Iscriviti alla newsletter

Nessun obbligo di fedeltà. Denunciare il datore di lavoro non giustifica il licenziamento.

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 20/02/2017 vai ai commenti

Leggi e sentenze

All’interno di un rapporto dipendente, la denuncia del lavoratore alla Procura della Repubblica o all’autorità amministrativa, nei confronti del datore di lavoro, non comporta una responsabilità disciplinare, a meno che, l’oggetto della denuncia sia volutamente mendace.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza 4125 del 2107, in merito al licenziamento di un dipendente di un’azienda alimentare.

I fatti

Il lavoratore in questione, era stato licenziato per giusta causa; a questo era stato contestato di avere sottoscritto un documento, indirizzato alla Procura della Repubblica di Velletri ed al Ministero del Lavoro, con il quale denunciava l’utilizzazione illegittima della cassa integrazione guadagni straordinaria, ed altre violazioni in tema di disciplina contrattuale del lavoro straordinario, utilizzazione dei fondi pubblici e sulla intermediazione di manodopera.

I primi gradi di giudizio ne avevano confermato il licenziamento; il giudice in appello aveva sentenziato che il diritto di critica non legittima il lavoratore ad intraprendere iniziative che ledano l’immagine ed il decoro del datore di lavoro, con un pregiudizio per l’azienda.

La Corte Territoriale aveva evidenziato come il comportamento del lavoratore, avesse leso il rapporto fiduciario e quindi impedisse il proseguimento del rapporto di lavoro.

 

La Cassazione

 

Per la Cassazione, il diritto alla critica non legittima il lavoratore solo quando questo travalichi con dolo o con colpa, la soglia del rispetto della verità oggettiva, quando le proprie affermazioni sono mendaci, e divulgate all’esterno siano pregiudizievoli per l’azienda e per i datore di lavoro.

Nel caso specifico, la denuncia era stata fatta solo alle autorità competenti, per cui non vi era stata fatta divulgazione in ambiti con consoni.

Il licenziamento del lavoratore è dunque illegittimo, a meno che non emerga il carattere calunnioso della denuncia e la volontà dello stesso ad accusare il datore di lavoro di fatti non accaduti o non commessi.

E’ da escludere l’obbligo di fedeltà che ha giustificato il licenziamento, perché qualora in azienda si consumino fatti illeciti, il tacere del lavoratore non sarebbe altro che un atto omertoso, che non ha posto nel nostro ordinamento.

Sarebbe come se le Istituzioni spingessero il cittadino ad una condotta omertosa, mentre lo Stato di diritto, attribuisce valore civico e sociale all’iniziativa del provato che solleciti l’intervento dell’autorità giudiziaria, quale ravvisi degli illeciti (Potere di denuncia, art 333 Cpp).

Dalla sentenza della Cassazione, si evince, che fatto salvo il caso in cui, l'iniziativa sia stata strumentalmente presa nella consapevolezza della insussistenza del fatto o della assenza di responsabilità del datore, il licenziamento è illegittimo.

 

Fonti:

La sentenza 4125/2017