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Care Film Festival: Intervista alla giurata Paola Gobbi

Andrea Tirottodi
Andrea Tirotto
Pubblicato il: 22/05/2017 vai ai commenti

Le interviste

Intervista a Paola Gobbi giurata del Care Film Festival (CFF), un concorso internazionale per cortometraggi sul tema del "PRENDERSI CURA", che si terrà a Monza il prossimo 21 Ottobre.

Il tema del  CFF rappresenta un aspetto peculiare di quello che è il ruolo dell’infermiere, ovvero il “PRENDERSI CURA” della persona assistita. NurSind, promotore dell’iniziativa, si pone come obiettivo statutario il “PRENDERSI CURA” dell’infermiere; intende, cioè, diffondere cultura favorendo, contemporaneamente, la conoscenza di quello che è il ruolo dell’infermiere all'interno della nostra società.

InfermieristicaMente sarà presente all'evento in qualità di Media Partner.

 

 

Paola GobbiPaola Gobbi, racconta ai nostri lettori chi sei

Mi presento con 5 termini: infermiera, mamma (di 4 figli), runner, viaggiatrice “seriale” e, naturalmente, cinefila!

 

Paola Gobbi, sei infermiera dal 1983, uno spazio temporale in cui la professione è stata interessata da cambiamenti epocali, come li hai vissuti?

Ho sempre pensato, in questi anni,  che sarebbe andata a finire così - mi spiego meglio - che il mansionario sarebbe stato abolito, che gli infermieri avrebbero occupato posizioni dirigenziali e ruoli istituzionali in politica e nell’amministrazione, che la formazione si sarebbe svolta in Università...  Non perché abbia la sfera di cristallo, ma perché ho assistito “da dentro” la professione al cambiamento; ho visto, anno dopo anno, colleghi sempre più preparati, informati, riconosciuti per le proprie competenze sia dagli utenti che dagli altri professionisti; in particolare ho osservato la trasformazione, in meglio, dei rapporti tra medici ed infermieri, quest’ultimi da “subalterni” ora sono professionisti alla pari, facenti parte della stessa équipe con al centro la persona assistita; mi aspettavo, quindi, che anche il legislatore prendesse atto, prima o poi, dei cambiamenti che già erano avvenuti nei luoghi di cura e assistenza.

 

Cosa pensi che manchi alla professione per fare il salto di qualità che sembra necessario?

Elevazione culturale di tutti i 400 mila infermieri italiani, e aggiornamento/educazione continua, ora purtroppo entrambe diffuse a macchia di leopardo sia geograficamente che nei diversi ruoli ricoperti. E anche una maggiore presenza nei posti che contano, Parlamento e Regioni in primis

 

Sei stata indicata quale giurato del Care Film Festival, puoi raccontarci come vivi questa investitura?

Con molta curiosità: mi piace andare al cinema, vedere e commentare i film con amici e familiari, confrontare le mie opinioni con le recensioni su Internet e carta stampata, ma sarà la prima volta che esprimerò questi pareri in veste ufficiale di giurato.

  

Dalla lettura del tuo curriculum sembra che il mondo dell'arte figurativa ti sia caro, hai esperienze come attrice?

Assolutamente no! Anche se non mi dispiacerebbe … Mi vedo meglio come scrittrice di sceneggiature, se proprio dovessi ricavarmi un ruolo in questo campo.

 

Continuando a trarre spunto dal tuo curriculum, abbiamo letto di un pezzo dal titolo “Infermieri al cinema per vedere, vedersi, pensare, divertirsi, cambiare? Io Infermiere 2010”. Una recensione che lascia intendere una certa attenzione al tema, ce ne puoi parlare?

Il sottotitolo dell’articolo è” Andare al cinema .. ma non dimenticare di essere infermieri”. Come ho già detto, mi piace vedere film al cinema e condividere tutte le emozioni ricevute dalla visione; la rivista dell’Ente ordinistico Ipasvi di Milano dà a me e a tanti altri infermieri la possibilità di scrivere articoli inerenti la professione e quindi allargare questo confronto di idee e suggestioni. L’articolo citato era un consiglio ai colleghi sulla visione di due film, che non lasciano indifferenti gli operatori sanitari, proprio per le tematiche trattate: la sofferenza della persona con disturbi psichici, aggravati dall’incapacità culturale, affettiva ed economica della famiglia che trova come unica risposta l’istituzionalizzazione nel manicomio (“La pecora nera”, di Ascanio Celestini) e il disagio della persona con Alzheimer, malattia che distrugge nella psiche e nel fisico non solo il singolo ma anche il coniuge e i familiari, minando fino alla distruzione rapporti costruiti faticosamente negli anni (“Una sconfinata giovinezza” di Pupi Avati).

 

Nel 1999, nel pezzo uscito sulla rivista L’infermiere, “La fiction e la professione”, non lesinavi critiche sulla differenza con cui autori televisivi e cinematografici anglosassoni e italiani raccontavano la figura dell'infermiere. Pensi sia cambiato qualcosa da allora?

Si, penso che la qualità delle sceneggiature italiane sia notevolmente migliorata in questi anni, anche se, dal confronto con il mondo anglosassone, permangono ancora grosse lacune nel racconto delle vite degli operatori sanitari, in particolare gli infermieri: storie lente, piene di stereotipi, con personaggi che assomigliano più a “macchiette” che ai colleghi che incontro tutti i giorni. Io stessa non mi riconosco in quelle descrizioni.

Il problema, a mio parere, sta nella conoscenza superficiale della realtà assistenziale da parte degli autori; per questo nell’articolo sostenevo, e sostengo tuttora, che gli infermieri dovrebbero collaborare attivamente nelle sceneggiature per fiction. Presso il Collegio di Milano da alcuni anni è attivo un gruppo di studio che descrive e analizza casi vissuti dagli infermieri nella pratica quotidiana dell’assistere. Questi casi potrebbero presentare una buona base di partenza.

Penso che l’infermiera meglio raccontata in una fiction rimanga, anche a distanza di anni, il personaggio di Carol Hathaway di E.R, interpretata dalla bravissima Julianna Margulies.

 

Cosa ti aspetti da questa iniziativa?

Innanzitutto che abbia molto successo, perché è un progetto innovativo e merita di andare avanti negli anni; poi che arrivino tanti cortometraggi di qualità, sia artistica che nei contenuti; per ultimo mi aspetto molto dal confronto con gli altri giurati, non si finisce, mai di imparare!

 

Andrea Tirotto