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Testamento biologico, salta fuori l'obiezione di coscienza. Le riflessioni di Ivan Cavicchi

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 15/02/2017 vai ai commenti

Attualità

Riuscirà mai questo Paese ad avere una Legge sul Testamento biologico, che non sia un’accozzaglia di contraddizioni?Che non sia un involucro vuoto ed inapplicabile?

E’ ancora terreno di scontro il testo di legge sui DTA, e in attesa che il 20 febbraio arrivi in Aula, in XXII Commissione Affari sociali si continua a dibattere.

Motivo di controversia stavolta è l’articolo 1 e l’emendamento che ne modifica il comma 7.

Il testo, in prima stesura all’articolo 1 comma 7, recitava:

“Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa del paziente e in conseguenza di ciò è esente da responsabilità civile o penale”.

L’emendamento a firma Antonio Palmieri (FI) e Elena Carnevali(Pd), sostanzialmente lo riscrive:

“Il medico è tenuto a rispettare la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario e di rinunciare al medesimo, ed in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale. Il paziente non può esigere trattamenti sanitari, contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche assistenziali”.

La prima a scagliarsi contro l’emendamento è stata Silvia Giordano (M5S), che ha ritenuto non corretto inserire in un articolo di legge , riferimenti al codice deontologico, , che di fatto può essere modificato in qualsiasi momento; dello stesso avviso, Marisa Nicchi(SI) e Raffaele Calabrò (Ncd), quest’ultimo ha aggiunto che la modifica effettuata “alimenta confusione tra il ruolo del paziente e quello del medico”.

A difesa invece si è schierato il Presidente della XII Commissione, Mario Marazziti, che ritiene come questa riformulazione del comma 7, salvaguardi il paziente da trattamenti come il metodo Stamina, contrario a norma di legge; la precisazione non ha convinto la pentastellata Giordano, perché Stamina che non si basa su evidenze scientifiche, non ha niente a che fare con la legge sui Dat.

Sempre a difesa dell’emendamento, la relatrice Donata Lenzi, che ha chiarito come la riformulazione del comma, abbia lo scopo di esaltare il ruolo del medico, la cui funzione non può essere di mero esecutore.

Insomma si procede a rilento, intanto i lavori sono stati interrotti, e Paola Binetti (Udc), Raffaele Calabrò (Ndc) e Gianluigi Gigli (DeS- Cd), chiedono un lasso di tempo maggiore per riformulare concetti che sono complessi ed hanno bisogno di riflessione, pena l’abbandono dei lavori.

Si continua a formulare e riformulare gli articoli, stavolta mettendo tirando in gioco l’obiezione di coscienza _ Il paziente non può esigere trattamenti sanitari, contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche assistenziali .

A questo proposito facciamo nostre le riflessioni di Ivan Cavicchi in merito.

Il professore Cavicchi, ritiene che rivendicare l’obiezione di coscienza è come ritenete il testamento biologico eutanasia, ed il testamento biologico non può e non deve esserlo.

Chi invoca l’obiezione di coscienza, dovrebbe invocarla sempre, anche contro gli abomini della malasanità, rilevabili in morbilità e mortalità, in nome dell’economicismo.

Invocare l’obiezione di coscienza non ha senso, perché trovandosi di fronte all’incommensurabilità di due teorie, che hanno a che fare con due diritti, si rischia di ledere l’uno o l’altro.

Il legislatore dovrebbe superare questo problema, diversamente può diventare paralizzante, rischiando che il testamento biologico si concretizzi in un testo di legge che dice tutto il contrario di tutto.

Bisogna trovare quindi un criterio di confrontabilità, e questo non può essere che il cittadino, il cittadino che ha il diritto di scegliere.

Inoltre la legge sul testamento non può e non deve imporre una morale, ma permettere alla morale di ciascuno di noi di esprimersi.

Cavicchi definisce il testamento biologico come: “ un accordo sociale che riguarda il governo della malattia tra malato e medico tra cittadini e medicina fondato sulla predicibilità eventuale delle situazioni e delle contingenze con il quale vengono definiti caso per caso ipotesi di rapporto tra ciò che è morale e ciò che è naturale”.

Dentro questa definizione c’è un altro modo di fare medicina, lontana dalla vecchia concezione prestazionalistica, un nuovo modo di affrontare la malattia, in cui il medico non è spettatore o mero esecutore, ma coautore di un accordo consensuale tra medico e paziente.

Non si tratta di “rinunciare a combattere la malattia” ma di curare la malattia in un altro modo, cioè di un altro genere di cura, combattendo semmai tutto quanto nella cura è irragionevole e privo di buon senso.

 

Fonte:

http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=47899

http://www.quotidianosanita.it/governo-e-parlamento/articolo.php?articolo_id=47846