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Quattromila iscrizioni in meno ad Infermieristica per l’A.A 2017/2018, lo stabilisce la Conferenza Stato-Regione: la FNC Ipasvi non ci sta

Daniela Sardodi
Daniela Sardo
Pubblicato il: 24/05/2017 vai ai commenti

Formazione

La FNC IPASVI  non ci sta e gioca al rialzo sul fabbisogno formativo dei corsi di Laurea in Infermieristica.

 Alle  14.065 iscrizioni ai corsi di Laurea in Infermieristica, individuate come congrue nel  lavoro svolto nei mesi scorsi dalla Conferenza Stato-Regioni, la FNC IPASVI  contrappone  un fabbisogno di almeno altre quattromila unità. La  presa di posizione si è resa necessaria all’indomani della consegna alla Commissione Salute delle Regioni, del testo, pressoché definitivo, dell’Accordo Stato-Regioni.

La Conferenza Stato-Regione dovrebbe esprimere il proprio assenso entro la metà di giugno per poi inviare le proprie conclusioni al Ministero dell’Università che a sua volta, a fine giugno, emanerà i decreti con le disponibilità definitive e le ripartizioni per Regioni e singoli Atenei.

Il confronto, dunque, ha tempi stringati: le Università sono tenute a pubblicare i bandi di selezione ai primi di luglio, cioè almeno 60 giorni prima del giorno fissato, il 13 settembre, per lo svolgimento dei test d’ingresso alle Facoltà delle professioni sanitarie.

Sul fronte del nursing, ma anche di molte altre professioni sanitarie,  si conferma il trend negativo degli ultimi anni ( fatta eccezione per educatori professionali e i tecnici ortopedici, uniche figure sanitarie che vedono aumentare il fabbisogno formativo): gli infermieri rispetto all’anno scorso perdono circa 1500 posti. Significativa contrazione anche per i fisioterapisti che passano dalle 2167 iscrizioni dell’anno passato alle  1927 previste dall’attuale proposta della Conferenza Stato-Regione. Le figure sanitarie maggiormente penalizzate sono i podologi le cui iscrizioni  vengono letteralmente dimezzate.

La stima del fabbisogno formativo dei professionisti sanitari  implica previsioni di medio e lungo termine che tengano conto sia dei cambiamenti demografici ( la popolazione invecchia sempre di più), sia delle modalità di erogazione dei servizi sanitari, della quantità  dei professionisti attivi e non attivi sul mercato del lavoro e dei flussi di uscita e di entrata degli stessi dal mondo del lavoro.

Tutto ciò in un quadro di sostenibilità economica che, a nostro parere, non deve essere mai disgiunto dalla salvaguardia della vocazione universalista del nostro SSN.