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Assistenza domiciliare: “ un privilegio” per solo 3 anziani su 100

Daniela Sardodi
Daniela Sardo
Pubblicato il: 15/07/2017 vai ai commenti

AttualitàStudi e analisi

In Italia  a fronte di  circa tre milioni di anziani cronici , solo il 2,7 %  riceve  assistenza e  cure continuative a domicilio con forti disuguaglianze sul territorio nazionale: in alcune regioni italiane l’Adi (Assistenza Domiciliare Infermieristica)  è addirittura assente. (da Quotidiano Sanità)

Questo l’impietoso quadro  delineato nella  seconda edizione degli Stati Generali dell’assistenza a lungo termine (Long Term Care 2), organizzata nei giorni scorsi a Roma da Italia Longeva,  il network dedicato all’ invecchiamento.

Dalla survey presentata al Ministero della Salute da  Italia Longeva  emerge, infatti,  che  solo 370mila over 65, affetti da disabilità severe o  da malattie croniche riceve le cure continuative di cui necessita. I dati sottolineano non solo la scarsa diffusione dell’assistenza domiciliare, ma anche un’ organizzazione disomogenea nelle diverse aree d’Italia : solo quattro ASL ( Salerno, Catania, Brianza e Milano)  erogano tutte le 31 prestazioni assistenziali previste dal SSN. Forti differenze anche sul numero di ore di assistenza dedicate a ciascun paziente a seconda  della provincia di residenza: si va dalle oltre 40 ore annuali di Potenza alle 9 ore di Torino.

Lo studio  di Italia Longeva  evidenzia un’altra importante  differenza  sul territorio nazionale,  relativa alla modalità  dell’erogazione dei servizi a domicilio:  si va da una presenza  dei  privati del 97%  a Milano allo 0%   a Reggio Emilia o a d Bolzano.
“Assistiamo a domicilio meno di 3 anziani su 100  e questi dati dovrebbero rappresentare un campanello di allarme non solo per i professionisti della salute, ma anche per i cittadini e per la politica”-  ha dichiarato Roberto Bernabei, Presidente  di Italia Longeva-  eciò che  più sorprende è che il nostro Paese,  pur essendo da  anni alla ricerca di un’alternativa al modello assistenziale  basato sulla centralità dell’ospedale per la cura di pazienti anziani, cronici e fragili,  dedichi di fatto all’assistenza domiciliare sforzi e risorse pressoché risibili. Basti pensare che dedichiamo in media, a ciascun paziente 20 ore di assistenza domiciliare ogni anno,  ore  che alcune nazioni europee che garantiscono  in poco più di un mese”.

 

“L’indagine di Italia Longeva non vuole però rappresentare  una classifica che mette in evidenza  le  regioni più virtuose - ribadisce  Bernabei - ma materiale su cui lavorare”.

E’ proprio da  un’attenta analisi   della disomogeneità  della distribuzione e delle modalità di erogazione dell’assistenza  che possono essere individuate le possibili soluzioni : le prestazioni sono quasi sempre insufficienti nelle aree in cui è meno sviluppata l’integrazione fra servizio sanitario e operatori sociali dei Comuni.

Inoltre , il costo annuo per assistito a domicilio non cresce in maniera proporzionale al numero di ore dedicate a ogni paziente,  ma al  di sopra di una certa soglia si registra una diminuzione delle successive richieste di assistenza.  A dimostrazione che investire in prevenzione è sempre economicamente vantaggioso.

Ad agire in questa direzione la regione Lazio che, proprio in questi giorni ha fissato come obiettivo del 2018 quello di garantire l’assistenza domiciliare a 30mila 500 soggetti over 65, pari al 2,5% della popolazione interessata, incrementando di 11mila unità i destinatari del sevizio. Già nel 2016  si era aumentato il numero degli assistiti di 3000 unità.

Auspichiamo che altre regioni seguano l’esempio del Lazio dedicando maggiori attenzioni e risorse all’ assistenza continuativa domiciliare  dei pazienti anziani e cronici.  Il potenziamento della rete di assistenza domiciliare su tutto il territorio nazionale dovrebbe  rappresentare una priorità per il nostro SSN,   soprattutto alla luce di ciò che sarà , nel futuro non troppo prossimo, una vera emergenza demografica ed epidemiologica:  i dati Istat, infatti, ci dicono che oggi 1  italiano su 4 ha più di 65 anni, rapporto  che salirà ad 1 su 3 nel 2050.

 

Ph: Qs