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Permessi ex L. 104/92: dev’esserci assistenza al disabile, altrimenti è truffa

Chiara D'Angelodi
Chiara D'Angelo
Pubblicato il: 22/02/2017 vai ai commenti

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La Corte Costituzionale si è recentemente espressa con una sentenza importante sul piano della giurisprudenza in ordine all’utilizzo dei permessi ex legge 104/1992.

 

In sostanza, dopo precedenti sentenze che, nella fattispecie, configuravano il delitto di danno patrimoniale, per la Suprema Corte il dipendente che utilizzi i 3 giorni di permesso mensili ex legge 104/1992 ed i congedi straordinari non per assistere il disabile ma per concedersi esclusivamente un riposo è imputabile di truffa.

La Cassazione ribadisce che i giorni di permesso ex L. 104 non si possono considerare giorni di ferie (per i quali invece esiste un altro istituto giuridico) ma sono dei giorni che il Legislatore ha concesso a chi si fa carico dell’assistenza dei disabili per alleggerire il carico quotidiano, esonerando il beneficiario dall’attività lavorativa.

Tra le righe si capisce, quindi, che durante i giorni di permesso ex L. 104 il beneficiario deve comunque prestare attività di assistenza al disabile, ma l’esonero dalla prestazione lavorativa gli consente di beneficiare di alcune ore da poter dedicare al riposo e a se stesso. Alcune ore, e non i giorni interi.

La Corte inoltre ribadisce l’interpretazione giurisprudenziale secondo cui l’attività assistenziale non deve necessariamente sostituire quella lavorativa (ossia il beneficiario del permesso non è obbligato a prestare assistenza al disabile durante tutto quello che sarebbe il suo orario lavorativo), ma non può usufruire di tali gironi di permesso senza prestare alcuna attività assistenziale al disabile.

Niente viaggi di piacere, quindi, usufruendo dei permessi 104 se non si vuole finire nei guai per truffa!

La sentenza arriva nel corso di un processo nel Comparto della Scuola (in cui circa il 13% del personale usufruisce di questi permessi), ma detta la linea di principio che vale per tutti i beneficiari della L. 104/1992.

 

- LA SENTENZA n. 3209, 23 dicembre 2016 (II sezione penale) QUI