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Operatori sanitari. Sì alla legge regionale della Puglia che obbliga alle vaccinazioni. La sentenza della Corte Costituzionale

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 07/06/2019 vai ai commenti

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Sì alla legge Regionale della Puglia sull’obbligo dei vaccini degli operatori sanitari. A stabilirlo la Sentenza n. 137 del 2109 della Corte Costituzionale.

A rivolgersi alla Corte e ad agire in giudizio contro la Legge pugliese era stato lo scorso agosto lo stesso Governo.

 

Legge Regionale Puglia 19 giugno 2018, n.27

Art 1 Obbligo vaccinale

Comma 1. La Regione Puglia, al fine di prevenire e controllare la trasmissione delle infezioni occupazionali e degli agenti infettivi ai pazienti, ai loro familiari, agli altri operatori e alla collettività, individua con la deliberazione di cui all’articolo 4, i reparti dove consentire l’accesso ai soli operatori che si siano attenuti alle indicazioni del Piano nazionale di prevenzione vaccinale vigente per i soggetti a rischio per esposizione professionale.

Comma 2. In particolari condizioni epidemiologiche o ambientali, le direzioni sanitarie ospedaliere o territoriali, sentito il medico competente, valutano l’opportunità di prescrivere vaccinazioni normalmente non raccomandate per la generalità degli operatori.

 

Art. 2 Esenzioni

Comma 1.

La disposizione di cui all’articolo 1 non si applica nei casi di accertato pericolo concreto per la salute dell’operatore sanitario in relazione a specificità cliniche. L’attestato di esonero dall’obbligo di vaccinazione, per accertati motivi di ordine medico, è rilasciato dal medico convenzionato con il Servizio sanitario regionale.

 

Art. 3 Procedimento

Gli operatori sanitari, presentano al direttore sanitario della struttura in cui prestano servizio una dichiarazione comprovante la propria situazione vaccinale.

 

Art. 5

Il mancato adempimento alle prescrizioni di cui all’articolo 1, comma 1 e all’articolo 3, comporta a carico del responsabile l’irrogazione di una sanzione amministrativa da euro 500,00 a euro 5 mila, per ciascuna violazione, irrogata dall’autorità sanitaria locale.

 

 

Le motivazioni della Corte Costituzionale

L’intervento del legislatore regionale non ha per oggetto la regolazione degli obblighi vaccinali – che chiamerebbe in causa la competenza statale in tema di determinazione dei principi fondamentali della materia di tutela della salute (sentenza n. 5 del 2018) – ma l’accesso ai reparti degli istituti di cura. La sua finalità è prevenire le epidemie in ambito nosocomiale, rimanendo così all’interno delle competenze regionali.

Questo per quanto riguarda il comma 1, mentre ad essere bocciato è il comma 2, che prevede l’opportunità di prescrivere vaccinazioni normalmente non raccomandate per la generalità degli operatori.

In questo caso, per la Corte “l’intervento regionale invade un ambito riservato al legislatore statale, sia in quanto inerente ai principi fondamentali concernenti il diritto alla salute, come disposto dall’art. 117, terzo comma, Cost., che riserva allo Stato «il compito di qualificare come obbligatorio un determinato trattamento sanitario, sulla base dei dati e delle conoscenze medico-scientifiche disponibili», sia perché attinente alla riserva di legge statale in materia di trattamenti sanitari di cui all’art. 32 Cost., riserva che, a sua volta, è connessa al principio di eguaglianza previsto dall’art. 3 Cost.

 

da Quotidiano Sanità