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La crisi dei concorsi infermieristici in Italia, da una mortificante debacle a nuovi orizzonti di opportunità

Giuseppe Romeodi
Giuseppe Romeo
Pubblicato il: 16/07/2017 vai ai commenti

Editoriali

Mala tempora currunt, per chi tiene al decoro della Professione Infermieristica in Italia.

I giovani sono il futuro, la speranza, i portatori del fardello del cambiamento. E quando si assistono ad episodi che umiliano e mortificano i giovani, veramente, ci si fa prendere un po’ dallo sconforto.

La cronaca degli ultimi mesi ci ha insegnato ad assistere ad episodi clamorosi, ai limiti dell’incredibile. I giornali hanno spesso titolato: 13000 infermieri per 20 posti, 10000 infermieri per 10 posti ecc, mettendo in crisi anche chi cantava “uno su mille ce la fa”, perché qui, spesso, la media era anche inferiore all’uno su mille.

La Caporetto dei concorsi si è consumata e continua a consumarsi sotto i nostri occhi. Migliaia di giovani infermieri. Infermieri che finalmente avevano avuto l’opportunità di conseguire un titolo universitario, formati finalmente da colleghi infermieri nelle Università; infermieri che conosco l’EBN, che sanno praticare conformemente l’EBP, infermieri che magari avevano già conseguito Master, Laurea Magistrale, corsi di formazione di ogni genere. Tutti in fila ai tornelli dei Palasport a contendersi un misero posto per più di mille partecipanti. Gli infermieri più formati d’Europa (ma i meno pagati) si sono quindi visti annullare concorsi due ore prima dell’espletamento delle prove, dopo aver percorso migliaia di km da tutta Italia e magari dall’estero. Da corsi e ricorsi storici, agli storici ricorsi ai concorsi, ormai praticamente last minute.

Un quadro devastante, irriverente, denigrante, un vilipendio all’immagine di quella Professione così preziosa ed imprescindibile per l’assistenza. Sic transit gloria mundi, ma soprattutto sic transit la voglia di fare l’infermiere, alla luce di quanto sopra.

Io empatizzo, mi metto nei panni di un ragazzo qualunque, un ipotetico “Marco da Roma”(nome inventato), che dopo tre duri anni di Università, viene formato per essere un professionista vero, concreto e consapevole, viene istruito e reso capace di condurre un’assistenza orientata ai dettami della letteratura scientifica, ma a causa di un perverso squilibrio tra posti di lavoro e Professionisti in grado di poterlo esercitare, a causa del blocco del turn-over e di tante macro vicissitudini, si trova costretto a dover emigrare magari finanche all’estero, dove si è dovuto rimettere completamente in discussione. Finalmente dopo qualche anno di sacrificio, “Marco da Roma” vede pubblicare un bando nella propria città, e pieno di forza e speranza prenota subito il costoso biglietto. Marco, oltre tutti gli impegni che gravano su chi lavora all’estero, che spesso si deve ricertificare anche per fare un semplice prelievo, deve ora studiare per settimane, e lo fa con la solita tenacia e grande impegno, ma arrivato a casa, dopo aver affrontato brillantemente le prime prove, quelle successive vengono sospese di colpo.

Qui “Marco da Roma” prova la stessa frustrazione che prova “Francesca da Bari”, emigrata al Nord 12 anni fa, la quale ha vinto il tanto atteso bando di Mobilità per tornare a casa ma non le viene concesso il nulla osta. Entrambi sperimento la stessa frustrazione di “Giovanni da Reggio Calabria” precario pendolare dello stretto dal 2008, che attende le calende greche della stabilizzazione, quando ha iniziato era un ragazzino, adesso ha famiglia. “Nadia da Messina”, mamma di tre figli, è invece un OSS che dopo 20 anni di precariato passati a fare un pò l’ausiliaria ed un po’ l’OSS, supera le prove del concorso OSS a tempo indeterminato a RC, ma apprende che lo stesso è stato sospeso da un ricorso al TAR di 37 colleghi, il risultato: frustrata lei e probabilmente anche i 37 colleghi ricorsisti.

