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Infermieri. TFR al dipendente che tra la cessazione e l’assunzione non fa trascorrere le 24 ore di interruzione. Il parere dell' Avv. De Angelis

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La Redazione
Pubblicato il: 16/05/2019 vai ai commenti

Contratto NazionaleLeggi e sentenze

Con il CCNL comparto sanità firmato il 21 maggio 2019 per il passaggio da un ente all’altro a seguito di vincita di concorso non è più richiesto il periodo di prova.

  • Al dipendente che, licenziatosi, interrompe il rapporto di lavoro per almeno 24 ore tra la cessazione e l’assunzione nel nuovo ente viene liquidato il TFR.
  • Al dipendente che tra la cessazione e l’assunzione non fa trascorrere le 24 ore di interruzione non è riconosciuta la possibilità di effettuare tale richiesta.

In merito a quest’ultimo punto, abbiamo motivo di pensare che possa non essere così, e che anche al dipendente che non fa passare le 24 ore tra la cessazione del rapporto di lavoro e l’assunzione presso un altro ente spetti la liquidazione del TFR.

Vediamo quindi il parere in merito che apre la strada al ricorso in caso di rifiuto di liquidazione del TFR.

Parere dell'Avvocato Domenico De Angelis

Nel nostro ordinamento giuridico vige il principio in base al quale non è possibile procedere alla liquidazione del TFR o di un trattamento di fine servizio, comunque denominato, in presenza di vicende modificative del rapporto di lavoro che non comportino la sua estinzione.

L’ulteriore regolarità fondamentale in materia è rappresentata dall’infrazionabilità del TFR, essendo possibile richiedere ed ottenere l’eventuale anticipazione del TFR solo in alcuni casi contemplati dai vari Contratti Collettivi, come, ad esempio, per provvedere a cure mediche per gravi malattie o per l’acquisto della prima casa, venendo prevista in tali circostanze la possibilità di una liquidazione anticipata nella misura massima del 70%.

Ciò premesso, occorre verificare se nel pubblico impiego, nel caso di cessazione del rapporto di lavoro con un ente o una pubblica amministrazione e successiva assunzione da parte di altro datore di lavoro pubblico, è possibile o meno richiedere la liquidazione del TFR maturato al primo dei due.

Stando alla circolare INPDAP n. 11 del 12.03.2001, nonché a quella successiva n. 30 del 01.08.2002, al fine della genesi del diritto alla liquidazione del TFR, devono intercorrere almeno 24 ore di inoccupazione tra la cessazione del rapporto lavorativo con un’amministrazione pubblica e la successiva assunzione presso altro datore di lavoro pubblico.

La disposizione in questione sembra fondare sul principio che nella fattispecie occorre distinguere due rapporti (quello del lavoratore con i vari datori di lavoro pubblici da una parte e quello con l’Ente di previdenza, dall’altro, il quale ultimo, ove non vi fosse l’interruzione neppure di un giorno tra il precedente ed il successivo lavoro con una pubblica amministrazione, rimarrebbe comunque in essere senza soluzione di continuità).

A tal proposito la Suprema Corte investita del problema, nella sentenza n. 14632 del 28.12.1999 confermava la mancata insorgenza del diritto del lavoratore alla liquidazione del TFR nel caso di cessazione del rapporto di lavoro rispetto ad una pubblica amministrazione ed immediata assunzione, senza neppure il decorso di un giorno, presso altra pubblica amministrazione.

Successivamente però, la Corte di Cassazione, con la sentenza a Sezioni Unite n. 24280 del 14.11.2014, osservava che la legge 335/95 “ha “armonizzato” i molteplici trattamenti di fine servizio dei dipendenti pubblici contrattualizzati, assoggettandoli tutti alla disciplina privatistica dettata dall’art. 2120 c.c. (come riformato dalla legge 297 del 1982). Alla stregua di questa normativa, il TFR spetta “in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato” (art. 2120, I comma c.c.), quindi il collegamento, per espressa previsione normativa, è con la cessazione del rapporto di lavoro subordinato. All’interprete non è consentito modificare il contenuto della norma operando il collegamento con l’estinzione del rapporto previdenziale, qualora le estinzioni dei due rapporti non coincidano. Inoltre, il TFR viene costituito mediante l’accantonamento anno per anno di quella che l’art. 2120 c.c. definisce una quota della retribuzione determinata dividendo per 13,50 la retribuzione annua corrisposta, a titolo non occasionale, “in dipendenza del rapporto di lavoro. È pertanto chiaro il carattere “retributivo e sinallagmatico” del TFR, come la Sezione lavoro di questa Corte ha già messo n evidenza (da ultime, Cass. 14 maggio 2013, n. 11479 e tributaria in Cass. 26 maggio 2005, n. 11175). Il TFR quindi è costituito da retribuzioni accantonate, da percepire a fine rapporto o anche prima qualora sussistano i requisiti per l’anticipazione prevista dalla parte finale dell’art. 2120 c.c. Di conseguenza, viene meno il ponte concettuale che permetteva di sostenere la tesi della infrazionabilità del trattamento di fine servizio pur in presenza di un’estinzione del rapporto di lavoro, quando ciò non implicasse anche l’estinzione del rapporto previdenziale. In conclusione, deve affermarsi il seguente principio di diritto: “in caso di estinzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di un ente locale, cui è seguita la costituzione di un nuovo rapporto di lavoro alle dipendenze dello Stato per il quale matura il trattamento di fine rapporto ex art. 2120 c.c., il lavoratore ha diritto a percepire l’indennità di premio di servizio, relativa al rapporto di lavoro con l’ente locale, sin dal momento dell’estinzione di quel rapporto, senza che sia necessario attendere l’estinzione del nuovo rapporto di lavoro con lo Stato”.

Tanto dedotto ed argomentato, si deve dunque concludere per la proponibilità dell’azione avente ad oggetto la liquidazione del TFR a seguito della cessazione del rapporto di lavoro con una pubblica amministrazione e successiva immediata assunzione (con soluzione di continuità sempre che sia trascorso neppure un giorno di stacco tra i due rapporti) da parte di altri datori di lavoro pubblico.