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Aids. La lotta di un infermiere militare per non perdere il posto di lavoro

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 30/11/2017 vai ai commenti

Attualità

Andrea(nome di fantasia) ha 30 anni, una carriera da Infermiere militare, raggiunta con sacrificio, tra notti passate sui libri ed anni passati a soccorrere i profughi sulle coste siciliane.

In un giorno qualunque decide di andare a donare il sangue e, si ritrova con una diagnosi infausta, che da quel momento cambierà la sua vita: Sieropositivo.

Comincia da qui il calvario di Andrea, che da questo momento dovrà lottare per salvare se stesso ed il suo posto di lavoro.

Il giovane infermiere comincia la sua battaglia per continuare a lavorare, una battaglia durata un anno, contro gli alti gradi militari, con continue segnalazioni al garante della privacy, che hanno permesso di cambiare il regolamento del ministero della Difesa (Smm/Is150Ueu), in contrasto con la legge sulla privacy e con quella che tutela i diritti dei sieropositivi (135/1990).

La legge 135/1990,prevede la non obbligatorietà dei test dell’Hiv e l’anonimato per chi vi si sottopone. Prescrizioni che sono rimaste lettera morta: Andrea e’ rimasto a casa per 7 mesi, con lo stipendio decurtato. Mesi in cui una commissione medico-legale, seguendo un regolamento interno, ha continuato ad abbinare nei verbali la diagnosi al suo nome e cognome.

E’ stato umiliato in ogni maniera, discriminato, guardato con sospetto; gli è stato chiesto ripetutamente quale fosse il suo orientamento sessuale, come se l’HIV non potesse averlo contratto il servizio.

La forza e la tenacia, di chi sapeva di subire un torto immenso lo hanno condotto a destare l’attenzione del Garante della privacy ed Andrea è tornato alla sua attivita’ di infermiere grazie ad un provvedimento che stabilisce che Ministero della Difesa debba essere inibito a trattare ulteriormente i suoi dati sensibili e dovra’ adeguare i propri regolamenti e i modelli di verbale alla legge.

Non è il solo a lottare Andrea, oggi in un mondo del lavoro sempre più precario, sono gli ultimi ed i più deboli e tra questi i sieropositivi a pagare le “ristrutturazioni” aziendali: precari ai quali non viene rinnovato il contratto, donne e uomini mobbizzati ed emarginati e poi licenziati, dipendenti demansionati e ricollocati, persone che tendono a nascondere la sieropositività per non perdere il lavoro.

E’ Salvatore Marra, responsabile dell’Ufficio “Nuovi diritti” a lanciare l’allarme.

La diagnosi di sieropositività resta ancora uno stigma difficile da estirpare: disinformazione e silenzio dei media se non in occasione del World Aids Day, ne sono in parte responsabili.

Su Hiv ed Aids c’è ancora tanta confusione così come su modalità di trasmissione, alla quale si aggiunge la poca conoscenza dei test rapidi: è quanto emerge dal rapporto Lila Onlus 2017, un rapporto basato sull’analisi dei circa 12mila contatti censiti, in modo assolutamente anonimo.

Il quadro che viene fuori è quello di una percezione del rischio confusa e di una conoscenza delle vie di trasmissione lacunosa in tutte le fasce d'età, segno di come le campagne di informazione e prevenzione pubbliche continuino a segnare il passo. Altissima, non a caso, è la domanda di informazioni di base giunte alle Helpline Lila: in particolare su modalità di trasmissione (60%) e test l’Hiv (46%, più del doppio rispetto allo scorso anno).

 

Fonte: grnet.it e QS

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