Nella Lepore, Infermiera, risponde alle 5 domande per svelare gli enigmi della bozza del nuovo Codice Deontologico
Concluse le consultazioni sulla bozza del nuovo Codice Deontologico iniziate il 6 febbraio di quest’anno e terminate le modalità di modifica, la bozza che tutti conosciamo potrebbe essere il Nuovo Codice Deontologico della professione infermieristica, il cui termine “Codice” sembra portare in sé quelli che sono veri e propri enigmi da risolvere.
Oggi pubblichiamo le risposte alle "Cinque Domande per svelare gli enigmi" di Nella Lepore ,infermiera strumentista, lavora presso il blocco operatorio del presidio ospedaliero di Portogruaro (VE) Aulss4 Veneto Orientale. Sta per portare a conclusione anche il Master in Infermieristica Legale e Forense.
1. La sublimazione della professione sembra concretizzarsi nell’art. 1 della bozza del Codice Deontologico: l’infermiere persegue l’ideale di servizio. Cosa si intende, secondo te, per “ideale di servizio”?
Per dare una risposta appropriata mi sono avvalsa dell’aiuto di WIKIPEDIA, la quale all’ espressione “ideale di servizio” dà il seguente significato:” Impegno senza riserve, dedizione totale a favore di una causa, o di una persona;
mettere la propria vita al servizio di…..”
Ora se è vero che la nostra è una professione per giunta intellettuale è logico pensare che al professionista un utente chieda competenza , capacità, conoscenze teoriche coniugate ad una elevata esperienza pratica, in una parola un esperto nel campo in grado di dare delle risposte concrete e risolutive alle sue richieste in un momento di disagio della sua vita. Risposte che devono trovare una collocazione in arco temporale più o meno lungo da parte di professionisti, ripeto, competenti i quali, al pari di altre professioni, avendo avuto un percorso di formazione di un certo livello operano con con una serie di competenze ,specifiche, avanzate, in un contesto lavorativo professionale che chiede soluzioni assistenziali qualificate e proprie di quella professione.
La persona, la collettività collocata in un determinato ambito non chiede l’intervento di missionari, chiede competenza, professionalità ;per il” conforto” di qualsiasi tipo semmai l’infermiere fornirà a quel cittadino la figura deputata.
Detto questo è tristemente palese che il tanto discusso “art. 49” uscito dalla porta rientra dalla finestra sotto mentite spoglie.
2. E se ti dicono che nell’ambito del “fine vita” il tuo “gesto assistenziale” è di fondamentale importanza, vuol dire che sei tenuto a…?
In parte penso di aver risposto nel primo quesito.
“Il gesto assistenziale del fine vita” implica un alto grado di conoscenze, competenze specifiche e validate che permettano all’infermiere , sia esso collocato nelle cure palliative, nelle terapie intensive, nelle terapie del dolore e così via, di interloquire con la persona e non solo,( penso alle famiglie agli affetti di ogni tipologia) , al fine di concordare delle risposte valide che permettano a quella persona di affrontare con serenità l’ultima fase della sua vita.
L’infermiere che per normativa è l’unico depositario dell’assistenza alla persona deve essere quel professionista possessore di una formazione olistica e specifica per le proprie competenze.
La professione pone l’infermiere in una condizione tale in cui l’astratto il generalizzato, la superficialità non trovano collocazione nell’operato quotidiano a maggior ragione in questa particolare condizione .
Se le norme chiedono al professionista infermiere nello specifico competenze e attitudini professionali particolari, il CODICE DEONTOLOGICO al quale l’infermiere deve rifarsi dovrà contenere delle linee di condotta etico morale adeguate, pertinenti che non lascino spazio all’approssimazione e al qualunquismo.
In una espressione deve poter offrire delle direttive dettate da norme etiche specifiche.
Se IL CODICE DEONTOLOGICO deve essere uno dei tre strumenti di lavoro dell’infermiere non può e non deve permettersi delle regole approssimative.
3. Ritieni che la bozza del Codice deontologico sia “integrata nel suo tempo”? Al passo con una professione infermieristica che chiede a gran voce il suo reale (quindi oltre la carta) riconoscimento.
Purtroppo no, va detto che questa bozza così come si presenta mortifica nell’intimo la professione , cancella con inspiegabile superficialità un bagaglio di conquiste professionali ottenute attraverso un percorso travagliato che aveva portato l’infermiere a affrontare, al passo con i tempi le richieste della propria professione.
Trovo che si voglia contrastare, cancellare la consapevolezza della forza che la professione infermieristica sia in grado di esprimere.
Ho cercato di comprenderne le ragioni, netta è la sensazione in me che un infermiere esperto,competente, consapevole e forte della sua forza, spaventi ,chi o che cosa ????
Lascio agli altri la risposta.
4. Ritieni che la bozza di Codice deontologico sarebbe facilmente comprensibile ai cittadini e in grado di fornire agli assistiti una rappresentazione chiara dell’identità professionale dell’infermiere?
No anche qua rispondo con un netto no.
Ho già detto che questa bozza di CODICE si presenta, anche sotto il profilo della stesura, generalista, superficiale, priva di spessore anche culturale.
Dico anche che ho sempre pensato che la collettività,pur riconoscendo all’infermiere un ruolo di primo attore erogatore di assistenza di alto livello e profilo professionale, ben poco sappia in cosa consiste e per cosa esiste IL CODICE DEONTOLOGICO detto questo, qualora fossero spinti da una improvvisa curiosità a leggerlo, questa versione fornirebbe loro un’immagine dell’infermiere depauperato di tutto il bagaglio di competenze così faticosamente conquistate e acquisite. Sono fermamente convinta che cosi com’è scritta questa versione, magari in buona fede, possa nuocere e non poco alla professione .
5. Esprimi un parere complessivo sulla bozza del Codice deontologico.
A mio modesto parere la bozza va riveduta e corretta, non solo ci sono delle cose che vanno prese in considerazione ad esempio, vorrei tanto sbagliarmi, ma questa bozza pone l’infermiere in una condizione di non tutela anche sotto il profilo prettamente giuridico, lo espone a rischi che forse è il caso di vagliare e di non sottovalutare. Esiste anche una proposta magari ,per usare un eufemismo, coraggiosa, fatta dal collegio IPASVI di Pisa.
Suggerisco di mettere le due versioni a confronto,leggendole punto per punto forse molti dubbi si chiariranno, alcuni articoli si potranno riscrivere, integrare sostituire.
E’ d’obbligo mettere da parte l’orgoglio , la presunzione e operare per la costruzione di uno strumento di guida quale è il CODICE DEONTOLOGICO che fornisca al’infermiere le risposte e le garanzie che gli permettano di operare nel quotidiano con serenità e tutela per se e per il cittadino che a lui si affida in condizioni di sicurezza e competenza.
Suggerisco anche l’istituzione di un terzo gruppo di lavoro che sia la risultante dell’inserimento di elementi dei due gruppi che lavorino congiuntamente con nuovi componenti super parte.
Aderisci anche tu e manda un apporto alla riflessione, puoi farlo rispondendo a cinque semplici domande (Scarica il file).
Invia il tuo contributo a [email protected] con una tua breve presentazione ed una foto o immagine generica correlata (facoltativa). Si accettano anche contributi in anonimato. In ogni caso vanno specificati: professione (es. studente, infermiere, coordinatore, ecc.), ambito di attività (es. Ambulatorio, SO, chirurgia, ecc.), Regione, anni di servizio.
I contributi che perverranno in Redazione saranno pubblicati.