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Sassari: aggrediti medico del 118 e infermiera del pronto soccorso.

A Legnago c'è scappato il morto (leggi qui) e nonostante i tanti episodi di aggressione al personale sanitario, l'asticella dell'attenzione a un problema che interessa tutta l'Italia non si è ancora sollevata. Al lavoro, in ogni ambito, non si è al riparo dalle aggressioni, questo è ormai un fatto assodato e poco centrano imprevedibilità, imponderabilità o fato che, se non sono fattori di rischio eliminabili, sono parimenti diventati il motivo per cui nulla si attiva per cercare di attenuare il fenomeno, ammesso e non concesso che possa essere del tutto eradicato.

 

Gli ultimi due casi gravi vengono segnalati da Sassari a distanza di pochi giorni l'uno dall'altro. A farne le spese sono stati un medico in servizio presso l'automedica del 118 e un'infermiera di turno al triage del pronto soccorso; hanno subito un k.o. l'uno per un pugno al volto, e l'altra per una testata in faccia.

L'intervento dell'automedica del 118 si era reso necessario perché un ospite della comunità psichiatrica protetta “I Mandorli” aveva cominciato a picchiare il personale della struttura. Struttura che evidentemente, all'ora dell'evento, non aveva un medico presente in servizio, così che al personale sanitario di servizio non è rimasto che chiamare il 118. Il protocollo vorrebbe che in questi casi le forze dell'ordine arrivassero, se non prima, quantomeno in contemporanea all'ambulanza, proprio perché il personale sanitario non può operare se la scena non è sicura. Nel caso di specie, l'attesa dell'arrivo delle forze dell'ordine è stato fatale al medico che all'improvviso, è stato aggredito dal paziente che gli ha sferrato un pugno in faccia devastandogli il volto e procurandogli la frattura pluriframmentaria del naso per il quale la prognosi è al momento di 25 giorni di riposo e cure. Il paziente è poi stato bloccato e ammanettato dalle forze dell'ordine nel frattempo sopraggiunte che hanno quindi provveduto a scortarlo a bordo di un'ambulanza di base fino al pronto soccorso. L'inchiesta conseguente servirà a chiarire tutte le responsabilità del caso, comprese quelle relative al mancato arrivo delle forze dell'ordine contestualmente all'automedica e comprese quelle relative alla mancanza di un medico in servizio o reperibile presso la comunità, carenza per la quale sarebbe improprio l'uso dell'unica automedica in servizio in città.

 

Al pronto soccorso invece, il personale continua a subire insulti e minacce di ogni tipo quotidianamente. Non si contano più gli interventi delle forze dell'ordine anche durante gli orari di apertura del posto di polizia fisso che non sembra essere di nessuna deterrenza per pazienti e familiari che di volta in volta perdono la pazienza, quando va bene. Nell'ultimo caso è accaduto che una paziente con problemi psichici in attesa di visita, ha cominciato a spazientirsi e ad agitarsi tanto che l'infermiera del triage, rivalutando il caso, ha immediatamente provveduto a cambiare il codice di gravità e provveduto ad accompagnarla al riparo, in un ambulatorio, con l'aiuto di un familiare. L'agitazione ha però preso il sopravvento sulla capacità della paziente di controllarsi e calmarsi nonostante le rassicurazioni del caso, tanto che appena allentata la presa del familiare che la cingeva per evitare che si facesse male, è riuscita a sferrare una testata sul naso dell'infermiera, prima che sul posto arrivassero gli addetti del portierato e la guardia armata a presidio di tutta la struttura ospedaliera. Se la caverà con qualche giorno di cura ma non è al momento quantificabile quali ripercussioni psicologiche possa lasciare un fatto del genere e quali effetti abbia sulla serenità con cui dovrebbe ritornare al lavoro.

 

Quel che è certo è che la situazione del pronto soccorso di Sassari è nota e stranota e non fa che peggiorare. Ogni infermiere in servizio ha decine di casi da raccontare che lo hanno coinvolto personalmente e la situazione è completamente sfuggita di mano. A nulla sono servite le denunce del personale e gli interventi del sindacato che pure avevano prodotto un tavolo di lavoro coordinato dal risk management che aveva anche prodotto un preciso crono programma di interventi strutturali e organizzativi, da attuare per aumentare la soglia di sicurezza del personale. Di quel documento non c'è più traccia e degli interventi in esso programmati ancora meno.

Intanto il personale, esasperato, ha abbondantemente superato il limite dell'umana sopportazione e quando questo accade, non ci si può aspettare niente di buono.

Viene da chiedersi cos'altro debba accadere prima che la direzione aziendale prenda adeguati provvedimenti.

 

Andrea Tirotto