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Violenza nelle sale parto: l’inchiesta shock. In Italia 1milione di donne ha subito violenza ostetrica

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 21/09/2017 vai ai commenti

AttualitàStudi e analisi

Violenze fisiche e verbali, umiliazioni e procedure coercitive prive di consenso informato: è quanto emerge da una recente inchiesta, che ha rivelato come negli ospedali si consumino vere e proprie violenze, che minano all’integrità fisica e mentale della donna.

(da il XXI secolo e l’Espresso)

Storie queste, che restano sotterrate nell’anima, storie di ordinario dolore che caratterizzano uno dei momenti più straordinari della vita di una donna: la creazione di una nuova vita.

Un incubo che affiora tutti i giorni come dolore fisico e psicologico, un tunnel della sofferenza attraversato da 1milione di donne in Italia, è quanto emerge dai dati raccolti da OVO Italia, Osservatorio sulla violenza ostetrica, presentati oggi a Roma.

L’Osservatorio è nato dalla campagna #bastatacere, lanciata un anno fa dall’attivista Elena Skoko e dall’avvocato Alessandra Battisti, insieme a 20 associazioni che si occupano di maternità.

 

Mi sono sentita come carne da macello”

Mi hanno tagliata e non lo sapevo”

Mi sono saliti sulla pancia per fare uscire il bambino”.

Alcuni dei messaggi che si leggono sulla pagina di Facebook, legata alla campagna #bastatacere, dai quali emerge il dolore di queste donne che si sono sentite violate nel corpo, che hanno vissuto una umiliazione profonda.

 

Su un campione di 5 milioni di donne, dai 18 ai 54 anni, con almeno un figlio dai 0 ai 14 anni, 1 milione (il 21%) ha subito violenza ostetrica durante il parto o il travaglio, di cui il 27% nel Sud- isole ed 15-16% al Nord.

Tra le procedure vissute come violenze:

  • episiotomia (12%)

  • rottura delle membrane e manovra di Kristeller (9%)

  • impossibilità a lasciare la struttura (6%)

  • trascuratezza nell’assistenza con l’insorgenza di complicanze (4%)

  • sterilizzazione (3%),

ed ancora parto cesareo non voluto, uso della ventosa, induzione farmacologica al parto, visite vaginali invasive, umiliazioni verbali di ogni genere.

Esperienze talmente forti, che il 6% di queste donne non ha voluto più ripetere l’esperienza della gravidanza, con una perdita di 20.000 nati ogni anno.

Sara racconta di quella lussazione all’osso sacro a causa della Manovra di Kristeller, dell’ episiotomia, di quelle umiliazioni verbali, l’accusa di non essere capace a partorire; un dolore profondo che la fa svegliare nel cuore della notte, tutta sudata, in preda al terrore.

I dati raccolti raccontano ancora di parti infelici, fatti di abbandono e solitudine.

1 milione e 350 mila donne, il 27% del campione intervistato, dice di essersi sentita seguita solo da una parte dell’equipe e ha lamentato la carenza di informazioni sull’avvio dell’allattamento.

Il 19% lamenta la mancanza di privacy durante la permanenza in ospedale; il 12% ha affermato che gli è stato negato di avere accanto una persona di fiducia durante il travaglio; al 13% non è stata concessa un’adeguata terapia del dolore; il 6% ha affermato di aver vissuto il parto in totale solitudine e senza assistenza.

 

Ma cosa non funziona? E’ Malasanità?

Non è malasanità, queste donne non hanno avuto grosse complicanze, queste donne sono state escluse da un momento importante della loro vita, sono state disinformate e del loro corpo è stato fatto di tutto, senza chiedere il permesso.

Quindi cosa c’è alla base che non funziona.

Innanzitutto un problema di cultura della gravidanza: gli operatori percepiscono come pericoloso quello che non è, nonostante le evidenze scientifiche ( documento sull’Intrapartum care for healthy women and babies del National Institute for Health and Care Excellence inglese) sostengano come la fisiologia della gravidanza dia esiti positivi, ed il benessere del bambino e quella della madre non siano in conflitto.

Ed ancora turni prolungati, carenza di personale, mancanza di stanze per una privacy adeguata e mancanza di formazione per gli operatori sanitari, per i quali le conoscenze spesso sono ferme a quelle dell’Università, completano un quadro devastante.

E’ bene chiarire come le pratiche, percepite come violenze, non sono di per sé il problema, ma è l’abuso che ne viene fatto, è l’imposizione, la coercizione, senza una adeguata informazione e senza consenso.

In Parlamento è ancora fermo il Disegno di legge dell’On. Adriano Zaccagnini, presentato a Marzo 2106, sul riconoscimento della violenza ostetrica come reato.

C’è ancora tanto di sommerso in questo paradossale fenomeno, i dati sono solo parziali; parlare di dolore e di “Quel dolore” non è semplice: omertà, vergogna, pudore, desiderio di dimenticare.

Eppure parlarne è importante, per dare la possibilità alle donne di prenderne coscienza, di documentarsi sui propri diritti, per difendere la propria dignità ed integrità fisica.

 

 

Ph credit: Ovoitalia, fanpage e nextquotidiano