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L'errore di un operatore sanitario? A pagare è tutta l'equipe. La sentenza

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 06/11/2017 vai ai commenti

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Qualunque operatore sanitario lavori in equipe, non può sottrarsi alla responsabilità di un eventuale danno ad un paziente, anche se non direttamente responsabile del danno.

A stabilirlo la Cassazione con la sentenza 50038/2017 del 31 ottobre scorso con cui i giudici hanno ricordato cosa comporta, dal punto di vista della responsabilità professionale, la cooperazione tra più sanitari.

 

I fatti

Un paziente muore in seguito ad una reazione emolitica acuta post trasfusione di due sacche di emazie concentrate non emocompatibili con il gruppo sanguigno del ricevente.

Ad innescare il processo di errore è stato il tecnico del servizio di trasfusione, il quale per negligenza, superficialità ed imprudenza, ha consegnato all’infermiere di reparto le sacche di sangue destinate ad un altro paziente.

Il medico di reparto a sua volta non ha controllato che il gruppo sanguigno del paziente fosse compatibile con quello della sacca di sangue, disponendone la somministrazione.

Il medico anestesista rianimatore intervenuto per una consulenza non aveva indagato maggiormente sull’ipotensione per la quale era stato chiesto il suo intervento, causata dunque dall’emotrasfusione.

E’ vero che l’origine dell’errore a monte è stato del tecnico del centro emotrasfusionale, ma poi a catena tutti gli attori dell’equipe hanno commesso degli errori fatali, provocando la morte del paziente.

 

Per la Corte d'appello, l'intera l'equipe andava condannata per omicidio colposo, perché le condotte dei singoli sanitari si inserivano tutte nella stessa area di rischio.

Posizione condivisa dalla Cassazione che però è stata costretta ad assolvere due sanitari per estinzione del reato per prescrizione, mentre i ricorsi di altri due sono stati dichiarati completamente inammissibili e hanno quindi confermato la condanna per omicidio colposo nei confronti di un tecnico del Servizio trasfusioni e per un medico ortopedico dello stesso ospedale

 

Il medico non può invocare il principio dell’affidamento, in più, ogni medico deve osservare gli obblighi che derivano dalla convergenza di tutte le attività svolte dal gruppo verso l’unico e comune fine.

 

Secondo la Cassazione: risulta correttamente applicato il principio secondo ii quale “La cooperazione tra più sanitari, ancorché non svolta contestualmente, impone ad ogni sanitario oltre che ii rispetto dei canoni di diligenza e prudenza connessi alle specifiche mansioni svolte, l'osservanza degli obblighi derivanti dalla convergenza di tutte le attività verso ii fine comune ed unico, senza che possa invocarsi ii principio di affidamento da parte dell'agente che non abbia osservato una regola precauzionale su cui si innesti l'altrui condotta colposa, poiché la sua responsabilità persiste in base al principio di equivalenza delle cause, salva l'affermazione dell'efficacia esclusiva della causa sopravvenuta, che presenti ii carattere di eccezionalità ed imprevedibilità”

 

Fonte: quotidiano sanità

Ph credit: agenas