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Barbara Mangiacavalli: “nessuno tocchi la professionalità infermieristica”.

Andrea Tirottodi
Andrea Tirotto
Pubblicato il: 05/05/2017 vai ai commenti

Competenze Avanzate - Le prese di posizioneNursing

InfermieristicaMente, in tempi non sospetti, raccontava dell'Infermiere di Famiglia come di una nuova figura infermieristica al palo in Italia considerato che già nel 2000 si delineavano i vantaggi derivanti dall’ottimizzare la qualità delle cure e dell’assistenza ai cittadini sul territorio. Sempre in quegli anni si è definita la figura dell’Infermiere di Famiglia ossia di quel professionista che progetta, attua, valuta interventi di promozione, prevenzione, educazione e formazione, è colui che si occupa dell’assistenza infermieristica all’individuo e alla collettività; sostiene interventi di ricerca, indagini epidemiologiche in comunità e in ambito famigliare promuovendo azioni educative e preventive oltre che curative (Leggi qui).

Il NurSind ne aveva anche chiesto direttamente l'istituzione al Ministro della Salute Lorenzin durante gli incontri propedeutici alla discussione sul rinnovo del contratto, proposta sulla quale non si erano riscontrati pregiudizi di sorta (Leggi qui) e la Regione Lombardia si era spinta molto avanti già nel 2015 con l'articolo 10 della L.R. 23 che ne prevedeva l'istituzione, definendo ruolo e compito e ipotizzando uno stanziamento fino a 90 milioni di euro (Leggi qui).

D'altronde, con la nascita delle prime esperienze italiane, l'analisi dei primissimi risultati e il confronto con gli stati dove questa figura è diffusa e istituzionalizzata, non si sono fatte attendere le prime proposte di istituzione di un percorso formativo biennale specifico sul tema come proposto ad esempi dal collegio Ipasvi di Firenze (Leggi qui).

La redazione aveva quindi avuto il merito e il privilegio di intervistare per prima, quella che a livello nazionale è considerata la pioniera dell'ufficializzazione del progetto Infermiere di Famiglia così come inteso che, sola e mossa solo da una grande forza di volontà, ha di fatto dato vita alle prime esperienze fondate sul concetto già stato espresso dall’OMS nel documento Health 21 nel lontano 1998 (Leggi qui).

 

Il tema è tornato di prepotenza alla ribalta delle cronache nel momento in cui la forte presa di posizione del Segretario Nazionale NurSind che ha ribadito come “la sola gestione dei non autosufficienti a domicilio in mano ai medici di medicina generale è fallimentare”, forte perché proiettata alla necessità di scelte coraggiose che finalmente attribuiscano al corpo infermieristico le competenze riconosciute dalla norma, ha scatenato la reazione del sindacato dei medici di medicina generale Snami che ha confuso la necessità di evoluzione e coevoluzione proposta dagli infermieri, come una volontà di sostituirsi al medico. Parole gravi e piccate cui ha immediatamente risposto il presidente del collegio Ipasvi Pisa Emiliano Carlotti che ha definito “anacronistico continuare a credere che i pazienti sul territorio siano dei medici di medicina generale, come spesso questi ricordano” (Leggi qui).

La violenza dell'attacco alla professione da ultimo ma soprattutto, la necessità di una riflessione più ampia ed organica sul tema dello sviluppo professionale e del riconoscimento delle peculiarità che la professione può mettere a disposizione nel contribuire al salvataggio della sostenibilità del S.S.N., ha spinto la presidente della Federazione Ipasvi Barbara Mangiacavalli a prendere una posizione netta, chiara e forte.

La Presidente IPASVI Barbara Mangiacavalli

Nell'editoriale del nuovo numero della rivista ufficiale online della Federazione Ipasvi “L'Infermiere”, la Presidente sostiene che sono gli stessi dati a dimostrare che su un tema del genere non c'è più niente da discutere. La Mangiacavalli prosegue ricordando chi sia l'infermiere di famiglia, in quale ambito lavori e quali compiti svolga e come se ancora ce ne fosse bisogno, si sofferma a sottolineare con grande chiarezza ed enfasi come di contro non si occupi “della diagnostica e terapia a cui pensa il medico di base” soffermandosi sul fatto che “la polemica sterile di alcuni che vogliono vedere (…) nell’infermiere di famiglia, l’immagine di un professionista che in qualche modo invade il campo di azione altrui, altro non fanno se non alimentare quella vena di confusione, per i pazienti soprattutto, e di mala informazione in generale che ormai resta a quanto pare l’unica difesa per sacche minimali di nostalgici di situazioni che anche professionalmente nessuno considera più”.

La presidente ricorda la crescente responsabilità assegnata agli infermieri “per razionalizzare i servizi e l’assistenza esaltando il concetto di cooperazione tra professioni a vantaggio dei pazienti” e il riconoscimento di importanti istituti di ricerca che hanno definito irrinunciabile e oltremodo pertinente “la necessità di porre la professione infermieristica in una posizione di coordinamento-gestionale dell’assistenza, modificando i ruoli ed esaltando anche così gli spazi della specializzazione del medico”. “L’infermiere di famiglia non è una invenzione nuova, (...) non rendersene conto fa capire che il senso non è stato assolutamente colto nel momento in cui si confonde il ruolo dell’infermiere con quello del medico, dandone un’interpretazione assolutamente limitata e riduttiva”

“Nessuno” ha proseguito la presidente nel suo editoriale, “sottolineo nessuno, ha mai affermato che l’infermiere di famiglia sostituisce il medico nel momento della necessaria diagnosi e terapia. Non lo vogliamo neppure noi e non ci interessa (…) nessuno di noi tocca la professionalità medica né ha mai pensato di farlo: nessuno tocchi, con approcci del tutto e solo strumentali, la professionalità infermieristica che offre ai pazienti sul territorio quell’attenzione e la cura di cui hanno bisogno.

 

Tante volte il corpo infermieristico ha chiesto di prendere posizioni ferme e decise nei confronti di tutti quanti usino termini denigratori nel momento in cui rappresentano la professione; autori di questo dileggio capita sia qualche giornalista distratto, a volte ci pensano gli addetti alle arti figurative, quando non accade direttamente nei tolk. Ma quando gli attacchi arrivano dal personale medico, tanto più da quella parte che condanna addirittura gli stessi appartenenti alla categoria allorquando rappresentano il valore aggiunto di una collaborazione che arriva a definire protocolli condivisi come nel caso del sistema del 118 ad esempio, la presa di posizione deve essere ancora più ferma e decisa. Plaudiamo quindi ai termini e ai toni della risposta che la Presidente Mangiacavalli ha utilizzato; termini e modi ancora più pertinenti quando qualcuno pretende di conservare un ruolo anacronistico di preminenza, bocciato già nei fatti dalla storia, dalla realtà e dall'evoluzione professionale nonché dagli stessi pazienti.

 

Andrea Tirotto