Romagna con il 12,7% e il Piemonte con il 10,4%.
Dal 2009 al 2013 i presidi sono diminuiti del 7,2%.
E se il nostro Sistema Sanitario non risponde, gli anziani pesano sulle famiglie, che sono ormai con l’acqua alla gola, costrette a dar fondo ai risparmi, a vendere la casa anche in nuda proprietà per pagare l’assistenza al proprio caro non autosufficiente.
Ad oggi non si sa, complice la piaga del lavoro in nero, quanti siano i lavoratori o le lavoratrici che svolgono la professione di assistenti familiari. Gli unici dati che abbiamo sono quelli desumibili dall’Osservatorio Inps sul lavoro domestico:
nel 2015 i lavoratori domestici erano 886.125, di questi 375.560 (il 42,4%) sono badanti. Dal 2009 al 2015 il loro numero è in progressiva crescita, assoluta e percentuale, passando dal 26% dei lavoratori domestici nel 2009 al 42,4%, con un incremento del 46,1%.
Il 53,1 delle badanti svolge la sua attività nel Nord, nel Centro sono 25,1% nel Sud l’11,5% e il 10.4% nelle Isole. La regione con il maggior numero di badanti è la Lombardia con il 15%, seguita dall’Emilia Romagna con l’11,6% la Toscana con il 10,4% e il Lazio con il 9%.
Tra il 2009 e il 2015 c’è stato un rilevante incremento delle badanti di età compresa fra i 55 e i 65 anni.
L’unico dato positivo ed in crescita che la ricerca rileva è l’apporto del volontariato, che sale al 28,1%.
Lo studio non si limita a fotografare il Paese, ma ha anche un carattere propositivo, con una serie di proposte finali che potrebbero essere risolutive:
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Istituire il Fondo Unico per la non autosufficienza finanziato con risorse aggiuntive rispetto a quelle pubbliche, per favorire una dignitosa permanenza degli anziani presso il proprio domicilio evitando il rischio di istituzionalizzazione.
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Istituire il “registro degli assistenti familiari” per facilitare la ricerca di assistenti qualificate,sostenere la crescita professionale e l’inserimento lavorativo. Far emergere il nero nel lavoro di cura, il costo della regolarizzazione non deve essere troppo elevato per le famiglie, prevedendo misure di detrazione dal reddito e nel contempo dovrà garantire un ritorno economico per le lavoratrici.
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Ampliare l’offerta di residenzialità aumentando i posti letto in modo da allineare il nostro Paese alla media dei paesi Ocse e diminuire il divario fra Nord e Sud.
Il Presidente Auser, Enzo Costa ha così commentato l’importanza dello studio: “Abbiamo promosso questa ricerca per valutare in che misura il sistema italiano di assistenza agli anziani è in grado di far fronte ai mutamenti in corso e a quelli futuri. L'orizzonte a cui guarda la nostra associazione è quello della promozione di una cultura dell'invecchiamento attivo come prevenzione della non autosufficienza e a un diverso modello di residenzialità nel territorio, aperto, solidale, inclusivo”.