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“Non sparate sull’infermiere”. Stefano Barone Segretario Amministrativo Territoriale NurSind Roma

La Redazionedi
La Redazione
Pubblicato il: 01/05/2017 vai ai commenti

Lazio

Stefano Barone, segretario amministrativo territoriale e delegato R.S.U. NurSind del San Camillo-Forlanini, interviene in una intervista rilasciata a Giulio Terzi del quotidiano “Il Nuovo Corriere” di Roma, sulla situazione dell’Ospedale San Camillo, rilevatosi, per quello che viene superficialmente raccontato dai giornali, un porto di mare, una casbah, sporca, degradata, per tanti versi priva di ogni rispetto per la dignità della malattia.

L’articolo parte da una premessa, viene da una esperienza ospedaliera di emergenza vissuta al S.Camillo, dove l'eccellenza ha funzionato a dovere restituendo alla vita una persona approdata al Pronto Soccorso in condizioni critiche.

Ma la soddisfazione finisce qui, -continua-. Dalla sub-intensiva della Stroke Unit al reparto si sono raggiunte punte di disagio pesanti e soprattutto ingiustificate. Provocate dagli uomini, non dal sistema. Mentre il pianeta S.Camillo, tutto intorno dimostrava limiti e carenze francamente inaccettabili in un paese civile e per un ambiente sanitario dove si cura e si soffre.

Un conto è leggere articoli di fuoco e di denuncia sul San Camillo, un conto è “navigarci dentro”, cogliendo eroismi, professionalità ma anche sciatteria, degrado, inutile maleducazione nei confronti degli utenti, quelli che pagano, tanto per parlarci chiaro.

Inutile bussare alla porta del direttore generale e sentirsi ripetere le solite lagnanze. Ragion per cui è andato alla fonte, dal sindacato che denuncia, protesta, lamenta.

Parlando di tutto questo con Stefano Barone Segretario amministrativo provinciale e delegato Rsu NurSind San Camillo-Forlanini. Per capire con lui, per avere spiegazioni. Il San Camillo si è rivelato per quello che raccontano superficialmente i giornali: un porto di mare, una casbah, sporca, degradata, priva di ogni rispetto per la dignità della malattia.

E' solo colpa della direzione generale? O non è responsabilità diretta di chi ci lavora? Il decoro non è una parola vuota e non ha costi. Perché non deve essere il punto qualificante di una struttura ospedaliera? Se un direttore generale facesse di questi punti la chiave della sua azione, punendo e licenziando - con fondati motivi - chi si oppone, come reagirebbe il sindacato? Onore al merito, Barone ha accettato il confronto senza trincerarsi dietro una linea vetero-sindacale.

  • Il disastro della sanità pubblica romana è determinato solo dai manager incapaci e dai politici, da obiettive difficoltà finanziarie e di gestione, o c'è una forte componente di responsabilità umana, di medici, infermieri, operatori?

Il disastro della sanità romana/laziale c’è. E’ innegabile e ha molte cause. Che vanno anche oltre la responsabilità dei nostri manager che continuano a preoccuparsi di tagliare nastri (è di pochi giorni fa l'apertura al San Camillo della nuova terapia intensiva cardiochirurgica a 14 posti letto, aumentati rispetto alla precedente, con il personale già in sofferenza). Il San Camillo è un ospedale che continua ad avere una Maternità senza scala antincendio e senza porte tagliafuoco nei reparti di ostetricia e ginecologia, con una terapia intensiva sita all'ultimo piano (al solo pensiero di un evacuazione, rabbrividisco, ho denunciato invano la situazione nel 2013).

Al padiglione Lancisi le scale anticendio finiscono contro un muro! E che dire delle camere operatorie chiuse dei padiglioni Flajani e Lancisi; il reparto di medicina in cui ci fu l'incendio il 1 maggio del 2016 (è passato quasi un anno)è ancora chiuso. Il Pronto Soccorso continua ad essere un problema sia strutturale che organizzativo e l'unica soluzione trovato nell'ultimo anno è stato aggiungere lungo i corridoio dei reparti. Insomma, c’è una serie di cose che continuano a rimanere tali, mettendo a rischio dipendenti e utenti, mentre a fronte di nuove aperture e nuovi servizi per soddisfare magari i desideri o i capricci di qualche primario o politico mi viene da pensare che le risorse economiche non siamo un problema.

