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“A Sassari non è stata istituita nessuna Breast Unit”

Andrea Tirottodi
Andrea Tirotto
Pubblicato il: 23/02/2017 vai ai commenti

Le intervisteNurSind dal territorioSardegna

La Sardegna e Sassari sono al centro di una pesantissima riforma del Servizio Sanitario Regionale che ha l’obbiettivo di renderlo sostenibile elevandone al contempo il livello della qualità. Un piano di riforma che ha preso vita nel dicembre del 2014, che ha definito la creazione di un’unica azienda sanitaria e un piano di razionalizzazione della rete ospedaliera e dei servizi approvato con Deliberazione n. 38/12 del 28.7.2015: Programma di riorganizzazione della rete ospedaliera della Regione Autonoma della Sardegna.

All’interno di quel piano è scritto il futuro della sanità sarda e ne sono disegnati i contorni e i confini come in un Risiko e nella  tabella, le Breast Unit non erano nemmeno contemplate ricadendo in un generico “chirurgia toracica” da attivarsi a Cagliari indicato come polo oncologico regionale, nel quale sarebbe dovuto ricadere quindi anche il percorso per i malati di tumore al seno.

Insomma delle Breast Unit così come approvate non c’era nemmeno traccia, per questo motivo era cominciata una assidua campagna di protesta e sensibilizzazione su un problema che vedeva Sassari candidata ideale alla sua istituzione anche in virtù di un triste elevato numero di casi anno, ben superiore al requisito minimo di 150 individuati dalle linee guida. Campagna cominciata nella società civile alla quale con qualche atto formale si erano aggiunte anche parte delle istituzioni cittadine.

Di fatto, al 31 dicembre 2016, termine ultimo previsto per l’istituzione delle unità cui deve seguire il percorso di accreditamento, a Sassari non è stato istituita nemmeno sulla carta una Breast Unit nonostante tutte le promesse fatte dalla politica. La goccia che ha fatto traboccare il vaso dell’indignazione è stato poi scoprire che la struttura privata finanziata dai fondi sovrani del Qatar, per la cui apertura saranno ceduti 264 posti letto, a regime nel 2018, di sanità pubblica, aprirà presto i battenti puntando subito sulla Breast Unit (Leggi Qui). Considerato che a Cagliari l’istituzione era stata predisposta da tempo e per tempo, la notizia non ha fatto che gettare nello sconforto tutto il movimento che tante energie aveva speso nella lotta per Sassari e il territorio del nord Sardegna, devastato da problemi di inquinamento che nel tempo hanno fatto registrare picchi di patologia tumorale fuori controllo.

La politica è dovuta quindi correre ai ripari prima che la protesta assumesse dimensioni preoccupanti per la stabilità delle poltrone su cui saldamente sono adagiate le personalità del territorio che svolgono il mandato di parlamentare regionale ad esempio. Così, il direttore generale dell’Aou Antonio D’Urso, con delibera 79 del 17 febbraio 2017, ha approvato la “attivazione in fase preliminare e sperimentale di un percorso di diagnosi e cura del tumore alla mammella”, nominando i referenti del percorso, uno spazio ambulatoriale e un numero verde di riferimento (Leggi la delibera).

A questo punto si è scatenato un coro di giubilo di cui si sono resi protagonisti i soliti personaggi istituzionali, financo alcuni sconosciuti attori politici e sindacali, tutti pronti a rivendicare un qualche merito per l’istituzione della Breast Unit.

Partita chiusa verrebbe da dire, Sassari avrà la sua Breast Unit.

A riportare tutti con i piedi per terra ci ha dovuto pensare qualcuno di insospettabile, qualcuno che poteva fare la voce grossa perché direttamente interessato dal problema, vissuto direttamente sulla propria pelle e che per questo motivo, non ha nessuna intenzione di farsi prendere in giro da giochi di parole che vendono qualcosa per quello che non è. Una presa di posizione che se da un lato ha ridimensionato il clamore e deluso le donne malate di tumore al seno, dall’altro ha consentito di spiegare con chiarezza che a Sassari non è stata istituita nessuna Breast Unit e che quanto disposto dal direttore D’Urso si configura più come atto di buona volontà, nelle more che la Regione Sardegna spieghi chiaramente se ci si trova di fronte all’ennesimo diritto negato o cosa.

