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I bisogni della professione infermieristica. Servono i fatti

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 16/01/2018 vai ai commenti

Editoriali

 

di Alfonso Megna

 

Nel 2015 l’ISTAT nel suo rapporto definiva “Vincenti” le professioni sanitarie. Trapelava la speranza di professioni che avrebbero guadagnato il podio nel prossimo futuro. Un podio di tutto rispetto, una posizione occupazionale migliore, anche perché vi era lo stallo del lavoro e la criticità dell’assistenza in tutto il territorio della nostra bell’Italia.

Tra le varie professioni, l’analisi di quella Infermieristica fu subito elaborata dalla presidente della federazione IPASVI. Mi piace ricordare le parole che fecero un istantanea di un complesso mix di condizioni politico-sociali: “Soluzioni parziali per l'occupazione sono possibili, ma senza organici il servizio non ce la fa”, disse la Dott.ssa Mangiacavalli. Da quel maggio 2015 un po’ di tempo è passato e non possiamo nascondere che le condizioni sono variate. Nuove leggi hanno travolto la nostra professione. Si sono sbloccati i concorsi, si parla di rinnovo contrattuale, stabilizzazione dei precari e trasformazione in Ordine di una professione che ancora non sale su quel trionfante podio.

Qualche collega ancora mi dice: “si,….ma cosa è cambiato?”. Una domanda che trascina in se la più profonda demotivazione. Trapela la perdita di forza d’animo, si avverte un iniezione di sfiducia, percepisco avvilimento. Una professione dissuasa dal potere vedere una crescita positiva. Non abbiamo bisogno di leggi, ordini o occupazione; non abbiamo bisogno di aspettare il futuro, di attendere ciò che potrà cambiare.

A questo punto mi chiedo di cosa ha bisogno questa professione?

Dei fatti. I professionisti vogliono concretamente toccare i fatti. Ho sempre sostenuto che comportarsi da professionisti, credere in quello che siamo fosse il primo passo per la rivoluzione del riconoscimento del nostro essere infermiere. Abbiamo bisogno di vedere un rinnovo di contratto che sottolinei un concreto aumento remunerativo. Siamo un ordine perché professionisti d’intelletto, vogliamo vedere buste paga adeguate. Abbiamo bisogno di occupazione, ma di quella che incontri ambienti di lavoro che ci circondino di figure di supporto. Necessitiamo di una dirigenza con il giusto peso, con lo spessore di una quercia e non giusto un peso con lo spessore di uno stuzzicadenti. Abbiamo bisogno di essere considerati professionisti RESPONSABILI dell’assistenza e non badanti con responsabilità esclusive in sede giudiziaria.

I colleghi sono stanchi di dovere aspettare di essere PROFESSIONISTI appena si cancellerà il mansionario, appena s’istituirà la Laurea, appena si attiverà la Magistrale, appena si formerà l’Ordine.

In tutte queste attesa abbiamo vissuto il blocco dei contratti, il continuo demansionamento, la disoccupazione e l’aumento delle responsabilità senza alcuna possibilità di carriera concreta, senza il supporto di una dirigenza riconosciuta tale e senza la possibilità di essere visti e vivere appieno la condizione di professionisti.

Il bisogno di questa professione? Forse meritiamo un po’ di concretezza.

Crediamoci tutti insieme, attiviamoci attraverso i nostri ordini e i nostri sindacati di categoria per ottenere ciò che ci spetta. La verità è che non dobbiamo combattere per quello che potremmo avere, dovremmo combattere per quello che tarda ad arrivare. Credetemi se vi dico che è tanta roba.

Sempre e comunque orgoglioso e fiducioso.

 

 

ph credit. dal web