La Contenzione. Sistemi sanitari a confronto
di Michela Cavallin
Alla luce della costituzione Italiana art 13 e dell’Ultimo documento “Carta di Trieste sulla non contenzione documento firmato il 30 marzo 2017 , un manifesto elaborato insieme a medici, magistrati e volontari per difendere i diritti delle persone più fragili penso che sia doveroso fare una riflessione nel mondo infermieristico e più precisamente in area critica.
Da una breve analisi retrospettiva della letteratura emerge che:
L’agitazione ed il delirio alla sospensione della sedazione farmacologica è un problema frequente in area critica, con una prevalenza che va dal 15 al 40%.
Le conseguenze dell’agitazione in questi pazienti è potenzialmente pericolosa perché può avere come conseguenza la rimozione di drenaggi, cateteri venosi centrali, monitoraggio invasivo. Per prevenire queste complicanze è pratica comune l’applicazione di mezzi di contenzione fisica o farmacologica.
La contenzione fisica è male accettata dai pazienti, dai loro familiari e anche dagli operatori sanitari coinvolti nel processo di cura in quanto è considerata un mezzo “crudele” per rendere più “docile” il paziente stesso e più compliante al pianto terapeutico.
D’altra parte la sedazione, intesa come “contenzione farmacologica” se vista in modo più favorevole da infermieri e parenti, porta con sé importanti conseguenze: ritardo nello svezzamento del paziente dalla ventilazione invasiva o non, ritardo nella ripresa di coscienza del paziente con lesioni neurologiche. Questi effetti collaterali della sedazione prolungata sono purtroppo poco evidenti nell’immediato se confrontati con le conseguenze della restrizione fisica: tachicardia, ipertensione, peggioramento dell’agitazione ed aumento della richiesta metabolica di ossigeno. D’altro canto questi ultimi effetti sono senz’altro più evidenti e quindi facili da prevenire.
Non di poca considerazione in un periodo di riduzione delle risorse, è la considerazione che l’aumento della sedazione farmacologica in pazienti affetti da agitazione e delirio, inevitabilmente aumenta il tempo di degenza con conseguenze negative per i pazienti stessi e l’organizzazione sanitaria con un minor turn-over sui letti per acuti.1
Secondo le linee guida internazionali in lingua inglese che parlano di contenzione, esiste una visione ambivalente ed opposta2, 3: se da una parte quelle americane prediligono la contenzione fisica rispetto a quella farmacologica per gli effetti collaterali sopracitati, gli inglesi hanno una visione diametralmente opposta. In ogni caso non va dimenticato che in queste due nazioni il rapporto numerico infermieri/pazienti è sicuramente superiore alla realtà italiana: per questo motivo, l’infermiere coinvolto nel processo di assistenza al paziente sottoposto a contenzione sia fisica che farmacologica o entrambi ha gli strumenti per vigilare sugli eventuali effetti collaterali e porre in atto tutte le contromisure adeguate cosa che nelle nostre realtà è difficilmente applicabile perché il rapporto infermieri pazienti è molto basso.
References
1. Nirmalan M, Dark PM, Nightingale P, Harris J. Editorial IV: physical and pharmacological restraint of critically ill patients: clinical facts and ethical considerations. Br J Anaesth. 2004 Jun;92(6):789-92. PubMed PMID: 15145832.
2. Maccioli GA, Dorman T, Brown BR, Mazuski JE, McLean BA, Kuszaj JM, et al. Clinical practice guidelines for the maintenance of patient physical safety in the intensive care unit: use of restraining therapies--American College of Critical Care Medicine Task Force 2001-2002. Crit Care Med. 2003 Nov;31(11):2665-76. PubMed PMID: 14605540.
3. Bray K, Hill K, Robson W, Leaver G, Walker N, O'Leary M, et al. British Association of Critical Care Nurses position statement on the use of restraint in adult critical care units. Nurs Crit Care. 2004 Sep-Oct;9(5):199-212. PubMed PMID: 15462118.