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Morte del medico napoletano: sotto accusa l’intera organizzazione dell’ospedale del Mare. Il legale della famiglia reclama gli ispettori

Daniela Sardodi
Daniela Sardo
Pubblicato il: 06/10/2017 vai ai commenti

AttualitàCampania

All’indomani della morte per arresto cardiaco dell’ odontoiatra 50enne all’Ospedale del Mare, infuriano le polemiche sulle supposte carenze strutturali ed di organico del nosocomio napoletano. Il giorno dopo la tragedia c’è chi difende strenuamente l’operato dei medici e chi prende le distanze.

Valeria Ciarambino, capogruppo regionale del M5s, mette in evidenza come la mancanza di una adeguata segnaletica abbia fatto perdere  preziosissimi 30 minuti per raggiungere dal Pronto soccorso il reparto di Medicina.

“Al di là delle responsabilità individuali è inconcepibile che, in una struttura avveniristica come l’Ospedale del Mare, manchi un percorso chiaro di accettazione” replica l’esponente pentastellata. “I pazienti provenienti da altri presidi usufruiscono di un varco di accesso dedicato, presidiato da guardie giurate” controbatte  Mario Forlenza,  manager del Asl Napoli 1.

Dal canto suo il dott.Ernesto Grasso, primario facente funzioni del reparto di Medicina dell’Ospedale del Mare, ribadisce di aver agito con correttezza, di essersi attenuto alle linee guida “mi assumo la completa responsabilità di quanto è stato fatto per assistere il paziente. Quando il paziente  è arrivato in ospedale  era sì, in preda a dolori addominali, ma stabile da un punto di vista emodinamico, ciò mi permetteva, secondo le linee guida di prescrivere una Tac entro le 48 ore. La situazione è poi precipitata e abbiamo provveduto ad eseguire la Tac di urgenza”.

Segnalazioni di inefficienze e carenze strutturali ed di organico provengono proprio dall’interno del nosocomio napoletano: “ non dovevamo accettare quel trasferimento-afferma uno specialista dipendente della struttura- con i percorsi assistenziali non ancora attivati, accogliere un paziente in quelle condizioni equivale a metterlo in rischio di vita”.

Percorsi diagnostici terapeutici non ancora attivati, disponibilità di 90 posti letti a fronte dei 400 previsti. Pochi anestesisti, tecnici di radiologia per non parlare della carenza di infermieri e di personale socio-sanitario o di reparti che esistono solo sulla carta come quello di Gastrenterologia.

Ottorino Esposito, ex primario della rianimazione dell’ospedale San Giovanni in Bosco, che ha sempre denunciato carenze e disfunzioni, riporta un episodio personale che gli ha fatto toccare con mano cosa vuol dire per un paziente entrare in una sorta di girone dantesco.

Intanto, Enrico Ricciato, legale della famiglia della vittima, reclama l’invio di ispettori del Ministero della Salute. In attesa dell’ennesima ispezione ci auguriamo di non dover  riportare più  così frequentemente ciò che, appaiono in prima istanza, casi di malasanità.

 

Fonte: Repubblica