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Infermieri negli ospedali perdiatrici. Pochi ed a rischio Burnout. I Risultati dello studio RN4CAST Italia Pediatria

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 19/06/2019 vai ai commenti

NursingRN4CASTStudi e analisi

Per ogni piccolo paziente in più a carico di un solo infermiere, la mortalità a 30 giorni dalla dimissione aumenta del 7%.

E’ quanto emerso dallo studio RN4Cast@it- Ped, coordinato dalla Professoressa Sasso, già responsabile del RN4Cast Italia.

Lo studio è stato presentato oggi in Senato e, quella che segue è la fotografia nitida dell’assistenza infermieristica negli ospedali pediatrici.

Lo studio

La ricerca è stata realizzata da 12 aziende ospedaliere pediatriche aderenti all’Aopi, l’Associazione degli Ospedali pediatrici Italiani che aderisce alla Fiaso, la Federazione delle aziende sanitarie pubbliche, per mezzo di un questionario che ha coinvolto infermieri e caregiver.

 

Risultati

Carenza di personale infermieristico. Se i dati in letteratura stabiliscono che il rapporto infermieri/paziente pediatrico debba essere di 1 a 4, la media negli ospedali pediatrici italiani è di 1 a 6,6 pazienti.

Ogni infermiere segue almeno due pazienti in più di quello che gli standard di sicurezza consiglierebbero.
E le cose variano da un’area all’altra di assistenza.

Il rapporto dovrebbe essere di:

  • 1 infermiere a 3 chirurgica e medica
  • 1 infermiere a 0,5 per le cosiddette “aree critiche”, come terapie intensive e rianimazioni.

Numeri lontani dalla realtà rilevata dall’indagine, che ha calcolato un rapporto di 5,93 per la chirurgia, 5,7 per quella medica e 3,55 per l’area critica.
Con questi livelli di staffing, ossia il rapporto numero pazienti e infermieri, non è poi facile ottemperare a tutte le attività. E così su 13 funzioni assistenziali giudicate necessarie sono state 5 in media quelle che ciascun professionista ha dichiarato di aver dovuto tralasciare per mancanza di tempo nell’ultimo turno.

Attività di non competenza infermieristica. I pochi infermieri sono impegnati in attività che infermieristiche non sono come:

  • eseguire richieste di reperimento materiali e dispositivi, capitato almeno una volta durante l’ultimo turno nel 54% dei casi in area chirurgica, 55% in area medica e 39% in quella critica
  • compilare moduli per servizi non infermieristici (rispettivamente nell’80, 72 e 66% dei casi), svolgere attività burocratiche (81, 79 e 65% dei casi)
  • rispondere al telefono per attività che nulla a hanno a che vedere con l’assistenza in ben oltre il 90% dei casi in tutte le tre.

 

Burnout.  Dover seguire molti pazienti può anche essere stressante. Nei 12 ospedali pediatrici il 32% degli infermieri è finito nell’area del “burnout”.

Soddisfazione lavorativa e punti di forza. Si ritiene soddisfatto del proprio lavoro il 73,5% degli infermieri dell’area chirurgica e rispettivamente il 74 e il 77,1% di quelle medica e critica.

Le cose cambiano un po’ per i professionisti con più anzianità alle spalle (tra i 21 e i 30 anni di servizio), dove nell’area chirurgica a pensare di lasciare è il 42% contro medie del 31,8 e del 30,4% per l’area medica e quella critica.
Punti di forza. Un ambiente lavorativo che l’indagine definisce “favorevole”, dopo l’attento esame di cinque fattori lavorativi:

1) appropriatezza dello staffing e delle risorse,

2) rapporto medico-infermiere,

3) capacità di leadership del coordinatore infermieristico,

4) presupposti per la qualità dell’assistenza infermieristica,

5) coinvolgimento degli infermieri nell’organizzazione aziendale.

 

Risposte dei caregiver

La qualità delle cure infermieristiche fornite ai pazienti, giudicata “positiva” dall’81,7% dei professionisti impegnati nell’area medica e rispettivamente dall’83,5 e l’85,4% di quelli delle aree chirurgica e critica.
Percentuali molto alte di giudizi positivi anche rispetto alla sicurezza delle cure, promossa dall’87% nell’area chirurgica, l’88 e il 90,4% di quelle medica e critica.
 
La comunicazione con caregiver e bambini. Estremamente positive anche le esperienze comunicative dei caregiver con gli infermieri e il personale medico.
 
Riguardo agli infermieri:
- il 62,8% dei caregiver ha affermato che gli infermieri hanno sempre prestato ascolto con attenzione;
- il 59,7% che gli infermieri hanno sempre spiegato le cose in modo comprensibile;
- il 73,8% che gli infermieri hanno sempre mostrato cortesia e rispetto.
 
Riguardo ai medici:
- il 64,5% ha affermato che i medici hanno sempre prestato ascolto con attenzione;
- il 65% che hanno sempre spiegato le cose in modo comprensibile;
- l’81,1% che hanno sempre mostrato cortesia e rispetto.
 
Riguardo, infine, alla comunicazione al bambino:
- il 63,9% dei caregiver ha affermato che gli operatori sanitari hanno sempre fornito informazioni su cosa fosse necessario fare per il bambino;
- il 58,71% (N=792) ha affermato che gli operatori sanitari hanno sempre fornito informazioni sui risultati degli esami diagnostici.
 
Particolarmente apprezzata la preparazione al ritorno a casa. 
- il 53,2% ha affermato che gli operatori sanitari si sono informati se il caregiver avesse dubbi o preoccupazioni su quanto fosse pronto il bambino alla dimissione;
- l’85,8% che gli operatori sanitari hanno dedicato il tempo da lui desiderato per parlare delle cure necessarie dopo la dimissione;
- il 75,6% che gli operatori sanitari hanno spiegato in maniera comprensibile quando il bambino sarebbe potuto tornare alle sue normali attività;
- il 79,6% che gli operatori sanitari hanno spiegato in maniera comprensibile problemi o sintomi a cui prestare attenzione dopo la dimissione;
- il 70,5% ha affermato di aver ricevuto informazioni scritte riguardo problemi o sintomi a cui prestare attenzione dopo la dimissione.

 

Da Quotidiano Sanità

ph credit: dal web