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Intervista a Massimiliano Carboni, regista del docu-film “Padiglione 25” alla prima del tour nazionale alla Cineteca Lumière di Bologna

Daniela Sardodi
Daniela Sardo
Pubblicato il: 02/06/2017 vai ai commenti

Emilia RomagnaLe interviste

1)Innanzitutto complimenti  per la tenacia e determinazione  Massimiliano, sei riuscito a portare a termine il tuo film, grazie ad una vivace campagna di crowdfunding .Ma ti aspettatavi tanto interesse per il tuo progetto  da parte dell’opinione pubblica?

No, assolutamente  non mi aspettavo tanto interesse, ma soprattutto non mi aspettavo che il mio progetto  fosse compreso e accettato da quasi tutta la vasta comunità che   ruota intorno alla malattia mentale: dai pazienti alle loro famiglie, dai soggetti che li curano e li assistono come infermieri e medici, ma anche dalle associazioni di volontariato. Era una speranza che, inaspettatamente , si è realizzata.

2) Qual è l’esigenza profonda che ti ha spinto a realizzare questo film?

E’ stato l’istinto a guidarmi, un istinto che probabilmente mi porta ad essere attratto da grandi gesti di rottura che mettono in moto il cambiamento: e  quello del gruppo di infermieri  che, nel lontano 1975,  al manicomio romano di Santa Maria della Pietà, è un atto rivoluzionario, di rottura: autogestire il reparto  mettendo in pratica le teorie basagliane.

D’altronde non è la prima volta che nella mia carriera  mi occupo  di gesti di rottura nel mondo del lavoro. (RCL  Ridotte capacità lavorative, film del 2010 sulle vicende dello stabilimento Fiat di Pomigliano D’arco con protagonista Paolo Rossi NdR). Mi interessa il processo di presa di conoscenza , imparare a conoscere le cose intorno a sé è fondamentale: tutte le volte che siamo di fronte ad un esperienza del genere siamo di fronte ad un esperienza potenzialmente affascinante.

3) Questo film racconta una storia di emancipazione corale: i malati dal manicomio, i medici dalla medicina tradizionale, gli infermieri dal ruolo di secondini. Secondo te che tipo di emancipazione, di  battaglie ci si può auspicare per il futuro, sia per i pazienti psichiatrici che anche per la categoria degli infermieri ?

Penso che accanto ai grandi gesti di rottura che sicuramente apportano cambiamenti nell’immediato, la rivendicazioni per il miglioramento delle cure ai pazienti psichiatrici, ma anche per il miglioramento delle condizioni lavorative  degli operatori e per un maggiore conoscimento sociale del lavoro svolto dagli  infermieri, debba essere un lavoro  costante.

4) Questo film mette in luce che anche un piccolo gruppo di lavoratori può operare un riscatto di una intera categoria: negli  anni ’70 grazie a questa e, ad altre esperienze similari, gli infermieri smettono di svolgere il ruolo di secondini nei manicomi rivendicando autonomia per sé e per i pazienti: ti sei reso conto della valenza che questo film ha assunto nell’immaginario di una categoria professionale che ancora oggi lotta per avere un maggiore riconoscimento sociale?

No, per lo meno nei termini in cui lo sto registrando  in questi ultimi tempi. E’ una piacevole sorpresa: non c’è maggiore  soddisfazione per un artista che incidere nelle realtà emozionali degli spettatori anche al di là delle aspettative. Come è stata una grande soddisfazione riuscire a portare, grazie a questo film, Vincenzo Boatta (uno degli infermieri del Padiglione 25) a parlare all’Università ai giovani infermieri: lui che è stato cacciato dal primo corso di  infermieri psichiatrici e che, insieme ad altri è stato capace di realizzare una piccola rivoluzione che ha cambiato la vita dei pazienti, ma anche la vita degli stessi infermieri. Liberando i pazienti hanno anche liberato se stessi.

5) Nei tuoi progetti futuri c’è ancora spazio per le tematiche della salute e per la vita dei suoi protagonisti;: pazienti, infermieri, medici?

Sto lavorando con un gruppo di pazienti psichiatrici alla realizzazione di un cortometraggio che affronta il problema dell’assunzione dei farmaci in chiave comica, sollecitando anche l’utilizzo di strategie alternative per tenere a bada i sintomi della malattia.