L’insospettabile di cui parliamo è una donna, malata di tumore al seno, accorsa nella battaglia intrapresa da altre donne malate e combattenti come lei in un gruppo che si definisce di “Donne Libere in Lotta per un Diritto”.

Abbiamo raggiunto Luana Farina al telefono per farle alcune domande le cui risposte vi proponiamo nell’intervista che segue.

 Chi è Luana Farina?

Luana FarinaUna donna qualsiasi dallo spirito combattivo formatosi nella militanza femminista, attiva nel sociale, contro la violenza sulle donne e il femminicidio, malata di tumore, sempre sulle barricate ovunque ci sia un’ingiustizia e un diritto negato. Laureanda in filosofia a 60 aa dopo aver superato sotto chemio, gli ultimi tre esami.

Rappresenta una qualche associazione?

Non rappresento nessuna associazione, ma mi sono ritrovata immediatamente coinvolta con le amiche di sempre, Sonia Pippia membro della commissione delle pari opportunità, Annalisa Ciani, che avevano cominciato una raccolta di firme che ne ha fruttato 70000 per la breast, completamente disattese, depositate in commissione e in regione da Sonia senza che l’assessore l’abbia mai ricevuta.

E’ diventata comunque un punto di riferimento in questa battaglia, è molto seguita nei social

Non sono e non voglio essere un punto di riferimento per nessuno, non credo nelle battaglie individuali, nell’individualismo, credo nella rivendicazione collettiva. Punto di riferimento è la rivendicazione di un diritto, sanitario in questo caso ma si può estendere all’ambiente al lavoro alla scuola alla cultura e a tutte le ferite della nostra terra, ferita nel corpo come lo sono i nostri, feriti da un cancro.

Ci definiamo Donne Libere in Lotta per un Diritto, non aspettiamo l’8 marzo per rivendicare qualcosa.

Luana andiamo al sodo, cosa è stato approvato a Sassari presso l’Aou?

Cerchiamo di fare chiarezza. I tempi per l’istituzione di una Breast Unit, anche solo sulla carta, così come previsto dalle indicazioni europee recepite dallo stato italiano nel documento della conferenza stato regioni del dicembre 2014, scadevano il 31 dicembre 2016 (Leggi il documento). Le Breast Unit così istituite, avrebbero poi subito un percorso di certificazione secondo le linee guida europee approvate e recepite. Una in ogni capoluogo di provincia con almeno 150 malati tumore al seno.

La delibera D’Urso attiva un percorso terapeutico assistenziale del tumore alla mammella. Quello che ci preoccupa sono i termini “preliminare” e “sperimentale” usati nella delibera. La Breast è qualcosa di specifico, solido e certificato e quindi non possiamo considerare la delibera come l’atto formale di apertura della Breast Unit. C’è buona volontà da parte della direzione generale dell’Aou, la si evince dall’istituzione di un numero verde che dovrebbe aprire il percorso fuori dalle dinamiche del CUP (Leggi qui) ma il problema è della politica che si è fatta sfuggire l’opportunità di istituirla nei tempi stabiliti.

Mentre una breast è una struttura unica fisica che si occupa del tumore dalla prevenzione (Approfondisci) fino alla guarigione della paziente, un luogo fisico che raccoglie ambulatori, sale operatorie, laboratori, riabilitazione, questo non sarà possibile a Sassari per la logistica delle strutture che sono ubicate in sedi diverse e che già oggi sono di difficile accesso per la totale mancanza di indicazioni e percorsi. Ricordiamo che le possibilità di guarigione all’interno di una breast aumentano del 18% proprio perché il percorso è unico e i pz sono super monitorati. La direzione generale dell’Aou non ha mai parlato di breast e si guarda bene dal farlo; chi continua a chiamare breast questo “percorso di diagnosi e cura”, sono i politici a tutti i livelli compresi quelli che sono intervenuti con le interrogazioni del caso. Cagliari ha attivato la brest così come da linee guida europee, come Olbia; Sassari con oltre 300 malati, senza contare quelli che si spostano altrove per le cure, rimane al palo. Quello che si farà a Sassari se si farà, sarà qualcosa di simile ma non potrà essere e non sarà comunque una breast, nonostante i politici continuino a chiamarla così inopportunamente. Noi stiamo chiedendo almeno un centro senologico multidisciplinare che si fonda sui principi operativi e organizzativi della breast.

