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Infermieri in Sicilia come servi della gleba

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La Redazione
Pubblicato il: 03/07/2017 vai ai commenti

AttualitàNurSind dal territorioSicilia

Agata Cocco infermiera siciliana, con una lettera inviata al Direttore di  Quotidiano Sanità, racconta il disagio dell'essere professionisti diversamente riconosciuti e valorizzati in un territorio dove probabilmente il retaggio socio-culturale influenza anche le politiche sanitarie.

Gentile direttore,

le scrivo come infermiera nata e cresciuta professionalmente al Sud, con una formazione infermieristica internazionale alle spalle acquisita negli anni, che lavora in uno dei più prestigiosi centri d’eccellenza sanitaria esistenti in Sicilia.

Nonostante ciò, come componente della segreteria territoriale di un sindacato di categoria rivolgo ogni giorno la mia attenzione, riconosco e soffro le vicissitudini e la realtà della mia categoria professionale che da noi che non trova assolutamente rispondenza tra un “essere giuridicamente infermiere” e un “essere realisticamente infermiere”. E le dico:

Noi infermieri siciliani, destinati spessissimo ad essere “fissati” ad un territorio diverso da quello che ci appartiene, lontani dalle nostre famiglie per mancanza di provvedimenti autoritativi che non ci consentono di tornare a casa, nonostante ci sia un reale bisogno della nostra professionalità e destinati ad essere “maneggiati” in base alle politiche del momento e mi riferisco alle schizofreniche vicissitudini attuali delle politiche del nostro assessorato alla sanità sulla rimodulazione di una rete ospedaliera che si protraggono da oltre un anno e che ad oggi fanno stagnare una condizione di blocco delle assunzioni e scorrimento delle graduatorie di mobilità prorogate fino al dicembre del corrente anno ma mai utilizzate.


Noi infermieri siciliani, in queste condizioni siamo diventati merce di scambio all’occorrenza con le altre figure professionali e sostituti di quasi tutti gli operatori sanitari perché il termine “responsabile dell’assistenza infermieristica generale” in Sicilia lascia spazio ad una mancanza di specificità dell’ambito assistenziale, considerando assistenza infermieristica per comodità tutto cio’ che ruota attorno al paziente e che spessissimo non trova attinenza con le nostre competenze.

Noi infermieri siciliani, chiamati a formare i nostri discendenti (futuri disoccupati) trasferendo esperienza con un impegno non indifferente “a titolo gratuito” nelle corsie degli ospedali e nelle università.

Considerati e riconosciuti in Sicilia all’occorrenza responsabili solo della “cattiva assistenza”.

Noi, che nonostante un profilo professionale identificato da un percorso formativo chiaro, subiamo ancora nelle aziende l’inflizione di “pene corporali” ai nostri rifiuti nel tentativo di difendere le nostre competenze e dobbiamo ricorrere alle vie legali per giustificare i nostri coraggiosi “no”.

Noi infermieri siamo in Sicilia solo i “servi della gleba” cioè di una sanità confusa che non riesce a garantire ai cittadini una assistenza infermieristica adeguata costretti e relegati ad un “fondo di precarietà” che questa mancanza di assunzioni ci riserva, costretti da anni ad assunzioni a tempo determinato con l’angoscia del mancato rinnovo di un incarico che grava sulla stabilità delle nostre famiglie.

E di recente le forti denunce dei nostri colleghi che per sopperire a questa mancanza di assunzioni sono costretti dalle aziende a coprire turni anche di 12 ore lavorative continuative nonostante ci siano precisi criteri dettati dalla normativa vigente, con la beffa aggiunta di straordinari non pagati.

Questa visione è molto forte ma realistica della nostra regione e potrei aggiungere tanto altro ancora.

Certo è che questi infermieri sono ad oggi ancora ingannati e delusi da dichiarazioni politiche continue che promettono continuamente un cambiamento che non arriva.

Agata Cocco 
Infermiere
NurSind - segreteria territoriale di Palermo 

Ph: palermotoday