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Pessima gestione in Italia dei dati clinici. A rischio vite umane

Elsa Frogionidi
Elsa Frogioni
Pubblicato il: 26/08/2017 vai ai commenti

EditorialiLeggi e sentenze

Le leggi vigenti, risultano inapplicate In Italia, i dati e articoli scientifici dovrebbero essere Open Access, fruibili senza costi per ricercatori e sanitari, ma non lo sono.

Le disposizioni dell’Unione Europea lo impongono dal 2003 e a marzo 2017 ha definito anche le linee guida per l’accesso aperto alle pubblicazioni e ai dati della ricerca con riferimento al programma Horizon 2020. Le 4 caratteristiche che dovrebbero avere i dati della ricerca (FAIR):

  • Findable (reperibili)
  • Accessible (accessibili)
  • Interoperable (interoperabili)
  • Reusable (riutilizzabili)

l’Italia lo sancisce con leggi a partire dal 2004, ultima la legge 112/2013, all' Art 2 comma 3. I sistemi di conoscenza digitali di cui al presente articolo si adeguano agli standard dei dati aperti e accessibili, così come definiti in base alla legge 9 gennaio 2004, n. 4, e al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni e conseguenti disposizioni attuative, nonché in base agli atti dell'Unione Europea in materia di digitalizzazione e accessibilità in rete dei materiali culturali e in materia di conservazione digitale.

In particolare di tutti gli articoli scientifici prodotti almeno al 50% con fondi pubblici, o da agenzie, fondazioni, come Telethon o Wellcome Trust.

La denuncia è pubblicata su agendadigitale.ue.

Quando parliamo di pubblicazioni Open Access, ad accesso aperto intendiamo Pubblicazioni scientifiche di qualità: research article, data journal, atti di conferenze, monografie, ma anche tesi di dottorato, rapporti tecnici, ecc.. Il vincolo riguardo la riproduzione, la distribuzione, la tutela della paternità intellettuale e del copyright in questo ambito, dovrà essere la tutela dell’integrità del lavoro degli autori e il diritto di essere debitamente riconosciuti e citati. Vedi Definizione dell’OA (Open Access) nella Budapest Declaration

http://www.budapestopenaccessinitiative.org/translations/italian -translation

L’etica della ricerca, specialmente nel settore sanitario dove è di “vitale” importanza, impone che la Scienza sia Aperta.

È fondamentale che la ricerca e la sua documentazione sia di pubblico dominio per consentire il progresso scientifico. La trasparenza nella ricerca è il primo requisito per oggettivarne la qualità e l’indipendenza, la condivisione e il “riuso” dei dati senza restrizioni per diritti editoriali inoltre, implementerebbe lo sviluppo, la velocita di risultati e conoscenze con costi minori a beneficio di tutta la popolazione.

Bibliosan,  la rete delle biblioteche di ricerca dell’SSN su questi problemi ha condotto due indagini una nel 2016 e una nel 2017 (Allegate).

I risultati sono drammatici, la metà 30 dei 60 Istituti di ricerca coinvolti ha risposto e solo 2 hanno dichiarato di aver emanato politiche di Open Access.

Solo 15 istituzioni hanno risposto di aver pubblicato articoli ad OA in riviste con Impact Factor,pari al 19.4%, nel 2014. Solo 7 istituzioni hanno dichiarato di aver pubblicato articoli in riviste tradizionali (ibride) pagando per garantire l’accesso aperto (circa il 7.6% degli articoli con Impact Factor prodotti dalle stesse istituzioni).

In USA e in Europa le banche dati deputate a ricevere e rendere accessibili i dati della ricerca sono ben definite, ad es.: PubMed CentralEurope PMC  Cochranelibrary, in Italia non c’è alcuna direttiva che determini dove archiviare la ricerca, neppure per quella finanziata con fondi pubblici

La seconda indagine del 2017 ha prodotto risultati sconfortanti (Allegata) Il responsabile della conservazione dei dati è nel 52% dei casi lo stesso ricercatore che spesso li salva solo sulla propria postazione di lavoro (33,2%) o su un dispositivo USB (20,11%).

Molti hanno dichiarato perdita dei dati per cancellazione accidentale o per altri motivi.

Preoccupa che in questo settore di eccellenza del SSN ci sia questo livello di disorganizzazione. La cattiva gestione dei dati clinici e di ricerca ha conseguenze certamente dannose per la salute e l’economia della popolazione. L’innovazione digitale in Italia è ancora agli albori, le politiche devono con urgenza prevedere seri provvedimenti a riguardo. I costi della ricerca sono in pratica sempre sulle tasche degli utenti finali,

non utilizzare le risorse nel modo adeguato, significa perdere l’occasione di salvare vite umane.

Allegati:

Indagine Biblio ISS 2016.pdf

http://www.bibliosan.it/ftp/bisa_atti_15052017/POLTRONIERI_15_mag_2017.pdf

http://www.bibliosan.it/ftp/bisa_atti_15052017/bisa_15_05_2017.html

 

Ph credit: 

timeshighereducation.com

www.seppo.net