Luana come giudica l’aver “venduto” questa specialità al Mater di Olbia che al 2018 avrà sottratto 264 posti letto di sanità pubblica?

Il Mater Olbia rientra tra quelle scelte politiche che rafforzano il privato per alleggerire il pubblico di certi pesi. Lo abbiamo visto fare in tutti gli ambiti, scuola sanità. C’è lo smantellamento dei servizio pubblico e quello sanitario ne risente di più. Il Mater rientra in questo gioco economico che non bada alle necessità di una popolazione ma agli affari e alla gestione del potere.

La politica che abdica all’economia?

Mi fa specie vedere una giunta regionale composta di politici locali addirittura medici che hanno disatteso una possibilità di aumentare la salvezza delle donne del 18%, abbiamo politici medici che non si sono posti il problema neanche dal punto di vista del giuramento d’Ippocrate. Non parliamo poi della disattenzione al problema prevenzione e ambiente, legati al territorio devastato dalla presenza di mostri inquinanti e aumento delle percentuali di malattie. Bisogna pensare al prima, alla prevenzione e all’ambiente, a problemi che non vogliono affrontare perché legati e attenti solo alle dinamiche del potere su tutto; emigrazione intellettuale, spopolamento studiato a tavolino perché una volta morti in questa terra potranno permettersi di fare qualsiasi cosa, basi, depositi di scorie e quant’altro. Non mi sorprende che certe dinamiche siano governate da associazioni, consorterie che stanno sopra la politica e che rappresentano l’unica spiegazione possibile a certe indecenze.

Luana personalmente ho trovato ributtante la corsa al merito di politici e altri imprecisati personaggi convinti di aver contribuito all’apertura della Breast Unit a Sassari, dimostrando anche di non sapere minimamente di cosa si stesse parlando e aggiungendo squallore a una percezione già di per se poco lusinghiera della politica. Una mia opinione o lo pensa anche lei?

Si tratta sempre della solita passerella politica. Fanno sempre tutti finta di preoccuparsi e poi abbandonano tutto al caso, fanno dichiarazioni cui non seguono fatti concreti e usano questi temi come una vetrina e basta; parlano di cose che non conoscono, in questo caso non sanno cosa cambia tra un ambulatorio e una brest unit, raccolgono il momento mediatico; un atteggiamento usato anche dalle donne della compagine di governo locale, anche la voce grossa dell’opposizione poi come donne non riempie lo spazio della protesta. Ecco in generale vorrei più partecipazione della parte femminile.

Luana la lotta per la chiarezza e il centro senologico continua, ci ricordi i prossimi appuntamenti?

La lotta non si ferma mai e ancora prima della delibera Aou avevamo già fissato un incontro pubblico per il 4 marzo che confermiamo nel quale, chi detiene le redini del governo sarà chiamato a spiegare e a chiarire senza alibi e senza ambiguità.

Prosegue inoltre la mostra “Donne più Donne” della fotografa Daniela Cermelli, prossima installazione a Ozieri e a seguire in altre città della regione; un lavoro che attraverso la disponibilità di alcune donne ferite nel corpo dalla chirurgia, fotografa il senso della malattia in un contesto ambientale degradato a simboleggiare la stretta dipendenza del destino dell’uomo da quello dell’ambiente.

Grazie Luana

Grazie a voi per l'interesse e la sensibilità.

 

Ringraziamo Luana per l'interessante contributo che siamo certi, pone chiarezza in una vicenda che già triste per certi versi, rischiava di raggiungere livelli di squallore insopportabili. A lei e alle malate e ai malati di tumore al seno, i migliori auguri di prossima e completa guarigione nella speranza che questa lotta per i diritti sia sempre più partecipata.

Andrea Tirotto