Morire di incuria. Le condizioni disastrose in cui versa il Nomentana Hospital di Roma. Il video delle Iene
Quando la “colpevole” scarsità di personale infermieristico nelle strutture sanitarie private convenzionate fa la differenza tra la vita e la morte: la triste storia della signora Maria.
Nella puntata del 10 dicembre la “Iena” Nina Palmieri ha raccolto la denuncia dei figli della signora Maria, una 82enne romana, morta di setticemia causata da una piaga da decubito giunta, a causa di incuria, fino al quarto stadio (fase necrotica).
Ad essere chiamato in causa il Nomentana Hospital di Roma, una struttura convenzionata per la lungodegenza riabilitativa, dove la donna, con una microfrattura al bacino, è giunta dopo le dimissioni dall’ospedale pubblico Sandro Pertini. Durante i 60 giorni di degenza, la donna, immobilizzata a letto, non ha ricevuto l’assistenza adeguata ad un paziente allettato: assistenza che prevede periodiche mobilizzazioni per prevenire piaghe da decubito. Maria, concluso il periodo convenzionato, pagato profumatamente con i soldi della collettività (350 euro al giorno), viene dimessa con una piaga da decubito sacrale al quarto stadio senza che venga neanche menzionata nella cartella clinica. A stabilire se la “dimenticanza” sia colpevole o involontaria sarà la magistratura: i figli, dopo la morte della donna per setticemia, hanno, infatti, sporto denuncia alla magistratura.
Ma un aspetto della triste vicenda è, comunque, chiarissimo: la scarsità del personale infermieristico e socio- sanitario. Si gioca alla roulette con la vita dei pazienti riducendo all’osso la dotazione del personale di assistenza per puro scopo di risparmio economico e, questo non solo, ma soprattutto nelle strutture private convenzionate. Come possono solo due infermieri per turno garantire un’assistenza adeguata a 55 ospiti di un reparto di lungodegenza riabilitativa? Altro che mobilizzazioni ogni mezz’ora come prevedono le linee guida per la prevenzione delle piaghe da decubito, con una dotazione organica di questo livello è, quasi inevitabile, incorrere in questi esiti. La legge prevede che in un reparto di lungodegenza vi siano un infermiere e un operatore socio-sanitario ogni 5 pazienti: dunque, il Nomentana Hospital doveva garantire nel reparto dove la signora Maria è stata ricoverata, 20 operatori sanitari tra infermieri e oss.
La centralità dell’assistenza infermieristica negli esiti delle cure, è un elemento ampiamente dimostrato da numerose ricerche scientifiche: parliamo di Nursing Sensitive Outcome (esisti sensibili delle cure infermieristiche) che, in casi come questo fanno la differenza tra vita e la morte. Avere personale sufficiente, in termini pratici, avrebbe significato per la signora Maria essere mobilizzata ogni mezz’ora, essere cambiata e lavata ogni volta che necessitava, evitando l’uso del pannolone che è tra i principali responsabili delle piaghe da decubito per l’attrito e la macerazione dei tessuti che causa, ma soprattutto avrebbe permesso alla signora Maria di essere ascoltata e accolta nei propri bisogni.
Certo, un infermiere quando non viene messo nelle condizioni di poter lavorare nel migliore dei modi deve segnalare, denunciare la situazione, lo impone il codice deontologico, oltre che la propria coscienza. Non sappiamo se ciò sia stato fatto al Nomentana Hospital, ma se così non fosse si può comprendere, anche se non giustificare, che la paura di perdere il posto di lavoro possa prendere il sopravvento sull’obbligo morale di segnalazione e denuncia. Gli operatori sanitari, in questi casi, devono utilizzare l’unico strumento possibile che è quello sindacale e, ricordarsi che la qualità dell’assistenza ai pazienti passa, inevitabilmente, attraverso la tutela dei propri diritti di lavoratori.
L’infermiera ripresa a volto coperto nel video delle Iene bene avrebbe fatto ad utilizzare l’occasione per sottolineare con forza le condizioni in cui è costretta a lavorare, anziché banalizzare e rendersi colpevole agli occhi dell’opinione pubblica di scarsa conoscenza di linee guida e regolamenti, andando a rafforzare gli stereotipi che gravano sull’immagine e sul ruolo degli infermieri.
A questo scopo invitiamo la Iena Nina Palmieri a continuare l’egregio lavoro d’inchiesta che dà voce a tutti coloro che subiscono le conseguenze di episodi di malasanità, ma anche a non dimenticare che, molto spesso, anche gli stessi operatori sanitari ne sono vittime. Ad una giornalista di grande sensibilità come lei chiediamo di avere a cuore la battaglia che gli infermieri stanno conducendo in Italia da più di due decenni: una battaglia di evoluzione professionale che passa inevitabilmente anche attraverso il cambiamento della percezione sociale del proprio ruolo professionale, oltre che dei propri diritti di lavoratori.
http://www.video.mediaset.it/video/iene/puntata/nina-morire-d-incuria-all-ospedale_786361.html
Fonte: Le Iene
Ph: Le Iene