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La Spezia. Sindacato Infermieri ai primi del '900

Chiara D'Angelodi
Chiara D'Angelo
Pubblicato il: 26/12/2013 vai ai commenti

NurSind dal territorio

Listener9090nella foto: il Golfo della Spezia; a sinistra l'isola Palmaria, a destra la punta di Portovenere   L'ospedale spezzino Sant'Andrea risale al periodo della Prima Guerra Mondiale o, come era detta dai coevi, della ''Grande Guerra''. Inaugurato nel 1915, questo nosocomio venne concepito secondo l'architettura imperante all'epoca: padiglioni separati, ancora distante l'idea dei ''monoblocchi'' , oggi la forma prescelta ovunque, opzione che rende più semplici i trasporti, i collegamenti, i contatti interni (non a caso, il risk management considera meno problematiche le comunicazioni nelle strutture a monoblocco, rispetto a quelle pensate a padiglioni distinti, e lontani fra loro). Sulle mura esterne di una di queste palazzine, che ospita oggi la direzione sanitaria del presidio, la dialisi e la radiologia, si trovano alcune lapidi, murate a ricordo di lasciti e donazioni; alcune vennero lì trasportate dal precedente ospedale, dismesso in concomitanza con l'inaugurazione dell'attuale (che da 30 anni circa attende di cedere il testimone al ''costruendo'' nuovo ospedale...ma questa è veramente tutta un'altra vicenda) , altre vennero affisse in seguito, fino alla scomparsa della moda di ricordare in questo modo i benefattori (non sono del tutto estinti i benefattori, anzi: ma la moda delle lapidi cessò, forse per un nuovo bisogno sociale di riservatezza). Fra le lapidi che adornano l'ingresso della struttura di radiodiagnostica, c'è quella che potete ammirare e faticosamente leggere: vi è riportata una donazione (una ''elargizione'', così è descritta) di alcune migliaia di lire che nel 1921 il SINDACATO INFERMIERI volle assegnare a quel ''Pio Istituto'' che era, appunto, l'Ospedale Sant'Andrea. (Al tempo, l'ospedale si chiamava Vittorio Emanuele II ma nell'immediato Secondo Dopoguerra la città della Spezia - la cui Provincia dal 1996 è Medaglia d'Oro al Valor Militare per la attività di resistenza al nazifascismo- rimosse ogni riferimento ai Savoia : l'omonimo viale diventò ''Amendola'', e l'ospedale diventò Sant'Andrea...). La riflessione che, per chi scrive, è automatica nell'osservare le testimonianze dei predecessori, è questa volta indirizzata facilmente e senza sforzi a considerazioni professional-personali, visto che quellla lapide è stata generata dal gesto di colleghi che furono. Diversi in molto, ma comunque identici nella definizione dell'attività (erano Infermieri loro, lo siamo noi 93 anni dopo) e prossimi anche nella considerazione di un bel gesto: il personale preposto alla cura dei malati, pagato per curare appunto, che gira una parte del proprio patrimonio (si ipotizza scarso) all'istituto di cura stesso...retaggio di un'epoca dove lo spirito di servizio e dedizione era fortissimo, di un tempo dove anche la solidarietà spontanea era vera, concreta e non scattava su spinte mediatiche (peraltro ben motivate), ma sorgeva dal passaparola, ed era diretta al bersaglio. Nel 1921 c'era dunque un SINDACATO INFERMIERI, che si presume composto da Infermieri.20131217_081638 Frugando in un libro antichissimo, recuperato anni fa fra le macerie dismesse di una ristrutturazione, notai che a un incontro con il direttore dell'ospedale era ammesso anche un rappresentante della categoria dei ''Signori Medici''... ed un componente il Sindacato “Infermieri” : il vincolo era l'appartenenza al genere maschile.... In quegli anni l'Italia era scossa da un vero terremoto politico. Da una parte il tentativo di affermazione di chi cercava di creare anche in Italia la 'rivoluzione proletaria', sull'onda emotiva (fortissima nel popolo) della neonata Unione Sovietica; dall'altro - e contrapposto al primo - il montante movimento reazionario, guidato dal