Iscriviti alla newsletter

Care Film Festival: l'intervista a Giovanni Muttillo

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 23/09/2017 vai ai commenti

Le interviste

IIl Care Film Festival è il primo concorso internazionale per cortometraggisul tema del “PRENDERSI CURA” che si terrà A Monza il prossimo 21 ottobre.

 

Il NurSind promotore dell’iniziativa, si pone come obiettivo statutario il “PRENDERSI CURA” di chi si “PRENDE CURA”, intende cioè promuovere e diffondere l’ importanza del ruolo sociale degli infermieri attraverso i vari mezzi comunicazione.

 

InfermieristicaMente sarà presente all’evento in qualità di Media Partner.

 

Oggi intervistiamo Giovanni Muttillo, ottavo del gruppo dei giurati, Presidente del Colleggio Interprovinciale IPASVI di MI - LO – MB.

 

Prendersi cura, tema centrale del Care Film Festival, è il focus centrale della nostra professione. Può dare una sua definizione del prendersi cura?

 

Gli operatori sanitari, nelle aree di esercizio, sono consapevoli di operare per aiutare la persona a fare ciò che vorrebbe fare se potesse … Bisogna proteggerla dai pericoli, dalle costrizioni, dai pregiudizi, ma nella consapevolezza che il sanitario deve aiutare l’assistito a mantenere i propri valori culturali perché, come commenta Spinoza: “niente è più prezioso per l’uomo che l’uomo”.

 

Viviamo in un momento storico caratterizzato da segnali di insofferenza, incertezza, pregiudizi e stereotipi. Ma tutti sappiamo che la cultura libera è il risultato di molte culture. E allora l’accoglienza, spesso gestita soprattutto dal personale infermieristico e volontario sul piano della relazione professionale e umana, deve avere l’obiettivo di rilevare e gestire il sentimento di fragilità, insicurezza e vulnerabilità della persona difronte alla malattia.

 

Nell’accoglienza in sanità, il “principio di eguaglianza” e il “principio di differenza” si possono integrare: eguaglianza di fronte alle norme, regole e procedure, differenza difronte all’unicità della persona.

 

E’ la sua prima esperienza come giurato? Cosa pensa di dare e di ricevere da questo festival?

 

Far parte della giuria del festival per me che sono infermiere da oltre 30 anni e ricopro la carica di Presidente di un Ente Ordinistico tra i più grandi d’Italia mi è sembrata subito un’opportunità da cogliere, per conoscere nuovi punti di vista su un festival diverso da quelli a cui sono abituato (ho collaborato in altri festival come organizzatore o come spettatore) e per capire l’approccio a elevate quantità di film e come si lavora con altri giurati (cosa che mi ritrovo a fare in questo Festival).

Comunque vedrò i film con tranquillità, leggerezza, facendomi orientare dal primo impatto. So già che dopo i primi due film i dubbi cominceranno a salire e a intensificarsi fino a delineare i criteri comparativi e valutativi. Penso che una giuria variegata con colleghi che ricoprono ruoli e responsabilità diversi nella professione, sia una risorsa, e questo confronto sarà oltre che un arricchimento professionale anche un’occasione per vedere la realtà rappresentata dai colleghi e i diversi significati e sfaccettature del prendersi cura.

Sarà comunque una partecipazione intensa e straordinaria, in cui incontreremo storie, tecniche, scenografie, coreografie e persone diversissime fra loro, unite dall’idea che il prendersi cura è l’assioma di fondo dell’assistenza infermieristica e che possa essere una spettacolare finestra spalancata sulla multiculturalità e sugli immaginari di tutto il mondo. Soprattutto mi aspetto che i colleghi resistano all’omologazione e che emerga la consapevolezza che il prendersi cura è un aspetto cruciale della nostra professione, intendendo con tale locuzione gli sforzi mentali, fisici ed emozionali relativi al supporto agli altri, una parte integrante nel processo di guarigione della persona di cui si prendono cura.

 

 

Un festival che ha come tema il prendersi cura, può fare da traino per la valorizzazione della professione? Può riportare la professione al centro del dibattito?

Anche per il mio ruolo, so che la comunicazione mediatica rappresenta uno strumento strategico per rispondere efficacemente al cambiamento culturale del sistema professionale. Sicuramente può contribuire a modificare l’immagine degli infermieri, e a superare le barriere professionali e di genere che permangono in ambito sanitario. Il festival può giovare alla rappresentazione sociale, dove esiste un’immagine stereotipata di cura, rappresentata nella misura in cui il lavoro di aiuto, emotivo non è riconosciuto come attività professionale ma attività che ci si aspetta da una figura femminile, associata allo stereotipo di immagine materna predisposta al prendersi cura.

Il Consiglio Direttivo del Collegio di Mi-Lo-MB è stato antesignano nel condividere alcune esperienze con la giornalista Susan Gordon, finalizzata a dare una nuova e più verosimile voce ai professionisti, a ribadire l’importanza della condivisione.

 

Gli infermieri, che conoscono la tecnologia tanto quanto le emozioni, devono quindi trasmettere, narrare al pubblico il valore unico dell’arte assistenziale. Gli infermieri devono spiegare alla gente che i medici, senza gli infermieri, non possono far guarire i pazienti, perché sono proprio gli infermieri ad assicurare con la loro presenza e collaborazione il monitoraggio, la gestione, la valutazione di sintomi e bisogni, guidando l’assistito lungo l’itinerario della cura e dell’assistenza nel rispetto dei suoi valori etici e delle tradizioni spirituali.

Troppi infermieri oggi tacciono, evitando di raccontare del loro lavoro, delle loro capacità, delle loro conoscenze e competenze. Troppi infermieri dicono che non sono capaci di parlare del proprio lavoro, che parlarne sarebbe un volersi vantare. Troppi infermieri si dicono: “Ma chi mi ascolterebbe? Sono solo un infermiere”. E invece no: dobbiamo far sentire la nostra voce e porci in primo piano, senza vanità o autocelebrazione, semplicemente narrando il nostro lavoro.