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Infortuni. Muore di infarto da troppo lavoro. Responsabile il datore di lavoro. Deve vigilare lo stato di salute dei dipendenti

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 18/03/2019 vai ai commenti

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Il datore di lavoro è responsabile degli infortuni che occorrono sul posto di lavoro anche se questi sono frutto di un malore.

E’ in sostanza, quanto stabilisce la Corte di Cassazione con la Sentenza n. 1469 14 gennaio 2019.

 

I fatti

I fatti risalgono al 2011, quando il lavoratore di un cantiere veniva colto da malore, in seguito al quale muore.

Quel giorno, il dipendente, stava svolgendo attività di trasporto di materiale.

Secondo la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, il lavoratore sarebbe stato colpito da malore mentre movimentava cassette di 22kg con materiali di risulta ed altre di 40 kg contenenti sabbione, percorrendo una scala in muratura di 49 gradini con dislivello di circa 10 metri, e osservando una sola pausa di circa 15 minuti nell’intervallo di tempo in cui era iniziata l’attività di movimentazione dei carichi, tra le 7 e le 9 del mattino.

I trasporti effettuati tra le 7,00 e le 9,00 in particolare erano stati diciassette, ciò che rendeva la movimentazione dei carichi fuori dai limiti di legge, anche in relazione alla frequenza delle azioni.
Quanto poi alle condizioni di salute del lavoratore ed alle cause del decesso venivano in rilievo gli esiti della autopsia dalla quale era emerso che la morte era stata causata da uno shock cardiogeno da arteriosclerosi occlusiva marcata di tre vasi coronarici, essendo state peraltro rilevate lesioni cicatriziali di precedenti infarti o insulti ischemia, lesioni che in relazione alla età del soggetto (44 anni) erano indicative di risalente cronica ipertensione non trattata, patologia su cui uno sforzo può dar luogo ad un'ischemia acuta. Veniva altresì rilevata una patologia valvolare con lieve prolasso mitralico e lieve ectasia della valvola aortica, lesioni probabilmente secondarie all'ipertrofia ventricolare, pure riscontrata, di notevole grado (27 mm).

L’azienda viene condannata per colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia, nonché nell'inosservanza delle norme concernenti la normativa in materia di sicurezza del lavoro, cagionava la morte del dipendente dovuta ad insufficienza cardiaca acuta determinata dallo sforzo dal predetto compiuto nel trasportare i contenitori di detriti.

 

Quale norma ha violato il datore di lavoro?

Nel determinare la condanna dell’azienda il Giudice ha richiamato l’articolo 168 del decreto legislativo n. 81 del 2008, che recita:

art. 168. Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie e ricorre ai mezzi appropriati, in particolare attrezzature meccaniche, per evitare la necessità di una movimentazione manuale dei carichi da parte dei lavoratori.

2. Qualora non sia possibile evitare la movimentazione manuale dei carichi ad opera dei lavoratori, il datore di lavoro adotta le misure organizzative necessarie, ricorre ai mezzi appropriati e fornisce ai lavoratori stessi i mezzi adeguati, allo scopo di ridurre il rischio che comporta la movimentazione manuale di detti carichi, tenendo conto dell'allegato XXXIII, ed in particolare:

a) organizza i posti di lavoro in modo che detta movimentazione assicuri condizioni di sicurezza e salute

b) valuta, se possibile anche in fase di progettazione, le condizioni di sicurezza e di salute connesse al lavoro in questione

c) evita o riduce i rischi, particolarmente di patologie dorso-lombari, adottando le misure adeguate, tenendo conto in particolare dei fattori individuali di rischio, delle caratteristiche dell'ambiente di lavoro e delle esigenze che tale attività comporta

d) sottopone i lavoratori alla sorveglianza sanitaria di cui all'articolo 41, sulla base della valutazione del rischio e dei fattori individuali.

 

 

Il datore di lavoro avrebbe dovuto verificare le condizioni di salute anche in caso di mutamento di mansioni, circostanza "che appare da sola sufficiente a porre in relazione l'attività lavorativa affidata, organizzata in violazione dei principi di prevenzione, con il decesso del dipendente , univocamente da riconnettersi allo sforzo fisico rilevante e prolungato cui lo stesso era stato sottoposto".
Va peraltro ricordato l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di infortuni sul lavoro, la circostanza che il lavoratore possa trovarsi, in via contingente, in condizioni psico-fisiche tali da non renderlo idoneo a svolgere i compiti assegnati è evenienza prevedibile, che come tale non elide il nesso causale tra la condotta antidoverosa del datore di lavoro e l'infortunio (Sez. 4, n. 38129 del 13/06/2013, Rv. 256417) e secondo cui le misure antinfortunistiche servono anche a salvaguardare i lavoratori distratti o poco attenti per familiarità con il pericolo o poco capaci o, comunque, esposti per un fatto eccezionale ed imprevedibile ad un rischio inerente al tipo di attività cui sono destinati, sicché anche una caduta accidentale, un malore o simili non escludono il nesso causale tra la condotta antidoverosa del datore di lavoro, per mancata predisposizione di misure di prevenzione, e l'evento."

 

 

Da: Sentenzeweb

ph credit: da Studiodea