futuro Duce, Benito Mussolini. Se nel 1921 era normale avere un Sindacato (degli infermieri, o di qualsiasi altra attività), dal 3 gennaio 1925 ciò non fu più possibile. In quella data, con il discorso di Mussolini detto ''delle Leggi fascistissime'', e successivo alle enormi polemiche per il ''delitto Matteotti'', il Fascismo attraverso il suo leader si assunse la responsabilità non solo del delitto, ma di ogni altra 'chiusura' alle attività democratiche. Vennero  di fatto - con l'avvallo di quella casa regnante citata- resi fuori legge i partiti e le libere associazioni, inclusi i sindacati: potevano esistere solo, oltre ovviamente al PNF, il partito nazionale fascista, i sindacati fascisti di ogni categoria (c'era anche quello degli infermieri). Iniziò un periodo di buio per le libertà individuali e associative che trovò la sua conclusione solo quasi vent'anni dopo; a partire da Sud, dove gli eserciti alleati sbarcarono nell'estate 1943, fino alla conclusione ufficiale della guerra in Italia ( oggi ricordata con le celebrazioni del 25 aprile, ma ufficialmente conclusa il 2 maggio 1945, come da firma dei plenipotenziari tedeschi a Caserta, di fronte ai vincitori Alleati : ci fu chi all'estremo Nord morì anche nei giorni seguenti, ad opera di truppe tedesche in ritirata intenzionate a rientrare in patria...). Dopo l'immenso strazio della guerra ritornò una parvenza di vita normale: sorsero a decine le testate giornalistiche, molti quotidiani vissero un'effimera esistenza, l'associazionismo trionfò, finalmente libero da vincoli: ogni giorno le Commissioni Alleate di controllo ( incaricate soprattutto di contenere le ''estreme sinistre'' ed eventuali rigurgiti fascisti )concedevano sempre più crescenti autorizzazioni a rifondare questo o quel sindacato, questa o quella sigla associativa, questo o quel partito. Fino a che, partiti gli Eserciti Alleati, tornò una vera libertà autogestita dagli italiani. Ma in quel Dopoguerra, e anche nel tempo pacificato successivo; negli anni del ''boom economico'', nei seguenti anni di crisi...non venne mai più ripresa l'idea di un ''Sindacato Infermieri'', fino agli anni di fine XX secolo... Perchè? Tornando alla lapide, non sappiamo se i benefattori ricordati vivessero in forma locale, o inseriti in più vasto e articolato concerto (come oggi il Nursind, radicato in gran parte del territorio nazionale). La riflessione è perchè in questa categoria, tra gli Infermieri, non si cercò dopo il 1945 -per un tempo invero lunghissimo- di radunare in forma dedicata una attività sindacale, che già esisteva nel primo periodo di 'democrazia' che caratterizzò il Paese, fino cioè all'avvento della dittatura fascista . E' abbastanza emblematico, perchè può migliorare la comprensione di un ancora relativo, parziale coinvolgimento della categoria nelle scelte che contano, e che direttamente la riguardano. Allargando il fronte della riflessione e dell'osservazione, si può riflettere sulle percentuali di votanti alle elezioni di rinnovo del Collegio professionale, o anche si può osservare la pressochè totale adesione dei rappresentanti di altre professioni al proprio sindacato di categoria. Gli Infermieri per molti anni hanno soprattutto pensato a lavorare, probabilmente; o forse non hanno creduto di poter sedere a pieno titolo ai tavoli che contano, per una sudditanza tramandata da un passaggio generazionale all'altro... eppure, 93 anni fa un SINDACATO INFERMIERI esisteva e versava oboli, in pratica, al proprio datore di lavoro! Il tempo del cambiamento è in atto, e forse osservare allo sforzo dei nostri predecessori con occhio accorto e non prevenuto può solo aiutare a comprenderlo: esso - il cambiamento -  è in atto ma non è completato, e soffre di quei ritardi che ognuno di noi può rimarcare, approfondire, ma che puo' anche ridurre. Buona riflessione, se volete...   di Francesco Falli, Presidente del Collegio IPASVI di La Spezia