  • Ma le responsabilità?

Le responsabilità della mala gestione, quindi dei vertici aziendali, influiscono negativamente per l’80% sulla situazione descritta. Per un 20% la responsabilità è dei lavoratori e sicuramente può essere ridotta con un maggiore coinvolgimento del personale e una maggiore attenzione dell'amministrazione nel raggiungimento dei risultati.

  • Il burn-out giustifica un atteggiamento incomprensibilmente punitivo nei confronti dei pazienti e dei familiari dei pazienti? C'è giustificazione a sciatteria, approssimazione, maleducazione, freddezza da parte del personale?

Il burn-out assolutamente non deve essere la conseguenza di un atteggiamento punitivo o di ritorsione nei confronti di pazienti e parenti.

La sindrome da burn-out esprime con un’efficace metafora il bruciarsi dell’operatore e il suo cedimento psicofisico; è l’esito patologico di un processo stressogeno che colpisce le persone che esercitano professioni d’aiuto ad altri qualora i contesti non rispondano in maniera adeguata ai carichi eccessivi di stress fisico e/o emotivo che il lavoro comporta. E’ doveroso capire cosa avviene in un reparto, cosa avviene al Pronto Soccorso, in terapia intensiva, etc. Lavorare senza avere i giusti strumenti del lavoro creerebbe problemi a chiunque, mi viene da pensare ad un giornalista senza una penna o carta o a tutt'oggi senza una tastiera/pc e continuare ad arrabattarsi per fare un pezzo e portare a termine il suo lavoro.

Lo stesso capita nei reparti: aste porta flebo che mancano, letti che non funzionano, guanti che mancano, letti lungo i corridoi in assenza di privacy (ci limita con 2 paraventi a simulare una stanza) e sicurezza (campanello, ossigeno, sistema d'aspirazione), carrelli che cadono a pezzi, assenza di farmaci, vulnerabilità per ciò che riguarda la sicurezza, vie di fuga bloccate, furti nei confronti dei pazienti e degli operatori stessi, aggressioni subite da pazienti, parenti e per quanto riguarda specificatamente il San Camillo da sbandati che girano per l’ospedale in cerca di un giaciglio di fortuna.

  • E’ una giustificazione?

E’ una presa d’atto. Siamo pochi, con l’affanno, con il nostro carico di tensioni e frustrazioni, in una sanità regionale non vede un’assunzione a tempo indeterminato attraverso un concorso da 10 anni. Si continua a mantenere personale precario dal 2008 con rinnovi di contratto annuali. Questo deficit di attenzione ai numeri porta ad una riduzione drastica di unità all'interno dei reparti, costringendo il personale a lavorare tutti i giorni con numeri che dovrebbero esserci solo in caso di sciopero. Ancora, è sempre più avanzata l’età del personale sanitario in servizio grazie al blocco del turn over attuato dalle politiche governative di contenimento dei costi. Carichi di lavoro sempre più pesanti ai quali si fa fronte con sempre meno personale.

  • Non pensa che il rigore, l'ordine, la pulizia, la gentilezza, la disponibilità e il rispetto siano atti dovuti nei confronti di pazienti e familiari, che le regole vadano orientate a proteggere chi soffre prima ancora che a tutelare chi lavora?

Sono il primo a condannare un atteggiamento poco etico e soprattutto poco educato nei confronti dei pazienti ma molte volte l'esasperazione può portare a freddezza nei rapporti sociali ai quali riconosco un valore fondamentale del buon esito delle cure. Ma se non si garantisce a chi lavora condizioni e strumenti adeguati per un risultato efficace è decisamente difficile aumentare il comfort psico-fisico di parenti e pazienti.

Per chiudere vorrei ribadire l'impegno del sindacato nel denunciare situazioni che mettono a rischio infermieri e pazienti. Cercando di risolvere le questioni sopra elencate sicuramente la performance del personale e il comfort dei paziente migliorerebbero.