Insomma, una cosa pare certa per Marco, Francesca, Nadia e Giovanni (tutti nomi di fantasia): QUESTO “SISTEMA” DI ASSUNZIONI, NON LI SISTEMERÀ.

Un sistema in crisi, e se non cambiato manderà in crisi molti altri.

Ma la parola “crisi” etimologicamente deriva dal greco krino (cernere, discernere, valutare), possiamo coglierne anche una sfumatura positiva, in quanto un momento di crisi cioè di riflessione, di valutazione, di discernimento, può trasformarsi nel presupposto necessario per un miglioramento, per una rinascita, per un rifiorire prossimo. Insomma, per aspera ad astra.

Da qui nasce una proposta. Forse pochi sanno che la Regione Sicilia ha bandito un concorso per centinaia di figure professionali il 31.12.2010, questo concorso aveva una assoluta particolarità: era per soli titoli.

All’epoca fu creata una piattaforma online, nella quale il candidato caricava i proprio titoli (attestazioni di servizio, master, corsi post-laurea, ECM, ecc…). una volta stilata la graduatoria provvisoria i candidati sono stati chiamati progressivamente per esibire i titoli che sono stati sottoposti ad un rigido e severo controllo amministrativo, in uffici sparsi su tutto il Bacino Orientale siciliano. Dal controllo amministrativo ne è scaturita quindi l’assegnazione del punteggio e di conseguenza è stata stilata la graduatoria definitiva.

Ebbene, i primi 500 furono assunti a tempo indeterminato, dalla posizione 500 a circa 2000 sono stati chiamati secondo rigoroso ordine progressivo dalla stessa graduatoria per prestare intanto servizio a tempo determinato.

Un sistema regolare e preciso, che ha dato lavoro e tutt’ora ne da e probabilmente ne darà nel tempo, perché la graduatoria è valida fino al 2019.

Da questa virtuosa esperienza nasce un’idea: perché non cambiare il sistema attuale dei concorsi? Perché non istituire delle graduatorie regionali (per SSR) con aggiornamento annuale e permanente, nelle quali, Regione per Regione, i candidati possono esibire annualmente i propri progressi lavorativi (esperienza professionale e formazione) che annualmente portano all’aggiornamento del punteggio ed alla costituzione di una graduatoria regionale unica?

Questo sistema, grazie all’istituzione di un rigido controllo amministrativo dei titoli, porterebbe ad una palese trasparenza, alla totale garanzia di democraticità ed universalità, sancendo la fine dei ricorsi “mors tua vita mea” che bloccano o procrastinano le assunzione e ingolfano i tribunali.

Un sistema del genere sarebbe anche a costo zero, basterebbe individuare pochi amministrativi l’anno per gestire migliaia di professionisti, i quali, al limite, potrebbero sostenere il sistema versando pochi euro ad ogni aggiornamento.

Avere una unica graduatoria Regionale sarebbe utile ed ordinato per tutti, sia per le Aziende, che avrebbero costantemente il polso ed il controllo sia del fabbisogno che dei Professionisti disposti a colmarlo.

Questo tipo di sistema, inoltre, porrebbe fine alle lotte fratricide ed intestine alla professione: precari contro mobilisti, mobilisti contro idonei, idonei contro neolaureati,  insomma; tutti contro tutti, infermieri contro infermieri.

La presenza di un eventuale colloquio di idoneità da parte di Dirigenti Aziendali e Regionali al momento dell’assunzione, si configurerebbe come un parametro utile per valutare con “colloquio e prove” e non solo per titoli il candidato, per verificarne le effettive capacità.

Personalmente, credo con fermezza che qualunque alternativa al sistema attuale sia valido, ma soprattutto credo che sia maggiormente valido quanto esposto sopra.

Attualmente i concorsi rappresentano una provante offesa al decoro della Professione, piange il cuore a vedere ragazzini super formati ma altrettanto mortificati da ricorsi last-minute dopo bagni di folla nei palasport, così come spiace vedere colleghi precari ed emigrati che hanno consumato in sacrifici e sofferenze gli anni migliori delle proprie esistenze.

Spero profondamente in un approccio resiliente al problema da parte di chi ha l’effettivo potere di cambiarlo. Prendiamo questo momento di difficoltà come un occasione per cambiare, appunto, con resilienza.