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Roma. E' emergenza al pronto soccorso del San Camillo, NurSind: "Basta con attese di ore e giorni per un posto letto. Infermieri e medici sottoposti a turni massacranti"

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La Redazione
Pubblicato il: 02/02/2019 vai ai commenti

Comunicati StampaLazioNurSind dal territorio

La situazione del pronto soccorso al San Camillo è ancora in una criticità assoluta dopo svariati anni e diverse denunce fatte dal NurSind.

Il NurSind di Roma, guidato dal segretario territoriale Stefano Barone, denuncia, attraverso una nota, la situazione di emergenza che in queste uItime ore sta avvenendo presso il pronto soccorso dell'Ospedale San Camillo di Roma. "Basta con attese di ore e giorni per un posto letto e infermieri e medici sottoposti a turni massacranti".

"I numeri parlano chiaro - afferma Barone -: nella giornata del 31 Gennaio 2019, alle ore 10.56 erano presenti al Pronto Soccorso un numero di utenti pari a 79 unità di cui 49 in attesa di destinazione praticamente il 65% dei pazienti che vi sostavano erano in attesa di un posto letto. Questo succede al San Camillo di Roma. Per far comprendere il dato diffuso dalla Regione Lazio altri Dea di II Livello erano cosi strutturati: il Sant’Andrea aveva “solo” il 37 % degli utenti in attesa di ricovero (ovvero 40 pazienti in attesa di ricovero su un totale di 90), il Policlinico Umberto 1 il 30% (ovvero 42 su 130), il PTV il 35%. (ovvero 43 su 126). Questa è una situazione conosciuta da anni e non ci sono pandemie o cataclismi biblici che possano giustificare questi numeri".

"Abbiamo diminuito il deficit ma a quale prezzo caro Direttore? - continua il segretario Nursind-. Dal punto di vista aziendale pensare che con la chiusura e accorpamenti di Unità Operative (vedi la Cardiologia Long con 27 posti letto e con 3 Responsabili e 3 UOC unite in un corridoio) si possano risparmiare dei soldi ci può stare ma alla fine il prezzo di un risanamento viene pagato comunque dalla collettività e soprattutto dal personale sia infermieristico e sia medico che si trovano loro malgrado indotti ad aprire una “astanteria” di fatto non narrata nell’atto aziendale con tanto di entrata convenzionale dei parenti nel codice rosso ovvero in locali dove l’emergenza è assoluta. Mancano i posti letto e manca personale e laddove manca personale non ci può essere un servizio sanitario degno di questo nome".

"Basta con attese di ore e giorni per un posto letto e infermieri e medici sottoposti a turni massacranti - dice ancora Barone -. Se c’è stato un minimo di organizzazione (come si evince dalla modifica della delibera 215/2016 ovvero la 1689 del 2017 sul contenimento del fenomeno del sovraffollamento) per migliorare l’accoglienza del pronto soccorso di sicuro questa non è stata ad oggi sufficiente a risolvere gli enormi problemi che ci troviamo davanti tutti i giorni. Dall’istituzione (o no?) della discharge room, al fallimento dell’organizzazione della Boarding Room ci troviamo sempre di fronte ad una progettazione che non riesce comunque ad accogliere l’utenza proveniente dal territorio".

"Abbiamo un “Peimaf” ben pubblicizzato ma ma non conosciamo ancora la gestione del sovraffollamento nel nostro pronto soccorso. In questa situazione paradossale quale sarà l’efficacia degli eventuali interventi futuribili pensati dall’Azienda? Prossimamente si attueranno procedimenti atti a far si che tutti gli utenti troveranno finalmente accoglienza? Oppure ci saranno le solite ricadute nelle Unità operative con il solito invio dei pazienti nei corridoi dei reparti di degenza? Anno dopo anno  - concludono dal NurSind - è sempre purtroppo la stessa storia. Tutto questo tinge a tinte molto fosche il futuro prossimo e per questo motivo siamo pronti a un incontro propositivo con l’azienda per discutere eventuali ulteriori modifiche ad un piano sul sovraffollamento per come attuato oggi molto discutibile".