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Errori a catena nel passaggio di consegne. Infermiera e medico condannati dalla Cassazione

Maria Luisa Astadi
Maria Luisa Asta
Pubblicato il: 22/11/2019 vai ai commenti

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Gli errori, tra cui quelli in terapia, nei momenti di Transizione di cura (ovvero nei trasferimenti del paziente da una struttura all’altra o da un reparto all’altro della stessa struttura), possono causare danni al paziente, che vanno dal prolungamento del ricovero alla morte.

La responsabilità dell’intero processo è di tutti gli attori di cura ed assistenza coinvolti, medici ed infermieri.

Questo è il principio alla base della Sentenza della Cassazione n.42000, depositata il 14 ottobre, che ha giudicato il caso di una incredibile catena di errori determinatasi nel corso dello spostamento del paziente da un reparto all'altro.

I sanitari coinvolti furono condannati in primo grado e poi assolti in Appello. Assoluzione ribaltata per due di loro dalla Cassazione.
Il caso mostra le conseguenze degli errori di compilazione della cartella clinica e dalla mancata lettura della stessa.

La vicenda

La paziente di 81 anni era in ospedale in quanto sottoposta ad un intervento di revisione artroprotesi dell'anca. Improvvisamente si sentì male ed accusò un forte dolore al petto.
Il cardiologo, dopo avere escluso problemi cardiaci, diagnosticò una condizione febbrile di origine batterica e le fece somministrare due compresse di Augmentin, farmaco al quale era allergica.
La paziente cadeva in uno stato confusionale
dal quale si riprese grazie all'immediato intervento dei medici.
La Cassazione ha ritenuto corretta l'assoluzione della cardiologa, in quanto l'errore era da imputarsi ad un precedente errore di trascrizione della cartella clinica da parte del triage. L'allergia infatti, era stata registrata nello spazio riservato alla temperatura non nello spazio delle "osservazioni alla terapia" (quasi si trattasse di "un dato acquisito tardivamente", secondo il consulente della difesa richiamato dalla sentenza di appello), e non era riportata nel foglio unico di terapia, tanto più necessario in un caso, come quello di specie, in cui la paziente era stata trasferita ad altro reparto).
Dopo averla sottoposta a test per verificarne l'allergia, le venne somministrata la terapia antibiotica composta da due farmaci (Merrem e Tavanic) .
Qualche giorno dopo, la paziente venne trasferita in altro ospedale per la riabilitazione dove fu cambiata la terapia Antibiotica. Uno dei farmaci fu sostituito con il "Targosid" che, in combinazione con la Colistina assunta dalla paziente e registrata nel foglio di terapia, provocò uno shock anafilattico con collasso cardiocircolatorio.
La possibilità di questo effetto collaterale era ben descritto nel foglio illustrativo di entrambi i farmaci.
Il medico si difese affermando che il rischio, derivante dall'assunzione della Colistina associata al Targosid, indicato nei foglietti illustrativi, aveva una scarsa rilevanza scientifica (in quanto predisposti dalle aziende farmaceutiche a scopo principalmente cautelativo) e che, comunque, in esse non si fa riferimento a reazioni allergiche ma solo a "potenziali effetti collaterali".
Come se quanto sopra non bastasse, a seguito dell'effetto collaterale fu trasportata presso il reparto di rianimazione-terapia intensiva, la paziente presentava segni di risveglio e di ripresa ma l'infermiera, intervenuta per la cura dell'igiene personale della paziente, nell'intento di togliere il tubicino del catetere finito sotto la gamba destra, le alzava di scatto la gamba. A seguito della manovra la paziente avvertiva un "crac" all'interno dell'anca appena operata e un fortissimo dolore, cosicché si procedente ad un intervento di riduzione, con applicazione di un tutore all'anca e prescrizione di rimanere immobile per altri 30/45 giorni.

 

da il Sole24 ore